Dalle parole ai fatti? la lotta alla ludopatia

-di GIULIA CLARIZIA-

Da quando esiste la democrazia, e probabilmente anche da prima, i politici o aspiranti tali promettono. Che siano sinceri, o che lo facciano solo per ingraziarsi il favore del popolo, alla fine della campagna elettorale la resa dei conti arriva per tutti.

La propaganda che Cinque Stelle e Lega hanno portato avanti per anni dalle comode poltrone dell’opposizione, accentuata ovviamente in vista delle elezioni politiche dello scorso marzo, è stata particolarmente ricca di dichiarazioni di intenti. Al punto che un gruppo di giovani attenti e appassionati ha ritenuto importante che il popolo avesse uno strumento per orientarsi rispetto alla loro sincerità. Lo scorso settembre infatti è nato il CheckPoint Promesse, un originale osservatorio che senza giudizi di merito analizza lo stato delle promesse dei politici. Se sono state mantenute, oppure no, o se sono in corso di attuazione.

Ci siamo appoggiati proprio alle loro analisi per tornare su un tema caro a noi e a Di Maio, quello della lotta alla ludopatia.

Tempo fa il leader dei pentastellati aveva dichiarato che da Ministro dello Sviluppo Economico, avrebbe voluto abolire la pubblicità per il gioco d’azzardo. La promessa, in un certo senso, è stata mantenuta.

In uno dei primi provvedimenti del governo, il discusso Decreto Dignità, si è intervenuti sul tema come previsto dal Contratto di Governo alla sezione “sicurezza, legalità e forze dell’ordine”. Proprio lì si leggeva che il divieto a pubblicità e sponsorizzazioni doveva essere assoluto, e che tra le altre cose bisognava stabilire un sistema di utilizzo delle slot machine attraverso la tessera sanitaria per evitare il gioco minorile. Si prevedeva inoltre di tracciare i flussi di denaro per evitare evasione fiscale e infiltrazioni mafiose.

Le buone intenzioni però hanno dovuto fare i conti con la realtà di potenti che con il gioco d’azzardo si arricchiscono.

Per far sparire dall’oggi al domani pubblicità e sponsorizzazioni sarebbe stato necessario un duro colpo di mano, nel momento in cui erano già stati stipulati contratti in merito. Per questo, il divieto non riguarda coloro che alla data della pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale avevano già un contratto in corso. Inutile dire che al primo sentore di tale provvedimento, le aziende interessate sono corse a firmare accordi temendo un’ingente perdita di denaro.

Se il testo originario del Decreto parlava solo di lotta alla pubblicità, nella sua conversione in legge sono stati inseriti importanti emendamenti. Tra questi, un progressivo aumento del prelievo erariale fino al gennaio 2023 e la possibilità di gioco tramite tessere sanitaria così come preannunciata nel contratto di governo.

Gradualità sembra essere la parola d’ordine del provvedimento. Ci vorrà tempo prima che le pubblicità sul gioco d’azzardo spariranno. Inoltre il mancato adattamento delle slot machine al funzionamento con tessera sanitaria sarà sanzionabile solo nel 2020. Ci vorrà tempo, ma è già qualcosa.

Nulla si è detto però sul contrasto al gioco d’azzardo illegale, dove non manca la presenza ingombrante della mafia. Come accade per tutti le dannose abitudini che lo stato cerca di contrastare, come l’uso delle droghe, il rischio è l’aumento di pratiche illegali. E l’attenzione ai controlli non sembra controbilanciare la crescita di tale rischio.

In ogni caso, nel testo di legge si specifica che entro sei mesi dalla sua entrata in vigore, quindi entro febbraio 2019, “il Governo propone una riforma complessiva in materia di giochi pubblici in modo  da assicurare l’eliminazione dei rischi connessi al  disturbo  da  gioco d’azzardo e  contrastare  il  gioco  illegale  e  le  frodi  a  danno dell’erario (…)”. Staremo quindi a vedere cosa accadrà.

giuliaclarizia

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