I suoni e le metafore, parallelismi tra mondi cosiddetti “diversi”

-di MANUELA CIPRI-

Lines Written in Early Spring

(righe scritte all’inizio della primavera)

I heard a thousand blended notes,
While in a grove I sate reclined,
In that sweet mood when pleasant thoughts
Bring sad thoughts to the mind.

To her fair works did nature link
The human soul that through me ran;
And much it grieved my heart to think
What man has made of man.

In questa poesia di William Wordsworth si inseriscono una serie di connessioni cognitive stimolate dagli aspetti metonimici e metaforiche,  le misure , le linee che l’essere  umano  deve  saper ascoltare, sentire, interpretare anche se molte volte non ne comprende  il significato. Emozione di un momento,  di un suono, che può  assumere interpretazioni diverse, che  sembra entrare in un profondo senza poter essere decifrato. Questo è il fenomeno che oggi ci appare nell’universo e nello spazio della comunicazione della rete, un’affascinante immensità di suoni, parole, atteggiamenti, emoticon, che si riflettono in una rete senza definizione di spazio e di tempo. Il boschetto che si trasforma in foresta, come luogo di forze segrete sempre interagenti con la vita mortale, insieme a quel vagare del pensiero che mette il protagonista su piani diversi  della realtà. I  diversi suoni a cui si riferiva Wordsworth possono essere metafora di un tempo diverso, quello dei datacracy,  un neologismo  composto da  due parole di origine latina data-  che deriva da  dare data space, area virtuale in cui un utente, grazie alle interfacce amichevoli che riproducono ambienti realistici, può muoversi con una certa facilità, e il confisso -cracy potere, dominio, dei dati. Insieme compongono il dominio dell’  informazione, le molteplici notizie, le connessioni, le culture, gli usi, rendono un  sapere costante senza rilevare o individuare dove sia la verità.

 Rileggendo  Wole Soyinka, drammaturgo nigeriano, primo  africano a essere insignito del Premio Nobel per la letteratura, ritrovo lo stessa idea  in   La danza della foresta,  dove si  narra di una festa della foresta, metafora della celebrazioni per l’indipendenza nigeriana, che in realtà dopo un entusiasmo iniziale per un futuro luminoso, individua la  costante storica,  quella della violenza, che perpetra nei secoli e che è la costante  di ogni essere umano, e che nuove generazioni cercano attraverso il rinnovamento. La foresta, ossia l’insieme degli esseri, alberi secolari, vegetali e animali,  si chiedono: avevano chiesto degli illustri antenati  ci hanno dato degli accusatori. Il teatro diviene luogo del misurarsi, che ti porta a pensare nello spazio limitato nello  spazio infinito della impenetrabilità della parola, dell’intuire, senza capire fino in fondo ciò che è intorno a noi.   Oggi il protagonista pur stando seduto su una panchina, continua ad ascoltare, seguire, leggere , messaggi dal telefonino, i tweet che lo inseriscono in una società non fatta più di persone fisiche, ma di spiriti che provengono da chissà dove e da chissà  chi…, tutto sembra calmo, in realtà  è solo apparenza, è solo irrealtà nella possibile realtà di ogni istante,  è come  risentire lo spirito delle formiche nella  Danza della foresta  di Soyinka :  siamo i corpi senza testa/ Quando la pala del progresso scava nel passato. In molte narrazioni contemporanee c’è sempre un’interruzione di un’azione dovute alla recezioni di messaggi, tweet, testi di e-mail (che di solito sono riportati con un carattere diverso da quello del testo), queste intromissione costanti nella vita di ognuno di noi ci trasporta dalla calma per i suoni del boschetto di Wordsworth, al suono imponente della foresta africana, al suono incombente di una giungla di cemento prodotta dalle continue suonerie che ci sembrano risvegliare come degli dei della foresta, dandoci soluzioni e inserendoci riflessioni profetiche, ma come sostiene Soyinka uomini e dei sono consapevoli di una primordiale separazione tra loro e costantemente cercano di colmarla con un ponte , per mezzo di un rituale, costituito principalmente da suoni e ritmi che cercano di dare significato alle parole, che molte volte ingannano l’ascoltatore perchè non riesce a percepire fino in fondo quello che gli dei attraverso i profeti di tutti i giorni vogliono dire, rimanendo sempre alla ricerca della mitica Parola.

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