-di PIERLUIGI PIETRICOLA-
I Centouno. Al secolo: Luca Latino, Flavio Moscatelli ed Ezio Passacantilli. Tre giovani attori, comici brillanti di cui presto il pubblico sentirà parlare. Li ho conosciuti grazie ad una fortunata combinazione.
Un carissimo amico, Ernesto Fioretti (ispiratore e fra gli autori del film di Giovanni Veronesi L’ultima ruota del carro), un giorno me ne ha parlato dicendomi di andare a vedere un trio composto da giovani attori che avrebbe debuttato al teatro Tirso De Molina di Roma con un nuovo spettacolo: Pesci ad Aprile. Protagonisti: I Centouno. Se, come recita un motto orientale, grazie a una coincidenza si delinea il disegno di un destino, che altro avrei potuto fare se non andare a vedere questo spettacolo? E così ho fatto.
Commedia fresca, briosa, mai volgare, e soprattutto esilarante Pesci ad Aprile. Luca, Flavio ed Ezio hanno dimostrato ottime doti di presenza scenica, gestione dei tempi comici e di scrittura drammaturgica. Con questi elementi, il Tirso De Molina ha registrato un’ottima affluenza ad ogni replica, con un pubblico desideroso di divertirsi ed applaudire I Centouno per il loro lavoro.
Ma chi sono Luca Latino, Flavio Moscatelli, Ezio Passacantilli? Come hanno mosso i primi passi nel mondo del teatro? Quali le prospettive, le speranze, i desideri che nutrono verso il loro lavoro?
Curioso e desideroso di ascoltare le loro storie, ci siamo incontrati in un bar accogliente e silenzioso nei pressi del Pantheon.
Ne è nata questa deliziosa e gustosa intervista.
Se siete d’accordo, comincerei dall’inizio. Come nascono artisticamente Luca, Ezio e Flavio?
Flavio: Loro nascono nel momento in cui incontrano me. Prima erano poco e niente. Gli ho dato una struttura artistica. Un senso.
Ezio: Che spiritoso!
Flavio: Dai: basta scherzare. Avevo diciotto anni quando mia madre mi obbligò a partecipare a un laboratorio teatrale. Prima di allora, non ci avevo mai pensato. Sì, mi dicevano: “Sei estroverso. Dovresti fare teatro”. Giudizi che non prendevo sul serio. Poi un giorno andai con mamma a Villa Sciarra a vedere uno spettacolo di Marco Falaguasta – cognato di Luca, ma all’epoca non lo sapevo, sennò… Mi ricordo che in quell’occasione vennero pubblicizzati dei laboratori teatrali che si svolgevano a Testaccio. Il contesto era amatoriale, ovviamente. Mia madre mi iscrisse e venne anche il giorno di presentazione delle attività per sincerarsi che io fossi lì presente. Il secondo anno si lavorò per mettere in scena una commedia e si creò una compagnia. A vent’anni già lavoravo, praticamente. Poi ho incontrato Luca, che già era attivo al teatro Testaccio come Sganapino. Mi ha ammaliato con una serie di promesse mai mantenute. Diciamolo. E così, a mia volta, sono diventato Sganapino pure io. Poi mi fu presentato Ezio. Ed eccoci qua.
Luca: Questa è la versione brutale. Adesso raccontiamo quella ufficiale. Anche io ho cominciato prestissimo a recitare. Per l’appunto, mia sorella ha sposato Marco Falaguasta. Insieme gestivano questo teatro a Testaccio. Io ero sempre là dentro. Vivevo tutto come un bel gioco: non solo lo spettacolo, ma anche quello che succedeva dietro le quinte. Poi ho iniziato a studiare recitazione per conto mio, frequentando dei corsi. Quando ho capito che volevo seriamente fare teatro, formammo una compagnia. Dovendo mettere in scena degli spettacoli con personaggi un po’ sopra le righe, ci mettemmo alla ricerca di attori: come dire? paradossali. Bizzarri. E mi presentarono Ezio. Flavio già lavorava con la sua compagnia. Con Ezio lo andammo a vedere. Lui venne a vedere noi. Finché un giorno ci siamo detti: “Ma perché lavorare separatamente? Fondiamo una nostra compagnia, un trio”. Ed eccoci qua. Fin dall’inizio fummo spinti dalla voglia di fare qualcosa di nostro. Creare una nostra drammaturgia.
Flavio: C’è da dire, però, che impiegammo un paio di anni prima di mettere in scena un nostro lavoro.
Come mai?
Luca: Avevamo paura. Temevamo la reazione del pubblico. Questa è la verità. Iniziammo scrivendo una serie di pezzi singoli. Tre o quattro scene, se ricordo bene. L’idea era quella di trovare un filo conduttore che le unisse tutte. Da qui l’intuizione di un bar, dove tre ragazzi si incontrano ogni giorno.
E che successe con questo lavoro?
Luca: Dopo averlo scritto, lo accantonammo per un anno, un anno e mezzo.
Perché?
Luca: Perché nel frattempo avevamo deciso di scrivere uno spettacolo vero e proprio.
