2 aprile 1978: quella strana seduta spiritica e i misteri del caso Moro

-di GIULIA CLARIZIA-

C’era una volta, e c’è ancora, l’Italia dei misteri.

“Leggenda” narra che il 2 aprile del 1978, nel pieno della tragedia del rapimento Moro, alcuni illustri uomini della vita politica e accademica del paese, decisero di dare un pizzico di esoterismo a quella che poteva essere un semplice pomeriggio tra amici.

Pioveva, sui colli bolognesi. Nella sua casa di campagna a Zoppolino, Alberto Clò, docente universitario, decise di organizzare un pranzo insieme ad alcuni colleghi e alle loro famiglie. Tra questi Romano Prodi, futuro presidente della Commissione Europea e presidente del Consiglio dei Ministri. Immaginiamo il caffè sul fuoco dopo un pranzo abbondante, le bottiglie di vino mezze vuote. I bambini, cinque, giocavano spensierati.  Gli adulti scherzavano seduti intorno al grande tavolo di quella cucina di campagna.

Una briscola? No dai, facciamo qualcosa di diverso. Con questa lugubre pioggerellina fuori, è proprio il clima giusto per invocare gli spiriti.

Chi è appassionato di esoterismo sa che con i fantasmi non si scherza. Ma quel pomeriggio- sarà stato il vino- si aveva voglia di sfidare con goliardia i limiti dell’umana conoscenza. Immaginiamo il dissenso di qualcuno più suscettibile, le risate di chi, spavaldo, agli spiriti non ci crede. Ma sì, dai, facciamo il gioco del piattino. Chiediamo a don Sturzo dove hanno nascosto l’onorevole Aldo Moro.

Verrebbe da immaginare un forte tuono. I bambini che urlano. Il piattino che inizia a schizzare da una parte all’altra del tabellone dove sono stati scritti i numeri e le lettere dell’alfabeto, fino a comporre le fatidiche parole: “Gradoli, Cassia, Viterbo”.

Invece no. Questa non è una leggenda, e i dettagli di questo particolare pomeriggio sono riportati nelle svariate interrogazioni ai presenti da parte della Commissione Stragi.

Il clima era rilassato, c’era chi si alzava dal tavolo, chi si distraeva. La parola “Gradoli” emerse tra tante parole e numeri senza senso. Che sia stato don Sturzo a farla apparire, o uno dei presenti (sebbene tutti gli interrogati concordano sul fatto che nessuno spingeva il piattino) non è dato saperlo.

Quello che sappiamo, è che proprio la parola “Gradoli” saltò all’attenzione dei partecipanti perché nessuno di loro dichiarò di conoscere l’esistenza di un luogo con quel nome nei pressi di Viterbo, e che spinti dalla curiosità, lo identificarono in quell’occasione su un Atlante.

Allora, il dubbio. Romano Prodi, che sarebbe andato a Roma nei giorni seguenti, il 4 aprile comunicò l’accaduto alle autorità.

Il seguito è storia nota, e più che un caso di magia oscura, sembra essere uno di quegli episodi purtroppo frequenti nelle indagini degli anni di piombo, in cui c’è sempre qualche conto che non torna.

La polizia si recò nel fatidico paesino di Gradoli, nella vana ricerca del covo di Aldo Moro. Sembra che a nessuno venne in mente di controllare a via Gradoli, a Roma, una traversa di via Cassia, dove solo un paio di settimane prima un setaccio della polizia aveva lasciato incontrollato l’interno 11 del civico 96, nonostante una vicina avesse rivelato di aver sentito degli strani rumori.

Solo il 18 aprile, proprio in quell’appartamento, venne scoperto un covo di brigadisti. L’inquilina del piano di sotto denunciò ai pompieri un’ingente perdita d’acqua dal piano di sopra. I pompieri irruppero nell’appartamento e trovarono la doccia misteriosamente aperta verso un buco nel pavimento e, colpo di scena, il covo di Mario Moretti, militante delle BR identificato come principale responsabile del sequestro Moro.

Al di là della suspense di un racconto facilmente romanzabile per la sua peculiarità, una seria riflessione sull’accaduto è doverosa.

Sull’argomento si sono versati fiumi d’inchiostro. Probabilmente, la realtà di quello che accadde durante quei durissimi 55 giorni e negli anni avvenire delle indagini, verrà chiusa nella tomba di più di qualcuno.

Intanto ci accontentiamo di supposizioni più o meno fondate, tra le quali le più ardite sostengono che a qualcuno- da questa o dall’altra parte dell’Atlantico- far fuori un uomo che poteva rivelare i più profondi segreti dello stato e che avrebbe potuto lasciare una porta aperta per i comunisti al governo, poteva anche far comodo.

 

giuliaclarizia

Rispondi