– di GIULIA CLARIZIA-
Il 9 marzo del 1953 iniziarono i funerali del dittatore sovietico Iosif Stalin.
Alcuni giorni prima, l’”uomo d’acciaio” era stato colto da un malore che lo aveva lasciato paralizzato. Esistono diverse ricostruzioni dei giorni tra il primo e il cinque marzo durante i quali Stalin era in bilico fra la vita e la morte. Circondato dal comitato ristretto del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, egli spirò – a detta della figlia Svetlana – maledicendo i suoi collaboratori, convinto di essere vittima di una congiura.
Nonostante il clima di terrore instaurato in Unione Sovietica, milioni di persone si recarono a rendere omaggio al corpo in uniforme del leader comunista. La folla fu talmente grande e incontrollata che circa cinquecento persone morirono schiacciate. Anche da morto, il dittatore mieteva vittime.
La denuncia del regime stalinista non sarebbe arrivata però che tre anni dopo, in occasione del XX congresso del PCUS, quando Nikita Kruscev pronunciò lo storico discorso in cui elencò i crimini commessi dal dittatore.
Il 9 marzo del 1953, Stalin era ancora considerato come fondamentale punto di riferimento per i comunisti e socialisti del mondo. I suoi funerali si protrassero per tre giorni, e vi parteciparono anche Palmiro Togliatti e Pietro Nenni.
Il 6 marzo, dopo l’annuncio della morte del leader sovietico, Nenni aveva tenuto presso il Parlamento italiano un discorso di commiato in cui aveva fatto riferimento al vuoto lasciato dalla sua grande personalità.
All’epoca era ancora intatta l’alleanza politica fra i partiti comunista e socialista italiani. Quando però nel 1956, dopo la destalinizzazione e soprattutto dopo la violenta repressione della rivoluzione ungherese, la natura del regime sovietico apparve chiara, i socialisti di Nenni decisero di rompere il “fronte popolare” con i comunisti. Era la premessa fondamentale per l’“apertura a sinistra” della Democrazia Cristiana.
Comunisti di merda spazzatura umana figli di troia!