– di GIULIA CLARIZIA-
Il 14 maggio 1931 il direttore d’orchestra Arturo Toscanini venne schiaffeggiato e assalito dalle camicie nere, dopo aver rifiutato di suonare inni fascisti in occasione di un concerto ufficiale presso il teatro Comunale di Bologna.
Arturo Toscanini era un uomo di fama. Considerato uno dei più grandi direttori d’orchestra del ‘900, egli diresse in teatri come La Scala di Milano e il Metropolitan di New York. Egli, però, non era solo un musicista. Era anche un uomo politicamente attivo e immerso nello spirito dei suoi tempi. In occasione della Prima guerra mondiale, Toscanini si schierò con gli interventisti democratici, e diresse un concerto a Fiume dopo l’occupazione guidata dal poeta Gabriele d’Annunzio.
Non fu un oppositore di Mussolini della primissima ora. Inizialmente, infatti, aderì al programma dei Fasci di Combattimento. Con loro si candidò alle elezioni del 1919, senza essere eletto. Tuttavia, mentre le posizioni dei fasci si spostavano a destra, Toscanini prendeva sempre più le distanze da quel partito in cui, già prima della marcia su Roma, non si identificava più.
Iniziò allora una storia di opposizione a quello che sarebbe presto diventato un regime. Opposizione condotta da una posizione di spicco, in un contesto culturale ufficiale e sempre più omologato.
È in questo clima che si verificò l’episodio del 1931. Già in passato Toscanini aveva utilizzato la sua posizione di direttore d’orchestra per fare opposizione politica, minacciando ad esempio di non dirigere la prima della Turandot di Puccini, se fosse stato presente Mussolini. Quel 14 maggio Toscanini doveva dirigere un concerto di commemorazione al musicista e compositore Giuseppe Martucci. A causa della presenza di alcuni gerarchi fascisti tra il pubblico, al direttore d’orchestra fu chiesto di aprire il concerto con gli inni del regime Giovinezza e Marcia Reale. Egli rifiutò, non accettando compromessi. I gerarchi che avrebbero dovuto partecipare all’evento, non si sarebbero presentati. Il concerto avrebbe perso dunque il suo carattere ufficiale, e Toscanini non avrebbe quindi dovuto eseguire gli inni che erano stati cuore della sua protesta. Il problema sembrava risolto. Eppure, quando Toscanini arrivò in macchina a teatro, trovò un gruppo di picchiatori ad attenderlo. Lasciò Bologna, scrisse a Mussolini in persona di essere stato aggredito da “una masnada inqualificabile” e decise di lasciare l’Italia. Fu l’inizio del suo esilio antifascista, che lo vide vivere principalmente a New York, dove era attiva l’associazione antifascista Mazzini Society, fondata qualche anno prima dallo storico Gaetano Salvemini. Ritornò in Italia solo nel 1946, a guerra finita, per dirigere il concerto che segnava la riapertura del Teatro La Scala.
Nel 1949 il presidente della Repubblica Luigi Einaudi lo nominò senatore a vita per i suoi meriti artistici. Toscanini, però, rifiutò.
Morì a New York nel 1957, ma la sua salma venne portata a Milano, dove una grande folla accorse per il corteo funebre.