di PIERLUIGI PIETRICOLA
Passeggiando per vecchi librerie, di quelle che ormai esistono solo nei ricordi di chi ha vissuto i tempi migliori, capita di fare preziose trouvailles. Scartabellando volumi coperti da una lieve patina di polvere, sfogliando antiche pagine ingiallite dal tempo, l’occhio si posa su titoli oggi non più in commercio. Qualche giorno fa mi è accaduto di imbattermi in un libro, che non conoscevo, di un grande scrittore che ho sempre stimato: Storie inedite per film mai fatti di Ennio Flaiano. È un volume che raccoglie una serie di soggetti per il cinema che mai si tradussero in film. Le ragioni possono essere tante: mancanza di volontà da parte del produttore; rifiuto da parte del regista; disamoramento dell’autore del soggetto di cedere la propria idea perché sarebbe stata vittima di modifiche non condivise. Tutte dinamiche che, per chi lavora nell’ambiente, ben conosce. Chissà quanti bei film ideati ma mai girati i nostri schermi non hanno avuto possibilità di trasmettere. Per chi non lo ha mai sentito nominare, Ennio Flaiano è una delle figure di spicco della cultura europea del secondo Novecento. Fu autore della miglior produzione di Federico Fellini, nonché scrittore raffinato. Valgano due titoli solo a mo’ d’esempio: Tempo di uccidere, Una e una notte. La maggior parte del pubblico conosce Flaiano per le sue battute formidabili divenute leggendarie. Quando gli chiesero, per deriderlo, come avesse accolto i fischi del pubblico alla rappresentazione della sua commedia Un marziano a Roma, rispose: “Che volete che vi dica? L’insuccesso mi ha dato alla testa”. Oppure: all’uscita di un teatro, se un suo collega critico drammatico gli domandava un giudizio sull’opera appena rappresentata, l’autore di Diario notturno era solito rispondere: “Pessimo spettacolo! Non sono riuscito a chiudere occhio”. E si potrebbe continuare a lungo. Flaiano fu una fucina di idee. Il suo eclettismo si riscontra in poche altre figure: Alberto Savinio e Bruno Barilli. Si tratta di eccezioni che confermano una regola ben precisa: quella italiana è una cultura prettamente specialistica, poco indulgente verso coloro che si mettono alla prova sperimentando vie alternative. Ma veniamo a Storie inedite per film mai fatti. I soggetti qui raccolti rappresentano una miniera culturale per chi avesse intenzione di respirare quel periodo d’oro ed oscuro al contempo che fu l’Italia del ventennio Cinquanta-Settanta. Come giustamente nota Francesca Pino Pongolini nella Nota critica in appendice al volume, per Flaiano il cinema ha sempre rappresentato un punto privilegiato dal quale osservare la vita. Difatti in questi soggetti ritroviamo alcune peculiarità della società del tempo: l’idea malsana e falsa di affidare l’educazione dei bimbi a freddi, costosi e austeri collegi così privando i genitori di una responsabilità ed un’esperienza importanti (Il bambino); opinioni moralistiche che giudicano gli individui solo per distinguersi sul piano del censo (La ladra); l’idea che il percorso di un’esistenza non possa esprimersi attraverso una scelta individualmente presa, ma si debba invece conformare ad alcuni dettami moralistici a dispetto di un sentimento vissuto in modo puro da due giovani ragazzi (L’amore verrà dopo). Poi vi sono anche idee storiche, come l’ampio soggetto – quasi un trattamento – su Casanova, o quello sulla figura di Gesù affrontata in L’uomo di Nazareth che assurgono a metafore di momenti emblematici dell’Italia nel pieno del suo stravolgimento culturale e sociale (entrambi i soggetti si collocano fra il Sessantotto e il Settantuno). Leggere questo libro oggi che utilità può avere? Le dinamiche che Flaiano ebbe modo di osservare e stigmatizzare, oggi probabilmente non si verificano più (almeno non tutte). Però osservarle attraverso l’occhio di una grande intelligenza può essere di aiuto. Non solo per comprenderle, ma anche per intuire se qualche cambiamento sostanziale, negli italiani che siamo, vi sia stato o no. È accaduto tale mutamento? Se fosse vivo, Flaiano risponderebbe in un solo modo: “Non preoccupatevi. Il meglio il passato”. Che siano i posteri a trarre le conclusioni.