-di FRANCESCA VIAN-
“Stanotte guardiamo le stelle” è l’autobiografia di un giovane afgano, Ali Ehsani, scritta con Francesco Casolo (Feltrinelli, 2017, euro 9).
Il titolo suggerisce qualcosa di romantico. Invece no. I due fratelli Ali e Mohamed, di anni 8 e 17, scappano dall’Afghanistan, dopo che un razzo ha ucciso i loro genitori. Devono distendersi sopra il tetto di un furgone; il fratello grande dice a quello piccolo che no, stanotte non guarderanno le stelle; dovranno distendersi a pancia in giù. Diretti in Iran, escono così dal paese, per non farvi mai più ritorno, eludendo i controlli dei talebani, che fermano l’automezzo con prepotenza, ma non li vedono.
Ora forse in Italia, i due fratelli Ehsani potrebbero guardare le stelle, come nelle tracce della loro infanzia. Ma il più vecchio non c’è più, naufragato nel tentativo di passare il mare Egeo, a bordo di un canotto, con altri due giovani, mentre il fratellino lo attendeva in Turchia.
In questo viaggio durato 5 anni si attraversano i confini occultati nei tir, si abbracciano man mano i nuovi stati con la forza della speranza, si passano a piedi le dogane, nella sabbia, nella melma; si incontrano predoni, ci si avvilisce in un campo di concentramento, fino a non parlare più. Si sorride alla vita che avanza, con i suoi dolori insopportabili, ma che poi ritorna sempre a portarti, se non altro il dolce ricordo di tuo fratello, delle sue facce buffe, della sua mano grande che ti tiene.
Ali deve farsi coraggio e proseguire. Nascosto sotto un tir, riesce a vedere i profili delle case di Ancona. Ma un cane, a passeggio nel traghetto, avverte la sua presenza, e cerca di addentarlo; il conducente capisce che ha un bambino nascosto sotto l’automezzo, sbatte una barra di ferro contro il camion, si china sotto il mezzo. Potrebbe ancora forse scappare, ma le gambe sono immobili, paralizzate dalle venti ore rimaste aggrappate fra i ferri; lo prendono, e Ali torna in Grecia.
Approda dopo qualche tempo a Venezia, sotto un altro tir. Appena scende, un signore regala a lui e a un amico 50 euro, un buon auspicio. Non si è mai sentito tanto solo, come in Italia; prima aveva dentro il calore della speranza, ora invece ha di fronte la vita. La sua famiglia rimane un ricordo, dolce, ma anche crudele, per il terrore di dimenticare, per la coscienza della perdita immensa, che Ali tiene sopita, per istinto di sopravvivenza, fin da quando ha visto le macerie della sua casa, e ha creduto di avere sbagliato strada.
In Italia si imbatte nelle miserie di chi traffica sulla tratta degli esseri umani. Gli impiegati del centro di accoglienza gli rubano la borsa di studio, ottenuta studiando anche di notte, alla luce di una torcia, mentre in camerata tutti lo prendono in giro: “Avevo passato diversi centri di accoglienza e adesso vivevo in prima persona quello che poi sui giornali è passato alle cronache come lo scandalo di Roma capitale: ruberie da parte dei gestori dei centri, imbrogli perpetrati contro il comune per far credere che fossimo di più e ricevere più soldi, stratagemmi per lucrare su di noi.”
Si avverte la tensione spirituale delle eterne domande sulla nostra esistenza: il protagonista deve confrontarsi con la solitudine assoluta, con il solo conforto di momentanei compagni di viaggi. Sono vite straziate dalla guerra, dalla prepotenza, dalla follia. Non viene nominata mai alcuna religione, come se il viaggio fosse di uno, ma anche di tutti.
Il giovane profugo è cresciuto e si è laureato in Giurisprudenza. Il libro è dedicato a quelli che gli sono stati vicini, ma è al fratello, in verità, che è edificato questo monumento di parole. Una presenza dolce, a tratti femminile, quasi una mamma buona che lo tiene stretto per mano, fino a che la durissima legge del mare strappa quel fortissimo legame.
Pregevole lo stratagemma letterario dell’autore: egli parla in prima persona, ma tiene vicino a sé anche il fratello, colloquiando non con il lettore, ma con un ‘tu’ sempre presente, a ogni ora accanto. Adesso che il fratello è una parte di sé, deve arrivare in Italia per realizzare il suo sogno di vivere da uomini liberi, ideale che egli ha pagato con la vita. L’Italia è la libertà, il poter andare a scuola, il circolare senza essere arrestati o uccisi da un missile, o perseguitati perché afgani turkmeni.
Noi italiani possiamo essere anche orgogliosi della nostra libertà, dovuta a chi ha combattuto prima di noi contro l’oppressione. Possiamo anche pensare che non la perderemo, se la dividiamo. Siamo certi che chi ha ottenuto questa libertà non volesse tenerla solo per gli Italiani, perché è scritto nella Costituzione: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
La libertà funziona come le tutte le Idee: se dividi con altre persone un’Idea, non la smarrisci, la rafforzi.
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