di FEDERICO MARCANGELI
Con un decreto legge abbastanza inaspettato, il governo ha deciso di sostenere Banca Carige, che da qualche tempo versava in condizioni non proprio stabili. In pochi però si aspettavano una mossa del genere, visto che la banca, pur essendo in amministrazione straordinaria da parte della BCE, aveva rimborsato circa 135 milioni di obbligazioni nel mese di Dicembre. L’intervento del Governo prevede una garanzia statale per le future obbligazioni (per un massimo di 3 miliardi di euro) ed 1.3 miliardi in caso di ricapitalizzazione precauzionale. Quest’ultima prevede anche il cosiddetto burden-sharing, cioè la condivisione dei costi con azionisti e obbligazionisti subordinati (che vedrebbero azzerato il loro portafoglio o convertito in azioni). Ipotesi molto complicata, vista la conversione già avvenuta di gran parte delle obbligazioni subordinate in azioni (nel 2017), con un costo molto elevato per i risparmiatori. I più attenti si ritroveranno in una sorta di deja-vù, perché la misura appare simile a quelle adottate in precedenza per altre banche (MPS, Vicenza e Veneto Banca), che i membri dell’attuale governo avevano tanto criticato. Per fare un esempio, Di Maio twittava l’8 Marzo 2017:
“Dopo le elezioni politiche del 2013 avete rieletto per la seconda volta lo stesso Presidente della Repubblica, che ci ha regalato a capo del Governo il giovane democristiano Letta, che passerà alla storia per aver trasferito in una sola notte 7 miliardi e mezzo di euro alle banche. Poi è arrivato lei Gentiloni. Il suo primo atto politico? Un decreto per trasferire 20 miliardi di euro alle banche italiane. Dopo 4 anni passati a dirci che non c’erano soldi per il reddito di cittadinanza, per le forze dell’ordine, per le imprese italiane, per il fondo per le disabilità, ha cacciato fuori dal cilindro 20 miliardi. Complimenti!”
Tornando al deja-vù, la realtà ci dice che il decreto salva-Carige non è affatto simile ai precedenti: è perfettamente identico. L’agenzia Agi si è occupata del confronto, trovando solo alcune differenze di forma tra il dl 237/2016 ed il 1/2019. Il punto nodale è che, mentre il governo Gentiloni formò un fondo da 20 mld che potesse in futuro servire al sistema bancario, il governo Conte si rivolge esclusivamente a Carige. La parte comica è che parte di quei 20 mld potrà essere utilizzata per la banca ligure, visto che il fondo non è andato esaurito. La motivazione di questa scelta risiede nella direttiva 2014/59/UE, che disciplina in modo puntuale il risanamento degli istituti di credito.
Quello che stupisce non è la modalità scelta per il salvataggio, ne il fatto in se, visto che appare quantomai rischioso (nonché iniquo per i risparmiatori) far fallire un istituto tanto radicato nel territorio. Sorprende la negazione del governo, che inventa dei distinguo inesistenti pur di giustificare l’azione.
Il primo è Salvini con un:
“Mentre Renzi e Boschi i risparmiatori li hanno ignorati e dimenticati, noi interveniamo a loro difesa”
Oppure Di Maio:
“Ma secondo voi se stessimo aiutando le banche i media e questi politici falliti continuerebbero a farci la guerra? Svegliaaaaa!!! La Camera dei Deputati si muova ad approvare l’istituzione della commissione di inchiesta sulle banche. Ne vedremo delle belle”.
La verità è che, con un governo in perenne campagna elettorale ed alla continua ricerca di like, anche un provvedimento comprensibile diventa un’esaltazione dell’inconsistenza politica e del linguaggio sguaiato.
Per quanto riguarda la banca, i dati attualmente diffusi parlano di 3 mld di crediti deteriorati da smaltire per tornare in salute.