Ma da cittadino Bonafede si fiderebbe del ministro dell’Interno Salvini?

-di MANGIAFUOCO-

Il ministro della giustizia (?), Alfonso Bonafede (nomen omen o no?) ha improvvisamente scoperto che il suo collega di governo, Matteo Salvini con gli attacchi ai magistrati rischia di essere uguale a Silvio Berlusconi. Ma va? Siamo nel campo delle storiche rivelazioni, delle folgorazioni estreme come quella di Saulo di Tarso meglio noto a tutti noi come San Paolo. A compendio dello stupore manifestato da Bonafede quasi con il timore di un allievo di terza elementare di fronte alla severa maestra, proponiamo il curriculum vitae politico del Matteo Padano: iscrizione alla Lega nel 1990, consigliere comunale a Milano nel 1993 con il primo sindaco leghista (Formentini), segretario cittadino e segretario provinciale dal 1998 al 2004, deputato al parlamento europeo dal 2004 al 2006, capogruppo della Lega al consiglio comunale nel 2006, deputato dal 2008, di nuovo parlamentare europeo dal 2009, segretario della Lega in Lombardia nel 2012, infine segretario federale dal 2013. Il resto è storia recente. In questo lasso di tempo, il vecchio centrodestra, di cui faceva parte la Lega con Salvini nel ruolo non certo di comparsa, è stato al governo dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995, dal 10 giugno 2001 al 17 maggio 2006 e dal 7 maggio 2008 al 16 novembre 2011. È evidente che qualche affinità elettiva tra la Lega (in cui Salvini c’era e certo non dormiva) e Berlusconi doveva esserci. Così come è evidente (e questo va aggiunto a beneficio di Luigi Di Maio che rivolta la realtà un po’ come si fa con le frittate) che la Lega attuale non è altra cosa rispetto a quella precedente. Semmai ne è la continuazione, camuffamenti poco credibili a parte. Una volta superata la sorpresa, poi, il ministro della Giustizia (?) dovrebbe porsi qualche altro semplice interrogativo: in che misura è sostenibile la presenza al governo in un ruolo (Interno) che comporta il riconoscimento assoluto della legalità e il rispetto di tutti gli strumenti (quindi anche la magistratura) per difenderla, di un esponente che di fatto la contesta apertamente mettendo in discussione uno dei cardini fondamentali, da Montesquieu ad oggi (non si sa se la cosa varrà anche domani), cioè la divisione dei poteri? Non gli sembra che in realtà in gioco non sia tanto la somiglianza con Berlusconi e l’evocazione di una possibile rinascita della seconda Repubblica (che, a dir il vero, non è mai finita come dimostra la presenza al governo proprio della Lega con la sua storia di alleanze) ma qualcosa di più serio cioè la solidità di uno Stato che pur tra mille limiti ha comunque garantito oltre settant’anni di libertà? In che misura lui, da cittadino, si sente garantito da un collega che offre dell’azione esecutiva una interpretazione tanto di parte, nel momento in cui gli viene attribuita la carica di Ministro dell’Interno e quindi un ruolo che dovrebbe essere tendenzialmente “terzo”?

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