– di MAURIZIO BALLISTRERI –
Non si comprende perché da parte dell’Unione europea, guidata dal commissario agli Affari economici Moscovici in una sorta di disfida di Barletta con il governo gialloverde, in cui si intravedono gli eccessi dell’europeismo un po’ napoleonico della Francia di Emmanuel Macron, continuino le critiche, oltre che le minacce di apertura della procedura di infrazione, contro l’Italia, per una manovra economica che ha lasciato via via per strada tutti i punti più salienti nonché controversi.
E sì, perché nel Documento di Economia e Finanza non vi è traccia del reddito di cittadinanza né della modifica della “Legge Fornero” con la cosiddetta “quota 100”, così come la pace fiscale e la flat tax, mentre continuano le polemiche sulla prescrizione dei processi penali (forse perché così i 5 Stelle impedirebbero che essa vanifichi la condanna di alcuni dirigenti della Lega e della pena accessoria della restituzione dei 49 milioni di euro di contributi pubblici), sugli inceneritori, sulla Tav, a tal punto che è ipotizzabile una crisi di governo addirittura prima delle europee. Si tratta di una riedizione grottesca della famigerata “politica dei due tempi”, inaugurata da Aldo Moro, anche su sollecitazione dell’allora presidente della Repubblica Antonio Segni, in occasione del primo governo di centro-sinistra “organico” con i socialisti del dicembre 1963, per congelare le istanze riformatrici e popolari del Psi di Pietro Nenni e inibire l’unificazione con la socialdemocrazia di Giuseppe Saragat.
Un governo diviso su tutto, con Salvini che ha ottenuto il “Decreto Sicurezza”, invero più di immagine che di sostanza (ma che dovrà essere convertito in Aula…), e Di Maio, tra le pieghe del decreto per Genova, il vergognoso condono edilizio per Ischia, inverando entrambi quanto affermò Voltaire: “coloro che possono farvi credere assurdità, possono farvi commettere atrocità”.
Ma anche un governo profondamente isolato in Europa, poiché dall’Italia hanno preso le distanze i Paesi schierati lungo l’asse renano tra Germania e Francia e pure quelli che con la Lega dovrebbero costituire la cosiddetta “L’Internazionale sovranista” teorizzata dall’ex stratega di Trump Steve Bannon, l’Ungheria di Orban e tutto il Gruppo di Visegrad, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, nonché le Nazioni europee guidate dalla destra come Austria, Olanda e Finlandia.
ll sovranismo, che come ha osservato opportunamente Angelo Panebianco sulle colonne del Corriere della Sera è più corretto definire nazionalismo, si sta diffondendo con grande velocità, ma ciò non significa che potrà nascere a livello internazionale un’alleanza tra i paesi sostenitori di una visione identitaria e sovente xenofoba, poiché i nazionalismi, storicamente, esaltano gli interessi delle proprie comunità sopra tutto, e quando diventano programma di governo entrano in contraddizione con gli altri nazionalismi.
Il dittatore spagnolo Francisco Franco, andato al potere dopo una tragica e sanguinosa guerra civile, sostenuto da Hitler e Mussolini contro le forze democratiche e di sinistra organizzate nel Fronte popolare che avevano legittimamente vinto le elezioni nel 1936, non entrò in guerra a fianco delle forze dell’Asse, nonostante le sollecitazioni naziste e fasciste, rifugiandosi in un ipocrita neutralità; così come, del resto, Salazar che, ideologicamente e politicamente organico al corporativismo fascista, consentì, sul finire del II conflitto mondiale, agli anglo-americani di installare basi militari nelle Azzorre per controllare l’Atlantico.
In uno scenario siffatto, nel quale la manovra economica del governo appare in violazione del Patto di stabilità più in termini di facciata che concretamente, con l’isolamento in Europa del nostro Paese, non si comprende l’oltranzismo di Frau Merkel, di Moscovici, di Juncker e della Commissione, se non come il tentativo di impedire che l’Italia, per i rapporti diplomatici intessuti dal governo giallo-verde con Trump e Putin, possa costituire il Cavallo di Troia di quest’ultimi, uniti da una sorta di eterogenesi dei fini, per scardinare l’Unione europea, certamente responsabile di non avere vere istituzioni politiche.