Flavio: Buttammo giù sessantacinque pagine all’incirca. Un lavoro infinito. E anche questo non finito.
Luca: E come se non bastasse, avevamo già fissato le date dello spettacolo. A un mese dal debutto non avevamo nulla in mano. Disperati, decidemmo di riprendere quelle vecchie scene scritte tempo addietro. Le risistemammo e nacque (In)solito bar, il nostro primo spettacolo.
Come fu accolto dal pubblico?
Luca: Avevamo tanta paura che nessuno ridesse. Non appena iniziammo a recitare, la gente rise dall’inizio alla fine. Lì per lì non ci credemmo neppure noi.
Poi che successe?
Luca: Da Testaccio andammo al Teatro Tirso De Molina. Poi al festival Le Terrazze. Successivamente abbiamo vinto il Premio Persefone. Debbo ammettere che non ce lo aspettavamo tutto questo. Almeno non in così relativo breve tempo. Sai quando pensi: “Sarà un disastro!”, tipo Titanic…
Flavio: Veramente è il contrario. Tutti dicevano che il Titanic sarebbe stato un successo, e invece fu una catastrofe.
Luca: Io parlavo del film. Non del Titanic vero.
Flavio: Non l’hai detto però…
Luca: Non si intuiva?
Flavio: Mica tanto.
E gli inizi di Ezio come furono?
Ezio: Io prima di incontrare il teatro, e loro soprattutto, ero felice.
Flavio: Non scherzare. Stiamo facendo un’intervista seria.
Ezio: A parte gli scherzi, io fin da bambino, per colpa dei parenti – mia madre, mio zio e mia zia: i tre fratellini – sono cresciuto con i film di Totò, il teatro di Eduardo De Filippo e le commedie all’italiana. Tutte cose che mi piacevano tantissimo. Una volta, andando a vedere uno spettacolo mi sono detto: “Potrei fare anche io teatro”. Poi ho incontrato Luca. Successivamente è arrivato il buon Flavio. Ed eccoci qua.
Luca: Io ho sempre detto una cosa. Noi nasciamo innanzitutto come tre amici. Il resto è una conseguenza. Il valore aggiunto che ritroviamo sul palco e nello scrivere una storia è tutto legato al nostro rapporto umano. Se non ci fosse, il lavoro sarebbe davvero più complicato. Anche perché molte cose nascono da quello che viviamo tutti i giorni fra di noi. Grazie alla nostra amicizia, noi ci sosteniamo a vicenda. Cerchiamo di incoraggiarci nei momenti in cui il morale non è dei migliori. E per paura di perdere questa nostra dimensione, questa armonia che abbiamo creato nel lavoro grazie alla nostra vita quotidiana, spesso abbiamo declinato l’invito a partecipare in contesti che ci avrebbero fatto fare cose non coerenti con quello che siamo.
Flavio: Difatti abbiamo rinunciato a prendere parte ad un programma televisivo abbastanza noto proprio per questa ragione.
Come accadde che vi invitarono in Tv?
Luca: Ci videro in teatro e ci proposero di partecipare presentando un nostro pezzo.
E perché rifiutaste?
Luca: Perché il tutto non sarebbe dovuto durare più di un minuto e mezzo.
Ezio: I tempi erano troppo ristretti.
Luca: Abbiamo preferito dire di no, piuttosto che presentarci con un prodotto distante da quello che facciamo noi e dal modo in cui lo facciamo.
Cosa c’è che, individualmente, non vi sta bene l’uno dell’altro?
Luca: Questa è difficile! Davvero molto difficile! Però ti rispondo così: il nostro è un modo particolare di lavorare. Noi non siamo attori e basta. È tutto frutto di un processo in evoluzione. Personalmente, se non ci fossero loro, non farei questo lavoro. Anche perché sono convinto di collaborare insieme con le persone migliori che ci sono in questo momento.
Ezio: Messa così, mi è proprio piaciuta.
Flavio: Sei stato abilissimo!
Va bene, ho capito che è troppo cattiva come domanda. Allora mettiamola così: in cosa pensate sia il caso di migliorare come trio?
Luca: Noi lasciamo tante cose all’improvvisazione. Fino ad ora questa dose di incoscienza ha funzionato. Però, a mio avviso, è un aspetto che andrebbe migliorato.
Ezio: Così mi hai rubato la risposta!
Flavio: Ce l’ha rubata a tutti.
Avete mai avuto il sentore di qualcosa che ancora non va perfettamente in ciò che fate?
Ezio: Per quanto mi riguarda, io ho la sensazione che ci sia ancora un potenziale inespresso. Non è facile capire dove intervenire. Alcuni tentativi li abbiamo fatti. Non saprei, però, dire con sicurezza se si tratta di un modo diverso di lavorare che dovremmo far nostro, o di qualche altra cosa. Però sento che c’è.
