Un’Italia sulle nuvole

-di PIERLUIGI PIETRICOLA-

 Cosa può aver spinto Scanzi a scrivere un libro leggero e piacevole come Con i piedi ben piantati sulle nuvole? (Rizzoli, 186 pagine, Euro 18,00) Di questo giornalista d’assalto, dal commento preciso e corrosivo, ne conosciamo molto bene lo stile, la battuta sagace e pungente, la precisione d’analisi. E ci si immagina che chi ha sempre l’occhio attento alla stinta realtà quotidiana, difficilmente possa elevarsi alle altezze evocate dalla frase di Flaiano dalla quale Scanzi trae ispirazione per il titolo del suo ultimo lavoro. Che è un libro difficile a definirsi: non è un viaggio in Italia, né solo una raccolta di pensieri scritti su un diario. Non è neppure un omaggio, un tributo ad una nazione verso cui tutti guardano come a un grande patrimonio di valore inestimabile.

Per chi non vi ha ancora posato gli occhi, si potrà dire che questo di Scanzi è un libro presso cui sarà salvifico rifugiarsi per respirare boccate d’aria pura. Perché ci si troverà immersi in luoghi, viuzze di cittadine e paesaggi dei quali se ne ignora l’esistere. Ciò detto, ancora si è distanti dal raggiungere quel diamante luminoso e immutabile celato oltre queste pagine.

Per farlo, all’immaginazione si dovrà ricorrere. E allora si può vagheggiare che lo Scanzi reale, quello che dai teleschermi non traspare, sia un persona che viva simbolicamente, cioè un uomo che non si contenta del mondo così come è o come molti amano dipingerlo. Certo: a questo universo banale egli si presta come si fa con un gioco: coinvolgendosi, anima e corpo, in tante bagattelle che pare abbiano importanza vitale. Ma esaurita la parte da recitare nelle sciarade di convenzioni che i giorni impongono, ecco far capolino un uomo diverso. Uno Scanzi che si sveglia al mattino, e invece di comprare giornali per comprendere cosa nella politica si muova o stia per accadere, decide di montare sulla sua motocicletta e partire ad esplorare luoghi incontaminati. Una volta simili percorsi si compievano a dorso d’un destriero. Ma al di là del mezzo, la poesia permane ed intensamente eguale.

S’attraversano colline, strade raramente popolate da automobili e da persone, cieli azzurri che per colpa di qualche nuvola s’abbuiano. Man mano che i profili dei vari paesaggi e del cielo mutano, Scanzi prosegue. E possiamo raffigurarcelo con lo sguardo attento alla strada, ma gli altri sensi del corpo pronti a catturare ogni stimolo possibile.

Cos’hanno di particolare i luoghi ch’egli visita? Nulla, apparentemente. Sono piccoli borghi o scorci di città che in molti conoscono. Ma la gran parte delle persone ha perduto una capacità un tempo vitale per gli uomini: saper percepire l’aura di un luogo, ciò che da esso promana e lo caratterizza e che, così alonato, dona sensazioni mai provate né immaginate.

È questa l’Italia che Scanzi preferisce. Una parte di nazione non vilipesa dalle volgarità ammannite e offerte in gran quantità dai giornali radio. È un’Italia rara, difficile da individuare perché si nasconde per non essere infettata. Ma che è possibile scoprire.

Per riuscirci non sarà necessario avere un percorso bello e tracciato su d’una cartina geografica. Basterà offrirsi, come Scanzi fa, alle coincidenze: cogliere quei segnali minimi che vengono offerti a tutti noi e che, se ben intesi, possono aprire varchi di smisurata felicità e vitale chiaroveggenza.

Son questi gli ingredienti del girovagare di Scanzi. Non vi sono altre ricette segrete da conoscere. Ed egli le ha raccolte in un volume scritto in un idioma semplice, diretto, senza fronzoli: quasi leopardiano. È uno stile limato che invece di sovrastare ciò che descrive, fa a questi da cassa di risonanza. E quindi paesaggi e città parlano in prima persona, usando una lingua schietta e pulsante.

Certo non dispiacerebbe sapere come Scanzi ha mantenuto viva la facoltà di saper percepire le aure andando loro incontro pieno di meraviglia. Ma se non lo ha fatto è solo perché non vi può essere metodo in tale atteggiamento. Ciascuno si rapporta alla realtà – quella vera – nel modo che gli è più consentaneo. Ciò che è essenziale nutrire e mantenere è lo stupore: la sola chiave in grado di aprirci i tesori più straordinari.

E quindi si prenda in mano questo libro e si ripercorrano i luoghi, gli scorci e i particolari visitati dal suo autore. Si provi a entrare in comunione estatica con essi. E una volta appreso il segreto di questa filosofia perenne, si scoprano con coraggio altri luoghi ed altre aure.

Camminare sulle nuvole è facoltà comune. Ma sapervi stare coi piedi ben saldi, è prerogativa di pochi.

Questo è il diamante di cui Scanzi ci ha fatto dono con il suo ultimo libro. A noi il compito di curarlo e tramandarlo come un tempo gli alchimisti facevano con la pietra filosofale.

pierlu83

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