-di MAURIZIO BALLISTRERI-
Un aspetto della vita pubblica italiana è indubbio, dopo lo scontro tra la linea di “presidenzializzazione” della Repubblica di Mattarella e quella di sovranità nazionale dell’alleanza “giallo-verde”, la politica non sarà più la stessa.
Infatti, il tema della sovranità del popolo, consacrato invero nel comma 2 dell’art. 1 della nostra Costituzione (“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”), sarà di nuovo valore e principio fondativo della nostra democrazia, a petto della cosiddetta “Seconda Repubblica” in cui è stato ritenuto superato da una acritica adesione alla visione mondialista e a quella germanocentrica dell’Europa, in particolare da una pseudosinistra, nata dalla ceneri degli eredi del Partito comunista e della sedicente “sinistra democristiana”. E la sinistra elitaria italiana, accucciatasi, attraverso i vari tecnocrati alla guida dei governi, alle politiche di rigore dell’Europa della moneta unica, corre il rischio reale di diventare elitaria, isolata e senza popolo (e voti). Rischia cioè, di rimanere minoritaria, mentre già adesso appare ininfluente nel sistema politico del nostro Paese.
E d’altronde, il potere di costruire il proprio destino, di essere cioè, titolari di decidere con il voto e con gli altri strumenti della partecipazione democratica, non è certo una pretesa dei populisti. Si deve ricordare che uno dei Padri costituenti e insigne costituzionalista, Costantino Mortati, proprio per difendere le libertà democratiche, quella del voto in primo luogo, aveva teorizzato il “diritto di resistenza”, con il famoso emendamento presentato alla Costituente: “È diritto e dovere dei cittadini, singoli e associati, la resistenza che si rende necessaria a reprimere la violazione dei diritti individuali e delle libertà democratiche da parte della pubblica autorità”.
Ciò che l’antisovranismo fatica ad accettare è il fatto che la sovranità popolare quale si esprime nel suffragio universale, tutte e due vere e proprie pietre angolari della democrazia moderna, siano in realtà un tutt’uno con la sovranità nazionale, volendo restringere, invece, il diritto di voto, attraverso una sorta di “guerra di classe” condotta dall’alto, dalle élites sociali ed economiche, per abolire la democrazia a vantaggio di un’oligarchia di censo: la polemica contro il popolo a proposito della Brexit, della sconfitta di Renzi nel referendum del 4 dicembre 2016 e dell’elezione di Trump ha avuto alla base questa malsana aspirazione a restringere gli spazi di democrazia.
L’esistenza di questo legame inscindibile tra voto popolare e democrazia è testimoniata innanzitutto dalla storia: non è mai esistito, infatti, un regime democratico che non si sia affermato in uno spazio nazionale, rivendicando allo Stato-Nazione la sovranità su di esso, come opportunamente osservato da Eric Hobswam a proposito del ‘900 come “secolo breve”.
Né vale il richiamo alla Costituzione italiana, secondo cui sono ammessi limiti alla sovranità statale, a patto che, come afferma l’art. 11, avvengano “in condizioni di parità con gli altri Stati”, a proposito dell’Unione europea, posto che, in quella che è, lo si dica senza infingimenti, in atto solo una confederazione di Stati al cui interno alcuni hanno una unione monetaria, come nel bellissimo romanzo, metafora del comunismo autoritario sovietico, del socialista libertario George Orwell, “La fattoria degli animali”, qualcuno “è più eguale degli altri”, leggasi la Germania. Tutto ciò è avvenuto per colpa soprattutto delle inadeguatezze e delle incapacità della nostra classe politica e di governo, tutta nessuna esclusa, con il degradare della democrazia nella “teatrocrazia” temuta da Platone. Essa non ha fatto, in larga parte, e non fa altro che alimentare ancora di più l’avversione per le élites globaliste ed eurocratiche, nei confronti di quella concentrazione della ricchezza nelle mani di una ristretta oligarchia ultracapitalistica di stampo finanziario, divenuta teorema dei sistemi occidentali, i cui corollari in campo politico sono il carattere blindato del principio di maggioranza (per cui la sovranità reale appartiene al blocco sociale dei ceti raccolti attorno all’oligarchia); la circostanza che nella maggioranza dei casi i sistemi istituzionali liberali sono a carattere bonapartistico-presidenzialistico; la colossale concentrazione monopolistica dei mezzi di comunicazione di massa (diventati l’assolutistico demiurgo che forgia e plasma l’opinione pubblicaattraverso la creazione dei mainstream),con un mix di democrazia e di dittatura definito efficacemente “democratura”.
Per la sinistra italiana devono essere di monito e di straordinaria attualità le parole pronunciate da Pietro Nenni, nella seduta dell’Assemblea Costituente del 7 marzo 1946: “chi deve sparire sparirà, chi deve avanzare avanzerà forte della investitura del popolo sovrano”.
È quindi? Mattarella ha sbagliato?
Purtoppo nella politica italiana italiana ed europea sono venuti a mancare i socialisti. Per loro colpa (vostra, nostra), intendiamoci. La citazione della “pseudosinistra” è sacrosanta: i comunisti (preciso: i dirigenti comunisti) sono diventati liberaldemocratici senza passare dal via, ed i margheritini si sono stesi su Renzi a pelle di leopardo, mai ammettendo gli errori di visione e strategici. In Europa come capogruppo c’è stato prima Schultz! poi Pittella inesistente, e ora Moscovici, sostenitore dell’austerity… che si può pretendere…
Il lettore sopra chiede se Mattarella ha sbagliato. Si, per me ha sbagliato, ma prima di lui ha sbagliato il PD a rifiutarsi di intavolare una trattativa con i 5S ed infilarsi nelle loro contraddizioni, tentando di sottrarli all’abbraccio con la destra. Alle prossime elezioni ci sarà l’asfaltatura finale, poi (forse) da lì si potrà ripartire, ma non dimentichiamo che nel 2022 si eleggerà il Presidente della Repubblica nuovo, e se questi avranno (come tutto lascia prevedere) la maggioranza assoluta ci sarà da ridere (da piangere). Buona giornata