Stragi negli USA: è un problema risolvibile

– di FEDERICO MARCANGELI –

Ci risiamo, l’ennesima strage compiuta negli USA per mano di uno squilibrato in possesso di armi da fuoco. Come al solito, il crocevia di eventi del genere è una scuola, il terreno preferito degli psicotici armati a “stelle e strisce”. Questa volta i morti sono 17 ed i feriti 15, attirati fuori dalle aule con l’attivazione dell’allarme antincendio della high Marjory Stoneman Douglas di Parkland (a nord di Miami). Il diciannovenne autore ha utilizzato un Ar-15 semiautomatico, in grado di sparare una media di 6 colpi al secondo (più o meno, in base alla bravura del tiratore). Vi risparmio le reazioni ridicole di Trump e dei repubblicani, perché non ho alcuna voglia di ammorbarvi con le solite frasi “prestampate” dalla National Rifle Association (l’intoccabile lobby delle armi statunitense) e guidate da una cieco amore per l’essere armati. Ma non disperiamo, al Congresso ci sono anche voci illuminate, come quella del democratico Chris Martin: “L’epidemia di stragi di massa, questo flagello di sparatorie nelle scuole, una dopo l’altra, succede solo da noi non per coincidenza, per sfortuna, ma come conseguenza della nostra inazione. Noi siamo responsabili del fatto che in questo Paese si ha questo livello di atrocità di massa che non ha nessun paragone in altre parti del mondo”. Un intervento duro ma che centra il punto fondamentale: l’inerzia degli Stati Uniti. Dopo ogni strage del genere i vari presidenti hanno tergiversato o non hanno avuto i numeri per imporre una regolamentazione più stretta su questi strumenti di morte. Si pensi che in alcuni stati non è necessario alcun tipo di porto d’armi, mentre in altri non esiste alcuna regolamentazione per la compravendita tra privati. Una legislazione frammentaria e lacunosa che in media si presenta molto poco restrittiva. Nel caso di Parkland la legge vigente era quella della Florida, mediamente permissiva rispetto ad altri stati. L’età minima per l’acquisto di una pistola è 21 anni, mentre 18 è il limite per il possesso (ad esempio ereditata da un parente). Discorso simile per le armi a canna lunga semiautomatiche. L’acquisto avviene in circa 3 giorni e si effettuano controlli su fedina penale (principalmente su reati violenti) ed eventuali ricoveri in strutture psichiatriche. Apparentemente il rilascio sembrerebbe essere abbastanza sicuro, il problema è che il sistema di controlli è lacunoso e non riesce a stare al passo con la mole di armi diffuse su tutto il territorio. In tutti gli USA ci sono circa 270 milioni di armi e verificare il rispetto dei requisiti per ognuna di esse è pressoché impossibile. Questa enorme quantità alimenta inoltre una fitta compravendita tra privati, difficilmente controllabile al 100%. A ciò aggiungiamo il taglio di risorse (di circa il 16%, 12 milioni di dollari) al Gun Background Check System (il sistema che controlla fedina penale e sanità mentale) effettuato da Trump: eccoci servito un vero e proprio colabrodo. Nel 2016 (ultimo anno di cui si hanno dati ufficiali) sono state 38’000 le vittime di armi da fuoco, di cui 11’000 sono state uccise. Si perché il 60% delle vittime si riferisce a suicidi, un numero crescente nelle aree in cui la regolamentazione è più blanda. Le vittime (ed i suicidi) diminuiscono invece nelle aree con una legislazione più stringente.
La soluzione per diminuire morti e stragi c’è ed anche in altri stati ha funzionato. Dopo la strage di Hobart (anche nota come “Massacro di Port Arthur”) del 1996, il governo Australiano strinse le maglie della sua legislazione, facendo diminuire drasticamente il numero di morti (il 50% in meno rispetto al decennio precedente) ed eliminando definitivamente il problema delle stragi. Si perché da quel nefasto giorno nessun’altra strage armata avvenne in Australia; certo non è una formula assoluta per l’eliminazione del problema, ma sicuramente ne riduce drasticamente l’incidenza. Le nuove norme vietarono fucili automatici e semi-automatici, rendendo molto più ferree le regole di rilascio delle armi consentite. Ad esempio, la semplice “difesa personale” non fu più ammessa come motivo di detenzione ma si passò a casi più precisi. Il costo economico per la collettività fu molto alto, perché si attuò un’opera massiccia di riacquisto delle armi proibite, ma i benefici sono difficilmente quantificabili con un mero costo monetario.

federicomarcangeli

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