Valutazioni di sintesi del TAV tra l’Italia e la Francia

 – di FRANCO CAVALLARI –

La questione dell’Alta velocità che dovrebbe collegare il nostro Paese con la Francia per mezzo di un nuovo traforo transalpino costituisce uno spinoso problema per la politica italiana ed un fattore cruciale di dissenso all’interno della maggioranza di Governo. Il M5S, solitario in questa posizione, da sempre contrario al nuovo traforo per la linea ferroviaria Torino-Lione, ha fatto dell’opposizione a questa opera una questione di principio, una specie di bandiera posta a presidio della propria identità. Sul fronte opposto, la Lega, sulla stessa linea della stragrande maggioranza dei partiti italiani, è favorevole al nuovo traforo e insiste nel voler portare a compimento un’opera pubblica ritenuta indispensabile per il collegamento del Paese con l’Europa di nord ovest.

Questa infrastruttura al servizio della ferrovia per il TAV (più propriamente TAC -Treno ad Alta Capacità-), ha caratteristiche tecniche molto diverse rispetto al tunnel scavato nel 1871 da Cavour per collegare il Piemonte sabaudo alla Savoia francese. Ormai obsoleta e completamente fuori dagli standard operativi moderni, la ferrovia esistente, non solo manca dei requisiti di sicurezza richiesti attualmente per opere di questo tipo, ma presenta alcune carenze di fondo che la rendono inadatta alle esigenze moderne del trasporto merci: l’ampiezza ridotta della campata del tunnel, non consente di caricare e trasportare TIR di grosse dimensioni; la mancanza di un tunnel di servizio rappresenta una criticità fondamentale per la manutenzione e la sicurezza; la forte pendenza del tragitto, che partendo dalle quote altimetriche della Pianura Padana deve affrontare grandi dislivelli, rende molto difficoltosi i trasporti ferroviari di convogli merci molto pesanti; essendo stato realizzato con tecnologie edilizie di due secoli fa, il vecchio tunnel ha bisogno di onerosi riadattamenti e di frequenti interventi di manutenzione straordinaria.

La principale obiezione che i NO TAV sollevano nei confronti del progetto riguarda il continuo calo del traffico sullo storico valico ferroviario del Frejus. E’ vero, a parte il traffico passeggeri, il traffico merci sulla vecchia linea ferroviaria è passato da 5mila ton/anno del 1970 a 10mila ton./anno nel 1996, ma nel periodo successivo è diminuito drasticamente, fino a toccare i 4mila ton,/anno nel 2010; da allora il traffico su questa linea si è mantenuto più o meno costante intorno a detto livello. La diminuzione descritta non dipende da un calo degli scambi commerciali tra l’Italia e la Francia, che, al contrario, negli ultimi anni è cresciuto più dell’8% annuo, avvicinando nel 2018 gli 80 Mrd di euro, vale a dire circa il 42% del totale degli scambi italiani con gli altri 18 Paesi dell’Unione Monetaria. La causa dell’andamento discendente del traffico sulla ferrovia storica è inequivocabilmente ascrivibile alla scarsa economicità del trasporto su quella linea, che risulta inadeguata al trasporto dei grossi carichi e dei grandi TIR moderni. In realtà, parallelamente alla diminuzione del traffico ferroviario sulla tratta servita dal tunnel cavouriano, le statistiche segnalano un corrispondente aumento del traffico merci su gomma tra i due Paesi attraverso i trafori automobilistici del Frejus e del Monte Bianco, mentre una parte degli scambi commerciali con la Francia di nord est, la zona più industrializzata di quel Paese, ha preso anche la via molto meno economica di Ventimiglia.

Il nuovo traforo, sul quale anche la Francia sta investendo notevoli risorse, sarà al servizio di una moderna e più diretta linea ferroviaria di circa 270 Km tra Torino e Lione, il cui tracciato utilizza numerose gallerie (circa l’89%), evitando i grandi dislivelli altimetrici che costituiscono uno dei principali impedimenti al traffico dei grandi carichi. La più importante e più costosa galleria, quella che ha suscitato le obiezioni più forti dei NO TAV, è il nuovo traforo transalpino di 57,5 Km, situato a cavallo del confine tra i due Paesi, che collega Susa a St. Jean de Maurienne, tagliando fuori il vecchio traforo ferroviario del Frejus (13,630 Km) e il grande “gomito” ferroviario comprendente Oulx, Bardonecchia e Modane.

I motivi che nel corso della sua trentennale fase progettuale hanno supportato la decisione dei due Paesi di realizzare questa opera sono numerosi e restano tutti pienamente validi. Tra questi, particolare rilevanza ha la circostanza che la laboriosa gestazione ed i non pochi aggiustamenti del progetto hanno trovato solenne conferma in un trattato internazionale approvato nel 2012 dai Parlamenti italiano e francese. Ciò significa che per un trentennio due tra i maggiori Paesi dell’Unione Europea hanno continuativamente ribadito al massimo livello delle loro istituzioni pubbliche la loro convinzione circa l’utilità di un’opera per la quale, anche l’intera Unione Europea ha manifestato concretamente il proprio interesse decidendo di investirvi cospicue risorse.

