I comunisti, la Dc: come si arrivò alla fiducia del 16 marzo 1978

-di GIULIA CLARIZIA-

“Compagno Berlinguer, ce lo dicono dal Cile, il compromesso storico si fa con il fucile”.

La strategia adottata dal segretario del PCI Enrico Berlinguer a partire dal 1973, nota con il nome di “compromesso storico”, era fortemente osteggiata da molteplici settori della politica italiana, e non solo.

La proposta, era quella di affrontare la grave crisi economica e politica che stava affliggendo il paese creando un nuovo governo di solidarietà nazionale a cui avrebbero dovuto partecipare tutti i partiti democratici -tra cui il PCI-, come dopo la svolta di Salerno del 1944.

Siamo nel cuore degli anni ’70. Anni di crisi, di transizione, di cambiamento. Dal punto di vista economico, l’Italia era stata colpita dalla crisi che nel 1973 fu scatenata dallo shock petrolifero, la cui conseguenza diretta fu quella del dilagare della disoccupazione e al tempo stesso, dell’inflazione. Il malcontento sociale, che solo pochi anni prima aveva infiammato le strade con le proteste del ’68 e del ’69, era sfociato in qualcosa di più complesso. Si erano strutturati infatti i gruppi extra-parlamentari, sia di destra che di sinistra, che con intenti rivoluzionari commettevano le ben note azioni violente che caratterizzarono gli anni di piombo.

Fuori dai confini nazionali, in Cile, il governo di larga intesa di sinistra di Salvador Allende veniva spodestato dal sanguinoso colpo di stato, appoggiato dalla CIA, che vide la morte dello stesso statista cileno e l’instaurazione della dittatura di Pinochet.

Di fronte a tutto questo, Berlinguer avanzò la sua proposta, che sollevò lo sdegno (quasi) di tutti. L’ala destra della Democrazia Cristiana non voleva saperne. I socialisti di Craxi temevano che fosse un tentativo di marginalizzare il PSI. L’estrema sinistra, vi vedeva il tradimento del partito rispetto ai suoi ideali rivoluzionari. E soprattutto, in un contesto di guerra fredda, gli Stati Uniti non avrebbero mai permesso l’entrata del PCI nel governo italiano.

Alle elezioni del 1976, tuttavia, il PCI prese il 34,4%. La DC era al 38,7. Come formare un governo? Intanto continuavano ad esplodere le bombe. Nell’ala sinistra della DC c’era qualcuno che credeva che il dialogo con il PCI fosse indispensabile per far fronte a tutto questo. Era Aldo Moro. Non a caso, egli intraprese un viaggio negli Stati Uniti dove incontrò l’allora Segretario di Stato, Kissinger, e tornò con una proposta risolutiva. Al governo, composto unicamente da ministri democristiani, sarebbe andato Andreotti, uomo fidato degli americani. I comunisti ottennero la presidenza della Camera per Pietro Ingrao. Quando si votò la fiducia al governo, essi uscirono dall’aula. Questa azione, che passò alla storia come “astensione costruttiva”, permise il raggiungimento del quorum per la fiducia. Ma la situazione nel paese non si stabilizzava, e Berlinguer non aveva abbandonato l’idea di portare il proprio partito al governo. Continuavano le trattative.

Nel 1978, una crisi di governo aveva portato alla necessità di dar vita a una nuova legislatura. Il frutto delle precedenti trattative era stato la proposta di un ulteriore governo Andreotti monocolore, ma basato sulla stesura di un programma insieme ai comunisti. La fiducia a questo governo si votò quella terribile mattina del 16 marzo, in grande fretta, e con una larga maggioranza. Non c’era tempo per discutere. Solo un’ora prima, Aldo Moro era stato rapito dalle Brigate Rosse.

 

giuliaclarizia

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