Luca: In realtà a noi servirebbe la persona giusta in grado di valorizzare il buono che abbiamo per portarlo al massimo dell’espressione. Noi non possiamo avere un controllo a trecentosessanta gradi sul nostro lavoro. È impossibile. Secondo me, dovremmo migliorare nella ricerca di qualcuno che sia in grado di portare Luca, Flavio ed Ezio a un livello superiore. Beninteso, partendo da quello che abbiamo realizzato fin qui. Ma facendoci vedere quel potenziale inespresso, di cui parlava Ezio, che noi ancora non siamo riusciti ad individuare.
E non avete paura che questa ipotetica persona esterna possa snaturarvi?
Flavio: La paura, personalmente, c’è. Mi rendo conto che entrare nelle nostre dinamiche non è facile. Tutte le persone che vedono ciò che facciamo, lo giudicano dal loro punto di vista. Quindi ci troveremo sempre di fronte ad un’impressione individuale diversa l’una dall’altra. Noi, ormai, abbiamo raggiunto un certo equilibrio. Un regista esterno – perché poi di quello si sta parlando – il più delle volte tenta di minare l’armonia che si è formata. Ma non lo fa apposta. È questione di differenza di età, di esperienza, di visione generale dello spettacolo. Gli elementi in gioco sono tanti.
Luca: Sono d’accordo. È vero.
Flavio: Sarebbe giusto che qualcuno spendesse più tempo con noi per capire quello che facciamo e il modo in cui lo realizziamo.
Ezio: Non ultimo perché per inserirsi nelle nostre dinamiche, un regista dovrebbe prima capirle per poi sapere cosa destrutturare e cosa mantenere.
Flavio: Diciamo che fino ad ora non c’è stata l’occasione di incontrare la persona giusta.
Luca: Per il futuro abbiamo deciso di collaborare con Fabrizio Nardi – uno dei comici del duo Pablo e Pedro. Debbo dire che, appena ci siamo conosciuti, lui ha instaurato un rapporto con noi stando ben attento a quelle che sono le nostre necessità. Si è messo nella posizione di un sarto che deve cucire un vestito per noi. Stiamo a vedere. Noi abbiamo fame di conoscere e di apprendere.
Come trio, siete autori interpreti e registi di voi stessi. Se vi proponessero un lavoro scritto da qualcun altro – magari anche famoso –, accettereste di metterlo in scena?
Flavio: Non abbiamo preclusioni. Dipende tutto, ovviamente, dalla qualità di quello che ci viene proposto.
Luca: Più che di nome, è un problema di qualità. E anche, ovviamente, se può o meno incontrare il nostro gusto.
Che rapporto avete con quello che scrivete?
Luca: Ci piace. Non potremmo mai scrivere qualcosa distante dal nostro gusto e della quale non ci sentiamo convinti. Per esempio, tante volte ci è capitato di improvvisare una battuta che, lì per lì, ci ha fatto ridere tantissimo. Il giorno dopo, rileggendola e ripensandola, l’abbiamo tolta perché l’impressione non era più la stessa. Sono alchimie strane.
Flavio: Questo è anche frutto della stanchezza. Spesso ridiamo così perché siamo estenuati.
Cosa pensano Luca, Flavio ed Ezio prima di andare in scena?
Luca: A tutto tranne che allo spettacolo. Sono sincero. Le piccole ansie le ho fino al giorno prima del debutto. Poi entro in uno stato di divertimento. Ammetto di essere molto ansioso. Ma il giorno della prima mi fermo.
Flavio: Diciamo che ti fermi nell’esternarlo. Poi, magari, dentro di te…
Luca: Difatti, chiunque viene a lavorare con noi rimane disorientato da quell’apparenza di calma.
Ezio: In camerino parliamo di altro. Sembra una situazione normale.
Flavio: Questo è un mestiere che devi fare per divertirti. È talmente difficile, straniante dal contesto reale della vita, che farlo per stare male sarebbe il massimo dell’autolesionismo. Personalmente parlando, la sera della prima cerco di divertirmi. Il brutto è il meccanismo che subentra durante le repliche.
Perché?
Flavio: Perché essendo tutti ipocondriaci, abbiamo il terrore che possa scatenarsi qualche malanno.
Luca: Io per esempio ho paura che mi venga l’influenza intestinale.
L’hai avuta qualche volta?
Luca: Mai.
Ezio: Personalmente, io penso a far stare bene la gente che viene a vederci. È una responsabilità che sento molto.
Come si vedono, tra vent’anni, Luca Flavio ed Ezio?
Flavio: Andremo a trovare Ezio alla pensione per anziani.
Ezio: Che buoni che siete!
Luca: Seriamente parlando, non saprei. Quello che sarà, sarà. Purché stia bene con me stesso.
Flavio: Il teatro è molto faticoso. Continuerò a farlo di sicuro a patto che nessuno me lo imponga o mi obblighi. Mi piace scrivere. Forse potrei diventare più un autore che un interprete. Chi lo sa? Ovviamente, per il futuro, mi auguro di avere la possibilità di esplorare anche altre possibilità espressive oltre al teatro.
Ezio: Vorrei divertirmi ancora come sta accadendo adesso. Anche ad ottant’anni. Cambieranno le modalità, certamente. Però vorrei continuare a provare questa sensazione dentro di me.