– di GIULIA CLARIZIA-
“Signor colonnello! Sono il tenente Innocenzi. Accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!”. Questa celebre battuta tratta dal film di Luigi Comencini Tutti a casa, nella sua semplicità ben descrive lo sbandamento delle truppe italiane quando fu resa nota la notizia della firma dell’armistizio con gli Alleati.
Cinque giorni prima, il Maresciallo Pietro Badoglio, a cui era stato conferito l’incarico di governo dopo la deposizione di Mussolini, aveva siglato in segreto quello che è passato alla storia come “armistizio corto”. Si trattava di un documento breve e generico finalizzato ad aprire la strada per un ben più lungo armistizio, quello del 29 settembre, in cui erano specificate le dure condizioni della resa.
L’8 settembre rappresentava il primo passo verso la cobelligeranza, fortemente voluta dal governo Badoglio nella speranza di risollevare lo status italiano sul piano internazionale.
Gli anglo-americani, dopo lunghe e complicate discussioni che videro scontrarsi la posizione del primo ministro inglese Winston Churchill e quella del presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt, incaricarono le autorità militari della stesura del testo dell’armistizio e diedero il loro placet alla dichiarazione di guerra italiana alla Germania.
Fu il generale Eisenhower il primo a rendere nota la notizia dell’armistizio attraverso radio Algeri. Poco dopo, seguì il proclama di Badoglio.
Il Maresciallo e il re avevano però commesso un grave errore strategico. Avevano creduto che gli Alleati avessero le capacità per difendere facilmente la capitale. Gli anglo-americani, al contrario, immaginavano che gli italiani avessero pronto un piano di difesa per la città di Roma nell’eventualità di un’invasione tedesca. Ma così non era.
Senza lasciare ordini all’esercito, i due, insieme al principe Umberto, fuggirono a Brindisi, città già liberata dagli anglo-americani.
Mentre la nazione veniva lasciata allo sbando, per dirla con la storica Elena Aga-Rossi[1], i tedeschi occupavano il nord Italia e prendevano in ostaggio numerosi soldati italiani. A questo proposito, è rimasto drammaticamente celebre lo scontro di porta San Paolo, alla Piramide di Roma, dove soldati e civili italiani tentarono una resistenza spontanea all’esercito tedesco. Un atto eroico che si scontrava con la viltà attribuita ai vertici dello stato in fuga.
Proprio a Porta San Paolo si è recato questa mattina il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per commemorare la battaglia. Una corona d’alloro, a simboleggiare il ricordo del sacrificio in difesa della città e della patria in un momento così delicato e confuso.
[1] E.Aga-Rossi, Una nazione allo sbando. 8 settembre 1943, Il Mulino, Bologna, 2006.