-di MAURIZIO BALLISTRERI-
Da 145 anni si parla di “questione meridionale, espressione utilizzata per la prima volta nel 1873 dal deputato della sinistra radicale del tempo, il repubblicano Antonio Billia, per definire le condizioni di arretratezza del Sud d’Italia rispetto al Nord, divenuto più ricco e progredito proprio grazie all’unificazione.
I motivi del divario, divenuto sempre più crescente, sono noti e su di essi è fiorita un’ampia letteratura anche di carattere scientifico. Ciò che più è complesso da tentare di individuare, riguarda le ricette, economiche e sociali, per risolvere i nodi gordiani del Mezzogiorno, primo tra tutti quello della fuga dei giovani.
Alcune ipotesi appaiono velleitarie, come quella di una sorta di “Piano Marshall per il Mezzogiorno” e della fiscalità di vantaggio per attrarre investimenti nazionali ed esteri: la camicia di Nesso euromonetarista non lo consentirebbe.
Tra le ipotesi oggetto di discussione quella che appare suggestiva, ma anche fondata, è, invece, relativa ad una Macroregione Mediterranea Centro-occidentale, tema su sul quale avuto luogo di recente un importante convegno nell’Università di Messina.
Un’ipotesi che consentirebbe al Sud complessivamente di aumentare la propria consistenza sia demografica che economica, conferendogli, finalmente, soggettività politica.
In questa prospettiva, una macroregione del Sud d’Italia integrata con le aree territoriali del Maghreb e dell’Europa latina, potrebbe costituire il punto di incontro delle nuove rotte della globalizzazione, segnate dall’ormai prepotente ruolo della Cina, ma anche dall’emergere di alcune potenze africane, che hanno già ridefinito l’asse geopolitico ed economico verso il Sud del globo. Un nuovo quadro internazionale che potrebbe dare un ruolo significativo alla Sicilia e alla Calabria, in una logica di interazione con il Sud d’Europa (segnatamente con parte della Spagna) e di partnership con il Nord d’Africa, per intercettare merci e capitali che provengono dalle aree di nuovo sviluppo del mondo, in una logica di nuova centralità del Mediterraneo.
Proprio la Macroregione del Sud potrebbe costituire lo strumento per rimuovere la condizione che il nostro Meridione storicamente ha subito di “deserto vascolare”, a patto che si ponga un’adeguata strategia infrastrutturale che renda il Mezzogiorno attrattivo e competitivo.
E quindi, il Ponte sullo Stretto di Messina, fattore fondamentale per integrare il Mezzogiorno con l’Europa continentale e attribuire centralità alla Sicilia nella ricomposizione della frattura mediterranea, facendo della Sicilia l’isola globale nell’era multipolare e, attraverso il ponte, una grande piattaforma logistica italiana nel Mediterraneo; rilancio della concezione strategica dell’Area integrata dello Stretto con i suoi sistemi infrastrutturali complessi che abbiano come obiettivo lo sviluppo del Mezzogiorno con i “grandi assi” e i “nodi” ed il completamento del Corridoio Scandinavo-Mediterraneo, oltre all’estensione dell’Alta velocità alla Calabria e alla Sicilia con la conseguente captazione dei flussi di merci nei porti meridionali rispetto all’economia del Nord Italia.
Certo, obiettivi che possono apparire velleitari in un Sud prigioniero, tra l’altro, da logiche localistiche e da piccole gelosie di dannosi potentati di potere. Ma hic rhodus hic salta, e senza una strategia globale ed europea il nostro Mezzogiorno è destinato ad una prospettiva di ulteriore arretramento.
La Macroregione mediterranea potrebbe essere, invece, uno strumento decisivo per un’ipotesi di sviluppo che esalti, tra globale e locale, il territorio meridionale, costruendo quella glocalizzazione descritta tra gli altri dal sociologo Zygmunt Baumann, secondo il quale: “la glocalizzazione è innanzitutto e soprattutto la redistribuzione di privilegi e privazioni, di ricchezza e povertà, di capacità e incapacità, di potere e impotenza, di libertà e costrizione (essa è, si potrebbe dire, un processo di ristratificazione universale, nel corso del quale viene messa insieme su scala mondiale una nuova gerarchia socio/culturale che si auto-riproduce)”, essa in buona sostanza risulta essere la “capacità di usare il tempo per annullare la limitazione dello spazio”.