Europa inerme fenice

-di PIERLUIGI PIETRICOLA-

Un libro bellissimo, ormai dimenticato da tempo ma che bisognerebbe leggere per la poesia e l’erudizione che vi dominano pagina dopo pagina: Le rovine di Parigi di Giovanni Macchia, descrive la Francia e la sua capitale come luoghi ove non è la perfetta geometria a dominare, il disegno impeccabile. Bensì “un mito tragico di catastrofe, di trionfo delle tenebre dopo l’illusione della luce, o di annientante ‘ammodernamento’”. All’inizio del nuovo millennio, e dopo il tragico incendio della cattedrale di Notre Dame, chiediamoci: quale sentimento di Parigi domina fra i suoi cittadini e, più estesamente, sull’Europa tutta?

È trascorso circa un mese da quelle immagini che mostravano una cattedrale inerme di fronte alle fiamme che la divoravano. In seguito ne sono state dette di ogni tipo. Rammento la frase di una persona che si spaccia per critico d’arte, secondo la quale quanto accaduto non è poi così grave, visto che oggi tutto può essere ricostruito. Come a voler dire che la storia non ha valore in sé e per sé e nella sua unicità.

Volendo adottare una prospettiva relativistica e sciocca al contempo, esistono monumenti la cui perdita potrebbe risultare assai più grave. Ma non è questo il punto. Ogni volta che un simbolo – non solo opera d’arte – viene deturpato o rischia di divenire preda di distruzione, la perdita è sempre immane. Che venga poi ricostruito ha poca importanza. Perché quanto era sotto i nostri occhi fino a qualche tempo fa, a catastrofe avvenuta ha cessato per sempre di esistere.

La stupenda basilica di San Benedetto a Norcia, oggi cumulo di macerie, dopo la ricostruzione non sarà più ciò che era prima del terremoto di tre anni fa. Così come la sua ricostruzione, a seguito del precedente sisma nel ‘97, non ne restituiva la primeva originalità. Stesso discorso vale per Notre Dame. Opere perdute per sempre. Il cui ricordo permarrà, forse, in vecchie riproduzioni oltre che nei futuri rifacimenti.

Tuttavia, in tale contesto è venuto meno qualcosa di più. Sentire persone reagire di fronte all’incendio della cattedrale di Parigi con indifferenza o malcelato dispetto, benché compiaciuto, è indice di qualcosa ben peggiore. Comportamenti simili denotano un’estesa perdita di un comune sentire culturale che dovrebbe essere presente in tutta l’Europa. Invece così non è.

I numeri, le politiche di eccessivo rigore, gli esasperati nazionalismi hanno eroso sempre più la consapevolezza di essere tutti – francesi, italiani spagnoli e via dicendo – detentori di valori culturali europei. A prescindere dalla nazione in cui si è nati e comunque la si pensi in termini di politica comunitaria.

Appiattire il lascito di storia, arte e pensiero su di un orizzonte dove solo norme, regolamenti e procedure esistono, facendo erroneamente coincidere l’uno con l’altro, non è solo avvilente. È semplicemente vergognoso. Si può concordare sul fatto che questa Unione vada cambiata, declinandola in modo differente. È fuori discussione. Ma occorre proporre una nuova idea di Europa. Non distruggerla del tutto.

Per fare questo, sarebbe necessario far conoscere cos’è – o cos’era? – l’Europa delle culture. Quali i suoi valori fondanti. Spiegare l’importanza di tutto questo. Magari ignorando coloro che mostrano verso tale eredità un’ignoranza a dir poco cialtronesca.

Altrimenti il risultato sarà quello di restare indifferenti tanto all’incendio di Notre Dame quanto al crollo della basilica nursina. Entrambi simboli, non solo opere d’arte, di un sentire che ci accomuna e che dovrebbe renderci europei. Opere, tutte e due, che debbono – sottolineo: debbono – godere della stessa attenzione cui generosi finanziatori hanno degnato il celeberrimo monumento francese  mettendo a disposizione laute somme per sostenerne la ricostruzione.

La situazione che viviamo oggi è figlia di quale sentimento sull’Europa? Esso è certamente percezione di catastrofe, di tenebre che hanno preso il sopravvento sulla luce. Ma, a differenza della Parigi e dell’Europa di inizi Novecento, non vi sono poeti in grado di far rivivere o rinascere un mito. Non vi sono artisti grazie ai quali sarà possibile guardare l’Europa con occhi diversi. Più profondi e meno incancreniti nei numeri e nei bilanci.

E quel sentimento di un’ineluttabile fine, non sarà più vissuto come una nuova possibilità di inizio. Bensì come il fondo di un baratro da cui sarà impossibile rialzarsi con fiera dignità.  

pierlu83

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