Le balle indecenti degli ayatollah

-di POLITICO-

Grazie al pezzo di Alistair Coleman su BBC online, siamo informati che il terzo canale della televisione iraniana, nel raccontare l’incontro di calcio tra Roma e Barcellona, ha oscurato le graziose tettine della lupacchiotta che da quasi tre millenni fa da nutrice a Romolino e Remino abbandonati dall’improvvida madre. Le immagini mostrano il commentatore, con alle spalle lo scudo di Roma A.S. con evidenti abrasioni nella parte centrale. Dal ritocco escono male anche le capoccette dei due fratellini. Fin qui il fatto.

Politico, che ha più di un problema con l’accaduto, si pone qualche domanda. Ad esempio, come reagiranno i romanisti toccati nell’onore e nell’amore? Loro a quelle tette sono abituati ad attaccarsi per nutrire di speranza i sogni insoddisfatti di scudetti e coppe, come mostra la sonora sconfitta con il Barcellona. Ma, come da sempre sanno gli umani, la speranza è l’ultima dea, e non va cancellata, soprattutto da chi si proclama religioso.

E poi: la crudeltà del censore sofferente di prurigine acuta al cervello non ha proprio limiti? Ma come, quei poveri bimbi già soffrono di assenza di latte materno, vogliamo togliere loro anche quello lupesco?

E ancora: come reagiranno animalisti, Wwf, Ong per la protezione di specie e ambiente? Con tutto quello che si fa, ad esempio in Italia, per preservare la specie lupina, non è un bello spettacolo questo delle tette lupesche fatte a fette, manco fossero prosciutto dell’orripilante (per l’islam) maiale!

E poi: ma che c’avranno di male ‘ste tette? E qui Politico deve aguzzare l’ingegno, perché lui di male non ci vede proprio niente anzi, in genere ci vede parecchio di bene, in quanto quelle ghiandole secernenti latte, trasmettono vita, benessere, calore, conforto, quiete. Talvolta, confessa, anche eccitazione e tormento, ma vale solo per quelle umane. Che i reggitori religiosi islamici soffrano tempeste ormonali con le lupe, ohibò può risultare persino un po’ rischioso. Se potesse, direbbe loro: suvvia! Statevene alla larga … quelle hanno unghie e denti peggiori persino dei vostri!

Due ricordi, che stanno in tema.

Il primo è un viaggio, da studente, in Medio Oriente. Politico partì con la ragazza e una coppia di colleghi, per andare alla ventura tra Siria, Egitto, Giordania, Libano. All’ingresso nella grande splendida moschea degli Omayyadi di Damasco, a tutti fu richiesto di togliere le calzature, e alle ragazze imposto d’indossare una sorta di saio con cappuccio. Mai visitata una moschea, faceva piuttosto caldo, e così lo sprovveduto, sorridendo, chiese al custode perché esse sì e i maschietti no. La risposta fu: “per coprire i capelli”. Ancora più sprovveduto, Politico di rimando: “E che c’avranno de diverso dai nostri, ‘sti capelli loro pe’ rompe tanto?”. La risposta, agghiacciante pur nel torrido agosto: “Beh, sai, fanno pensare ad altro pelo”. Politico, dopo infiniti decenni, prova ancora profonda vergogna nel raccontare una conversazione tanto impudica, perché avvenuta in un luogo sacro, non nella sala d’aspetto di un casino. Rifletté che quella era roba da ospedale psichiatrico, fissazione maniacale frutto di fantasie degenerate di massa coltivate in secoli di allucinazioni collettive, concludendo che qualche grosso problema l’islam doveva averlo con le donne. Crescendo si fece l’idea che l’islam pratichi un’enorme criminale sciocchezza nei confronti della metà dei suoi fedeli, probabilmente quella più ferventemente credente. Un decennio fa, lesse la ricerca di economisti musulmani, finanziata dalle banche islamiche, sull’arretratezza mediorientale. Nelle conclusioni gli economisti rilevavano che l’handicap strutturale che spiegava l’arretratezza dell’economia e delle società arabe e iraniana, era senza dubbio il fatto che la metà della popolazione (quella femminile, appunto) venisse esclusa. Quella pattuglia di benpensanti si chiedeva: se partiamo con il 50% in meno di chance rispetto ai concorrenti, quando e come potremo mai competere con loro? Politico trovò conforto nell’interrogativo.

Secondo ricordo, il grazioso lieve film dell’iraniano Jafar Panahi,  Offside, che in italiano sta per “fuorigioco”, termine che per gli adepti al calcio significa trovarsi oltre la linea difensiva avversaria e quindi esclusi dalla possibilità di partecipare ad un’azione di gioco. Nella pellicola, prodotta nel 2006, Orso d’argento a Berlino, girata in Iran ma proibita dal regime, compaiono Sima Mobarak Shahi, Safar Samandar, Shayesteh Irani, Ida Sadeghi, Golnaz Farmani. L’ora e mezzo di film narra la storia di Mahnaz Zabihi, Nazanin Sediq-zadeh, Mohammad Kheir-abadi, Masoud Kheymeh-kabood, Ali Baradari, Mohsen Tabandeh, Reza Khayeri, Karim Khodabandeh di alcune ragazzine, innamorate del calcio, che vogliono a tutti i costi vedere la qualificazione ai campionati mondiali che la squadra della nazionale sta per giocare con Bahrein. In Iran le ragazze non sono ammesse allo stadio, quindi le aspiranti tifose si camuffano da maschi, falsificano biglietti d’ingresso e quant’altro, pur di entrare. Vengono inevitabilmente placcate, arrestate, e “torturate” in una sorta di recinto nel quale ascoltano i rumori dello stadio senza nulla poter vedere. Familiarizzano con qualcuno dei soldati, ma non arrivano a convincerlo di lasciarle andare, troppa è la paura del castigo. A metà secondo tempo sono caricate sulla camionetta per essere condotte al commissariato. Si libereranno una dopo l’altra, in tranquillità, grazie alla festa collettiva di strada per la vittoria dell’Iran che coinvolge anche i carcerieri.

Nel film, il quadretto della teocrazia strettamente basata sui dettami dell’islam sciita, è ricco di situazioni e conversazioni surreali (quando una delle ragazze chiede di andare in bagno, il no è inevitabile perché lo stadio non ha bagni per le donne; di fronte al rischio di … inondazione, un soldato accompagna la ragazza alla toilette; le consentirà di procedere, solo dopo aver svuotato lo stanzone da ogni presenza maschile e trovato il modo per impedire nuovi ingressi, mentre si crea la fila dei maschi in attesa che premono …), con la caratterizzazione ben definita di nevrosi e tic di sopravvivenza che ciascuna delle ragazze è “costretta” a sviluppare in risposta ai divieti religiosi ai quali è sottoposta. Alle ragazze che chiedono il perché del divieto, si oppone il bisogno di “proteggerle dalla violenza fisica e  verbale” alla quale andrebbero sicuramente incontro nello stadio.

Viene da pensare che se tanto mi dà tanto, un giorno o l’altro gli ayatollah e la guida suprema della rivoluzione islamica iraniana proibiranno pure il calcio: in fondo le tette della lupa sono molto meno tentatrici delle palle che rotolano in campo!

 

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