-di ILENIA ABBONDANZA-
Quarant’anni sono trascorsi da quel 22 maggio del 1978, giorno in cui faceva il suo ingresso nel nostro ordinamento la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza. Le continue messe in discussione di un diritto acquisito, le persistenti pressioni sociali tese a stigmatizzare e condannare le donne che compiono, la già di per sé, lacerante scelta di abortire, non bastano. Un fortuito gioco di coincidenze ha voluto, infatti, che, proprio durante la settimana dedicata a tale ricorrenza, centinaia di cittadine e cittadini si vedessero costretti a scendere in piazza contro la chiusura della Casa Internazionale delle Donne di Roma.
Da sempre luogo di aggregazione e confronto per tantissime donne, la CID rischia di serrare le porte. La prima amministrazione capitolina a guida femminile (altra beffa del destino), a causa di un debito contratto dal Centro nei confronti del Comune, intende indire un bando per l’assegnazione degli spazi e dei servizi rimpossessandosi di tale struttura. “Giù le mani dalle donne”, “La Casa siamo tutte”, questi alcuni degli striscioni che capeggiavano le manifestazioni di protesta di questi giorni. Anche molti volti noti dello spettacolo, fra cui l’attrice Jasmine Trinca, sono scesi in campo per la salvaguardia di questa importante realtà del femminismo italiano. Il Presidente della Regione Nicola Zingaretti, ha dichiarato che proporrà alla giunta di dichiarare la CID sito di notevole interesse pubblico.
Una grande eco mediatica, dunque, si è riversata su questa battaglia. Battaglia che, però, poggia prima di tutto sul disagio e sul malessere di migliaia di donne che oggi, come quarant’anni fa, impedite nel pieno esercizio dei diritti conquistati, si ritrovano a dover combattere ancora contro una società e una politica che sempre troppo spesso ignorano, o peggio osteggiano, la richiesta di completa libertà e parità “dell’altra parte del cielo”.