La dignità storica del “nido di vespe”

– di STEFANIA CONTI –

Che tristezza! E’ insignito della medaglia d’oro al valor civile, ma adesso se ne parla solo perché sono state sequestrate le case dei Casamonica.

Eppure il Quadraro ha un nobile passato. Non solo teatro di una tenace resistenza, attiva e passiva, all’occupazione nazista, ma anche vittima di uno dei più feroci rastrellamenti.

Andiamo per ordine. Del Quadraro (dal latino Guadralis) si ha notizia già dal 1600: andava da Porta Furba ai Castelli romani. Ma è solo dagli anni 10-20 del 900 che diventa un vero e proprio quartiere, che si estende grosso modo fino a Cinecittà. Quartiere operaio e proletario, ma non solo: ci sono artigiani, piccolissimi imprenditori, impiegati e commercianti. Un piccolo paese, che negli ultimi mesi della II guerra mondiale diventa rifugio di moltissimi immigrati dalle città bombardate come Cassino e di sfollati dalla Roma più centrale, dove SS e Wehrmacht la facevano da padroni.

Il sentimento antifascista, l’odio per gli occupanti, l’odio per la guerra diventano praticamente una logica conseguenza . in più c’è la fame, la paura, una realtà locale intrecciata non solo per idee politiche o religiose, ma soprattutto da legami familiari e territoriali forti, proprio come – appunto – quelli dei paesi. Il Quadraro è così intensamente antifascista che i tedeschi lo chiamano “il nido di vespe” e a Roma si dice che chi vuole sfuggire alla Gestapo o trova rifugio in Vaticano o si nasconde al Quadraro

Il forte senso di comunità vive attraverso diverse figure, che rappresentano l’eterogenea composizione sociale della borgata: Basilotta, imprenditore locale, comandante delle formazioni Matteotti dell’8^ zona del partito socialista; Luigi Forcella, falegname, comandante delle formazioni Garibaldi del Partito Comunista. Addirittura la P.A.I. – la polizia dell’africa italiana, che dopo l’8 settembre 43 aveva sostituito i carabinieri – della borgata, grazie alla quale molte retate furono sventate, come ha riconosciuto l’’organizzazione militare del PSI; I Marescialli dei Carabinieri Floridia e Di Leo, aderenti con i loro uomini al Fronte Clandestino dell’Arma dei Carabinieri; Don Gioacchino Rey e Monsignor Desiderio Nobels, legati entrambi sia all’associazionismo cattolico che e al Fronte Militare Clandestino. Parecchi erano anche i legami con formazioni esterne al C.L.N. , ben radicate nel tessuto urbano come nel caso di “Bandiera Rossa” molto forte a Tor Pignattara. C’è da aggiungere che molte famiglie, pur non aderendo formalmente alla resistenza, nascondono renitenti alla leva, militari italiani sbandati o alleati scappati. il quartiere, infatti, era vicino a Cinecittà, diventata un campo di concentramento per i prigionieri alleati. Dopo la guerra, il Quadraro, proprio per questo, ha ricevuto riconoscimenti ufficiali .

Ce ne è abbastanza per essere ritenuto una seria minaccia dai nazisti tanto da essere inserito nel piano di evacuazione dei quartieri più pericolosi della città.

E veniamo al fattaccio. Nato, pare, quasi casualmente. Il 10 aprile 1944 era un lunedì di pasquetta e la tradizione romana vuole che si vada a festeggiare nelle osterie di campagna. In una di queste – “da Giggetto” – ci sono tre partigiani, tra cui anche Peppino Albano, detto il Gobbo del Quarticciolo, molto noto per essere non solo ladro ma nemico di primo piano del Reich, già sfuggito alla polizia fascista e considerato quasi imprendibile (ancora adesso i più vecchi del Quarticciolo sanno chi era) . Hanno tra i 17 e i 20 anni. Per quanto la vita della clandestinità avesse determinate regole, i giovani partigiani socialisti, non avevano voluto rinunciare alla voglia di godersi una gita fuori porta. Ma nella stessa trattoria arrivano anche tre tedeschi .che, a quanto pare, li prendono di mira con battute e scherno. Per farla breve, i tre ragazzi reagiscono e uccidono i tre tedeschi.

Dopo una settimana arriva la vendetta dei nazisti. L’operazione, scattata all’alba del 17 aprile 1944 e diretta personalmente dal maggiore Kappler, si conclude con la deportazione in Germania di circa un migliaio di uomini, tra i 18 e i 60 anni, costretti a lavorare nelle fabbriche in condizioni disumane. Molti di essi vennero uccisi nei campi di sterminio, altri, fuggiti per unirsi alle formazioni partigiane, caddero in combattimento. Con l’aiuto di SS Italiane e spioni del luogo, i nazisti arrestano proprio tutti: fascisti e antifascisti, carabinieri e militari che non avevano aderito alla Repubblica Sociale, nipoti, figli e nonni, comunisti, anarchici, cattolici e repubblicani. Nella borgata rimangono sono donne. Mogli, madri, figlie, sorelle, fidanzate. Sole con la loro disperazione.

l’operazione “Balena” (così l’aveva chiamata Kappler) viene dopo l’attentato di via Rasella. E viene da chiedersi perché i tedeschi non punirono, come fecero dopo via Rasella, dieci italiani per ogni soldato tedesco ucciso. Perché preferirono deportare in massa un’intera comunità maschile?

Il fatto è che il Reich – che, non dimentichiamolo, considerava gli italiani vili traditori – aveva veramente paura di una comunità così coesa e così antifascista. A febbraio era stato ucciso il capo della polizia del quadraro. A marzo uno scontro armato al Quarticciolo tra la brigata Matteotti e i fascisti, anticipa il coprifuoco alle 16. Ma la guerriglia era continuata, anzi si era intensificata. Il coprifuoco viene anticipato anche al Quadraro, a Centocelle e nella borgata Gordiani.

E la popolazione non sta ferma. Continua a fornire basi e assistenza a gruppi, distaccamenti e a formazioni di partigiani: la “banda Rossi” di Bandiera Rossa, agli azionisti della “banda del Lavoro”, ai gappisti dell’ VIII zona. C’è una rete di sabotaggio formata da donne, vecchi e ragazzini che cospargono le strade di transito per e da il fronte di Cassino di chiodi a tre e a quattro punte per squarciare i pneumatici degli automezzi.

Insomma, un nido di vespe da eliminare col fuoco, come si fa – appunto – con le vespe.

fondazione nenni

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