Dal trattato internazionale stipulato nel 2012 consegue che un eventuale ritiro unilaterale da parte dell’Italia potrebbe solo avvenire attraverso un lungo e non agevole arbitrato internazionale, che comporterebbe per il nostro Paese, non solo la totale perdita di credibilità internazionale, ma anche l’onere di risarcire la controparte delle spese già effettuate; dal 2012 ad oggi, dette spese sono andate molto avanti sia per quanto riguarda gli scavi, sia per l’adattamento alle nuove esigenze della tratta di competenza francese (circa 130 Km escluso il traforo principale).

L’argomento fondamentale tra quelli sostenuti dai NO TAV, vale a dire la diminuzione del traffico merci (e passeggeri) sulla linea storica, costituisce, paradossalmente, il motivo di merito più pregnante a sostegno della costruzione della nuova linea ferroviaria. In effetti, come accennato, il calo del traffico sulla linea storica è stato sostituito dal traffico su gomma attraverso altri valichi transfrontalieri. Questa sostituzione di traffico durata più di 20 anni costituisce la riprova che il vecchio tunnel è strutturalmente inadatto a soddisfare le esigenze del moderno traffico di grandi carichi (containers e grandi TIR), sia a causa della pendenza eccessiva della linea, sia in ragione della ridotta campata della galleria, sia ancora per l’arretratezza e la vetustà della costruzione.

La pretesa del M5S di sottoporre l’opera ad un’ennesima valutazione del tipo costi/benefici, peraltro già effettuata anche in tempi recenti da esperti incaricati dal precedente ministro “pro tempore”, si è rivelata per quello che è: un espediente per guadagnare tempo, forse nella speranza di convincere altre forze politiche dell’inutilità del nuovo tunnel. Con riferimento al tempo impiegato dagli esperti per effettuare questa analisi, non si può omettere di rilevare che più di tre mesi di attesa sono troppi per ottenere dal un’equipe di esperti una valutazione per la quale un team di professionisti non impiega più di un paio di settimane. Da tener presente che il coordinatore ed alcuni componenti del gruppo di lavoro conoscevano già gran parte degli elementi di questo progetto, avendo già affrontato il problema per altri committenti, peraltro con risultati esattamente contrari al responso negativo fornito al Ministro Toninelli.

I risultati dell’analisi costi/benefici, non sono così neutri come si vorrebbe far credere. La determinazione dei costi futuri e ancor più dei benefici futuri, che sono alla base del calcolo, è inevitabilmente inficiata da elevati tassi di aleatorietà e di arbitrarietà, essendo estremamente difficoltoso elaborare previsioni attendibili nel lungo/lunghissimo periodo. Per quanto riguarda l’arbitrarietà, ad esempio, tra i costi indiretti dell’opera è stato inserito il mancato gettito per l’Erario delle accise provenienti dai carburanti dei TIR che, dopo la costruzione del nuovo tunnel, sarebbero caricati sui convogli ferroviari. Si tratta di un elemento di costo indiretto sulla cui validità alcune metodologie dell’analisi costi/benefici sollevano molti dubbi.

Per contro, tra i benefici indiretti non sono stati inseriti i miglioramenti ambientali derivanti dall’assenza di immissione di gas di scarico nell’atmosfera da parte dei grandi TIR, che ha un valore ambientale multiplo rispetto ai mancati incassi dell’Erario. In ogni caso, negare l’utilità presente e futura del nuovo traforo transalpino, significa disconoscere l’utilità di tutti gli altri trafori ferroviari transalpini, per mezzo dei quali si effettua a basso costo ambientale il trasporto delle merci oggetto dei nostri scambi commerciali con i vasti mercati del nord Europa. Senza contare che questo progetto darà lavoro a più di 50mila lavoratori in un settore tecnologicamente abbastanza avanzato a compimento di un’opera immediatamente cantierabile, essendo già in fase di realizzazione; mentre gran parte delle altre opere pubbliche smobilizzabili dal Decreto “sbloccacantieri” non sono ancora nella fase di immediata cantierabilità.

L’Economia è disciplina complessa e non si limita all’analisi della Contabilità Nazionale e dei teoremi riferiti al contingente, ma spazia anche nel campo della filosofia e della storia, abbracciando le tendenze secolari dell’evoluzione umana. In questa prospettiva, l’utilità delle grandi opere va analizzata con lo sguardo proiettato oltre il lungo periodo, fino a considerare i benefici secolari di cui potranno godere le generazioni future. Se i Romani avessero considerato solo i costi e i benefici della costruzione di Ponte Milvio limitati a un paio di generazioni, forse avrebbero avuto riscontri sull’utilità dell’opera probabilmente negativi, probabilmente analoghi ai risultati preconcetti riportati da Travaglio nel suo libro “NO TAV”. Ma Ponte Milvio è stato costruito ed è ancora lì, dopo aver fornito la sua utilità, in forme diverse, a numerosissime generazioni di abitanti di Roma.

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