— di MAGDA LEKIASHVILI —
Non è una novità la presenza costante della Fondazione Pietro Nenni nell’ambito internazionale. Ancora una volta Il nome di Pietro Nenni è stato pronunciato negli Stati Uniti, all’università di Stony Brook. Dopo una conferenza di successo focalizzata sui rapporti tra l’Italia e la Cina presso l’università di Toronto nel 2016, il Centro di Studi Italiani dell’Università di Stony Brook e l’Istituto Confucio, in collaborazione con l’Università della British Columbia, hanno organizzato una nuova conferenza: Italy and East Asia: Exchanges and Parallels.
Ricorre il cinquantesimo anniversario di Pietro Nenni come ministro degli affari esteri d’Italia ed è nota la sua attenzione verso la Cina. La Fondazione Pietro Nenni ha avuto l’onore di parlare, durante la conferenza, della politica e del lavoro svolto da Nenni, che già all’epoca del bipolarismo ha creduto nelle potenzialità della Cina e ha accompagnato il paese nel suo percorso del riconoscimento dai paesi occidentali. Perciò, la Cina non ha mai nascosto la sua gratitudine e ha riconosciuto la figura di Pietro Nenni come attore principale del loro successo nel campo internazionale.
Quando Nenni diventò ministro degli affari esteri la Repubblica Popolare Cinese non era ancora riconosciuta dalla stragrande maggioranza degli alleati degli Stati Uniti. Non faceva parte nemmeno delle Nazioni Unite. Mentre il ministro Nenni aveva già delineato tre pilastri fondamentali per la sua politica internazionale dei quali la Fondazione Pietro Nenni ha parlato durante un panel della conferenza dedicato ai rapporti tra l’Italia e East Asia al tempo della guerra fredda. La prima questione importante fu la costruzione della Federazione Europea, idea che è stata appoggiata anche da Altiero Spinelli, consigliere per le questioni europee. Nenni era interessato, inoltre, a dare opportunità e importanza anche ai paesi non appartenenti a nessuno dei due blocchi esistenti all’epoca (Stati Uniti e Unione Sovietica), indebolendo così la rigidità del sistema bipolare. Il terzo pilastro invece riguardava lo stabilire condizioni per fare in modo che la Cina diventasse uno dei principali attori negli affari internazionali.
Pietro Nenni visitò la Cina nell’autunno del 1955 e incontrò Mao Zedong. Quest’ultimo, sapendo quale influenza avesse Nenni sui socialisti democratici che governavano molti paesi, gli confidò la volontà della Cina di essere riconosciuta come partner per la pace e di essere pronta per “normalizzate” relazioni culturali ed economiche bilaterali e multilaterali. Nel discorso del membro del comitato scientifico della Fondazione Nenni, Luigi Troiani, pronunciato durante la conferenza, sono ben illustrate le intenzioni di Nenni verso la Cina, così come la richiesta della Cina: se le nazioni desideravano un buon rapporto con Beijing, dovevano riconoscere la Repubblica Popolare Cinese come rappresentante unico e legittimo della Cina.
“Da sempre, Nenni era favorevole a questo punto di vista, non solo perché pensava che fosse un diritto del popolo cinese essere ammessi alla famiglia delle nazioni come rappresentante legittimo del popolo cinese, ma anche perché il riconoscimento della RPC significava avere un terzo polo nel sistema internazionale, aprendo il mondo a una nuova era, meno rigido e non più vittima del controllo dei due blocchi militari e politici in conflitto. Ammettendo la Cina come potenza negli affari internazionali, la famiglia delle nazioni avrebbe dichiarato di essere pronta per nuovi scenari, per la ridefinizione degli equilibri fissati dalla Guerra Fredda” – diceva Troiani nel suo discorso.
Le relazioni tra l’Italia e l’Asia rappresentano un punto di interesse per molti studiosi di oggi. Attraverso una vasta serie di pannelli che hanno incluso presentazioni di studiosi internazionali provenienti da Asia, Canada, Stati Uniti e Europa occidentale, la conferenza ha esplorato e valutato la posta in gioco nel dialogo italo-orientale. E soprattutto, ha ampliato la ricerca già in corso su questioni relative tra Italia e Asia Orientale.