La Fondazione Nenni incontra Rocco Palombella

-di PIERLUIGI PIETRICOLA-

La questione dell’ILVA di Taranto, al momento, pare si sia conclusa al meglio. Dopo lunghe trattative, l’accordo con la società ArcelorMittal è giunto a conclusione.

Giorni e giorni in cui non era chiaro quale destino i dipendenti tarantini avrebbero dovuto sobbarcarsi, ormai sono alle spalle. E anche il futuro parrebbe roseo come mai lo si sarebbe immaginato.

Deus ex machina dell’operazione, tutti lo riconoscono, è Rocco Palombella della UILM.

Noi del Blog abbiamo un po’ conversato con lui, per sentire dalla sua viva voce impressioni ed opinioni su quest’accordo tanto sospirato ed augurato da più parti.

Dott. Palombella, immagino che questa prima domanda gliel’abbiano fatta in molti. Ma non posso esimermi dal ripetergliela. Che impressioni ha dell’accordo sull’ILVA appena conclusosi?

Mi sono strenuamente battuto per costruirlo e raggiungerlo. Debbo dire, con tutta la modestia di questo mondo, che si è trattato di un impegno davvero straordinario.

Vuol raccontarci un po’ come sono andate le cose prima di arrivare ai nostri giorni?

Tutto è iniziato nel Luglio 2017. Vi fu una trattativa lunghissima già da allora. Poi si giunse al protocollo Calenda, che io prontamente rifiutai.

Perché?

Perché vi sarebbero stati ben quattromila esuberi.

Così tanti?

Sì. Mi sono assunto tutte le responsabilità del caso, ma col senno di poi posso dire di aver fatto bene. Perché se avessi firmato quell’accordo, a quest’ora non solo quattromila dipendenti, ma altrettante famiglie si sarebbero trovate sull’orlo della disperazione. E come sindacato, non lo si poteva permettere.

Come è stata questa trattativa da poco conclusasi?

Sicuramente inedita rispetto a tante altre che mi sono trovato a vivere nella mia vita da sindacalista. Ed unica, almeno per me.

Come mai?

Perché ho provato una tensione ed una forte emozione come mai è successo neppure nel corso delle trattative per i rinnovi contrattuali dei metalmeccanici.

Qual era, per dirla in termini semplici ma non semplicistici, la posta in gioco?

È presto detto: scegliere se distruggere definitivamente la siderurgia in Italia oppure no. Con tutte le conseguenze sul piano delle opportunità occupazionali, presenti e future. La chiave che si è reso necessario impostare per ora, e percorrere da qui in avanti, è stata quella di armonizzare le necessità di produzione di settore con un concreto risanamento ambientale. Fattore che passa, giocoforza, con la tutela di entrambi tali fattori. E che mai si sarebbe potuto realizzare, tutto ciò, con la chiusura dello stabilimento.

Perdoni la domanda: ma cosa c’era che non andava nell’accordo Calenda?

Intanto che quattromila persone si sarebbero trovate, dall’oggi al domani, in strada. E di questi tempi si sa quanto complicato sia trovare una nuova occupazione. In secondo luogo, si trattava di un accordo che ha visto divise le varie sigle sindacali (con qualcuna consenziente alla firma e qualcun’altra no). Inoltre, si trattava di un accordo fumoso per quel che riguardava gli incentivi. Elementi più che sufficienti per rifiutarmi, come UILM, di firmarlo. Ovviamente sapevo bene ciò a cui stavo andando incontro. Perché la trattativa si sarebbe fermata fino all’insediamento del nuovo Governo. A tutto ciò si aggiunga anche che il tessuto sociale della città di Taranto era totalmente dilaniato. Fattore, quest’ultimo, che non si poteva ignorare.

Non a caso, nel corso dell’ultimo Congresso della UIL, al neo Ministro Di Maio ho simbolicamente consegnato il mio personale casco da lavoro: affinché si assumesse la responsabilità di un impegno che non si sarebbe potuto più protrarre oltre. Dopo il 6 Agosto scorso, vi fu anche un momento in cui ho temuto per il peggio, quando nel corso della conferenza stampa del Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico si prospettava l’idea di annullamento della gara. E sarebbe stato un disastro autentico, perché non vi erano neppure ipotesi di ricapitalizzazione.

L’accordo da pochi giorni firmato cosa prevede?

Intanto la salvaguardia di 10.700 posti di lavoro. Quindi, coloro che lavorano all’interno dell’ILVA hanno la sicurezza della loro occupazione. Tutti gli altri, che sono in amministrazione straordinaria, in virtù di incentivi per aumento di produzione che ammontano a 250.000.000 di Euro, verranno nel tempo reintegrati. E perciò dal regime di amministrazione straordinaria, passeranno nuovamente ad essere dipendenti. A tutto questo si aggiunge un’ulteriore clausola: qualora vi fosse qualcuno che non potrà rientrare in tale piano di reinserimento, la società ArcelorMittal si farà carico direttamente degli esuberi.

Mi pare un ottimo accordo.

Direi proprio di sì. Anche in considerazione del fatto che siamo riusciti a mantenere tutta la contrattazione di secondo livello coi relativi diritti.

Una trattativa faticosa, insomma, ma di cui può ritenersi soddisfatto. O no?

Assolutamente sì. Anche perché – e questo tutti me lo riconoscono – l’ho portata avanti con tenacia, impegnandomi al massimo delle possibilità. Ed è una paternità che non mi attribuisco io soltanto, ma tutti coloro che ne sono stati coinvolti. E a onor del vero, debbo dire che tale accordo non lo si sarebbe raggiunto se non vi fosse stata la posizione del Ministro Di Maio, determinato a concludere e a firmare. Noi come UILM non abbiamo arretrato né ceduto di un millimetro. In tal senso, la soddisfazione che provo è ancor più grande.

pierlu83

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