Che sarà di noi?

– di LONG JOHNN –

MA A OTTOBRE CI ARRIVIAMO? Fare previsioni giuste su cosa succederà al Paese nei prossimi mesi, da dopo Pasqua alla fine del 2019, è qualcosa di complicato, almeno per un comune mortale come me. Ciò non toglie che essere ottimisti è difficile. I fondamentali economici segnano tutti dati poco confortanti e il debito pubblico continua a crescere. Aspetto con impazienza il giorno dopo le elezioni europee perché, almeno per qualche tempo, dovrebbe finire questa estenuante guerra elettorale. Il governo in carica assume in sé la maggioranza e l’opposizione. L’alfa e l’omega, tutto dentro il contratto di governo. Per questo motivo si fanno la guerra nella stessa maggioranza, per prendere, ognuno, più voti. Governo!?!? Governare è un verbo impegnativo. Nelle scienze nautiche governare una barca significa saper come non farla rovesciare e indirizzarla, costantemente, sulla rotta della destinazione da raggiungere, correggendo gli scostamenti dovuti al vento e alle correnti. Saper cosa fare, insomma. Sembra banale ma non lo è, affatto. A chi sostiene che un contratto post elezioni sia stata la panacea oppongo tutto il mio scetticismo, oltre allo spettacolo a cui si assiste ormai quotidianamente. Non polemizzo, sarebbe un esercizio sterile, utile solo a scatenare le tifoserie. Governare per tifoserie è un danno pesante per qualunque esperienza, sia per un partito, che per un’associazione, figuriamoci per un Paese indebitato fino al collo. Tornando al quesito iniziale, ragioniamo su cosa possa succedere dopo il voto. I sondaggi danno Salvini al 37% (non la Lega ma Salvini, vi prego di non confondere). Il M5S, invece, dovrebbe perdere molti punti percentuali rispetto al risultato delle ultime elezioni politiche (sempre secondo i sondaggi, che spesso somigliano, dopo la conta dei voti, a certe previsioni meteorologiche, che ti fanno uscire con l’ombrello che poi usi per farti ombra). Restando solo ai voti previsti per l’attuale maggioranza, il ribaltamento delle dimensioni, se avverrà veramente, può portare due cose: la “recita” finisce e “fanno la pace”, continuando il patto di potere attuale, oppure no. Se dovesse avverarsi la seconda ipotesi ci sarà il redde rationem. E poi? Nuova maggioranza di centrodestra o scioglimento delle Camere e voto a ottobre? Al patto M5S col PD non credo. La mia impazienza di vedere come va a finire tra queste due forze centrifughe aumenta esponenzialmente, giorno per giorno. Ho vissuto momenti nei quali ho dovuto fare scelte sulle persone (purtroppo non ne ho indovinate tante, anzi) e ricordo quando di due non se ne faceva uno buono. Mi sembra la stessa cosa qui. Chi è più adatto sull’economia, ma pericoloso per altri aspetti, e chi garantisce di più sulla tenuta della democrazia, ma mette in atto azioni economicamente devastanti. Ora, la domanda che mi frulla per la testa da giorni non è se a ottobre si torni o no a votare, laddove Salvini dovesse voler andare all’incasso. No, quello che mi chiedo è se ci arriviamo a ottobre oppure torneremo, già in agosto, come nell’estate del 2011. La speculazione ci stava mangiando vivi e poi fu chiamato Monti. Nessun commento, vi prego! Le tifoserie sui social si illudono se credono che uno scenario simile possa essere evitato con le chiacchiere e con gli insulti a questo o a quello. Ci sarebbe tanto da fare e in fretta, evito di dare ricette, ognuno ha le sue. Le mie non coincidono con quelle di chi è stato eletto, che dimentica che se sbaglia non paga da solo. Mi limito a dire che le coordinate dovrebbero essere ossessivamente: economia e lavoro. O, meglio, economia per creare lavoro. Perché decrescenti ormai lo siamo, felici dubito.  La signora Iva intanto arriva.

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