-di MATTEO VISMARA-
Il 13 aprile ricorre l’anniversario della nascita del pastore Pietro Valdo Panascia nato appunto il 13 aprile del 1910 a Reggio Calabria.
Ai più questo nome potrà non dire nulla ma per chi ha seguito, oltre che dal punto di vista religioso anche da una visione di lotte civili contro la mafia, vale la pena di ricordarlo e rinnovare la memoria di questo uomo mite ma nello stesso tempo forte e risoluto.
Suo padre Biagio, un ragusano tosto va a fare l’ operaio a Brescia, diventa evangelico e ritorna nella sua terra a praticare il verbo. Comandato a Pachino, presto si scontra con le male piante che allignano da sempre, come la gramigna, nell’ Isola: gli usurai. Il giovane pastore raduna gli uomini di buona volontà del paese e con loro fonda la Banca di credito cooperativo. Gli usurai sono serviti. Ora artigiani e contadini possono trovare quei soldi indispensabili per lavorare senza farsi strozzare dagli sciacalli. E da qui, Pietro Valdo, impara cosa significa stare dalla parte degli oppressi.
Tra le molte opere e azioni intraprese oggi vorrei ricordare quella del 1963 quando Panascia fece scalpore con la “Iniziativa per il rispetto della vita umana”, un manifesto contro le stragi mafiose — nel particolare, si riferiva alle stragi di Ciaculli e Villabate — affisso per tutta la città. La chiesa valdese fu la prima chiesa cristiana di Palermo a profetizzare contro la Mafia, al punto da suscitare la reazione stizzita della Segreteria di Stato Vaticana nei confronti dell’allora arcivescovo di Palermo, Ernesto Ruffini, “reo” secondo il Vaticano di aver lasciato questa sacrosanta battaglia ai valdesi. Proprio con Danilo Dolci, Panascia portò avanti un dialogo e una collaborazione su tematiche di comune interesse. Nel 1968, poi, Panascia — instancabile — si diede da fare anche per le popolazioni terremotate del Belice.
Un uomo che non ebbe esitazioni a scontrarsi con la Mafia, a combatterla con la forza della Fede e degli ideali, rischiando anche la vita.
E’ solo un breve inciso ma significativo, almeno per me.
Il pastore Panascia come altre figure ci insegna che in ogni posizione occupata nella vita si puo’ e si deve fare tutto il possibile per aiutare gli altri e difendere davvero i più deboli e i più poveri.
Continuo a battere su questo tasto anche in riferimento ai nostri “nuovi“ politici che, nonostante si lavano la bocca di buoni propositi , alla fine si ancorano nei personalismi e nelle ambizioni personali perdendo di vista il quadro generale e i bisogni della collettività.
Ci vuole coraggio. Il coraggio dei semplici; il coraggio degli umili! Ci vuole il coraggio dell’UMILTA!(parola ormai dimenticata e spesso disprezzata come se fosse segno di ingenuità o stupidità).Io mi auguro che l’esempio di questi uomini possa almeno fare riflettere (è chiedere troppo?) chiunque abbia voluto a tutti i costi prendersi delle responsabilità di potere o di gestione!
Non è impossibile. Basta solo la buona volontà dei giusti!