-di MANUELA CIPRI-
La domanda di sociolinguistica di questi giorni da sottolineare è se davvero il pubblico sia interessato alla politica, se è più facile formulare sineddoche o riassunti terminologici formulati a incisivi titoli. Probabilmente, in questa campagna elettorale si impegnano diversi vocaboli, diverse espressioni, notizie sempre più scarne e meno approfondite, la tendenza sui media è di utilizzare le dirette, su pagine più o meno ufficiali, o piccoli titoli creati per l’opportuna occasione.
I giornali hanno difficoltà ad attualizzare costantemente le notizie, utilizzano le pagine web per velocizzare le notizie e farle veicolare attraverso le persone, più o meno veritiere. Molti si domandano, ma alcuni neanche avvertono una tale inondazione di parole, iperinformazioni, molte volte senza neanche verificare la fonte, o il contesto . Ogni testo è figlio del suo tempo.
La guerra mediatica a chi infarcisce la notizia più clamorosa che si traferisce nella vita sociale. In questi giorni si parla di razza e della Costituzione, ma nello stesso tempo ricorda il Prof. Ceccanti nel sul blog: Ogni testo è figlio del suo tempo. Il termine ‘razza’ compare anche (per condannare le discriminazioni) in due testi coevi alla nostra Costituzione, ossia la Dichiarazione Onu del 1948 e la Convenzione Europea del 1950. In astratto, sulla base delle conoscenze scientifiche odierne, sono testi che si potrebbero cambiare, anche l’articolo 3 della nostra Costituzione. Non sono modificabili i principi supremi, ma non la lettera dei singoli articoli. La sottrazione alla revisione dei principi supremi ha come scopo quello di non tornare indietro, ma non anche quello di impedire di andare avanti. Tra l’altro la Prima Parte non solo emendabile, ma è stata emendata in 5 punti: articolo 10 nel 1967, articolo 26 idem, articolo 27 nel 2007, articolo 48 nel 2000, articolo 51 nel 2003. Ma anche se cambiassimo termine i predicatori di odio, gli speculatori sulle paure, si fermerebbero per questo” precisa che sul termine “razza” ci fu una discussione nella seduta del 24 marzo 1947 dove Cingolani per la Dc avrebbe voluto sostituirla con la parola “stirpe”, considerata più neutra.
Laconi in risposta sostenne che : “Noi non possiamo accettare questa proposta, che è già stata presa in esame da tutti coloro che hanno presentato l’emendamento, sia da parte democristiana che da parte nostra.
Non possiamo accettarla, perché in questa parte dell’articolo vi è un preciso riferimento a qualchecosa che è realmente accaduto in Italia, al fatto cioè che determinati principî razziali sono stati impiegati come strumento di politica ed hanno fornito un criterio di discriminazione degli italiani, in differenti categorie di reprobi e di eletti. Per questa ragione, cioè per il fatto che questo richiamo alla razza costituisce un richiamo ad un fatto storico realmente avvenuto e che noi vogliamo condannare, oggi in Italia, riteniamo che la parola «razza» debba essere mantenuta. Il fatto che si mantenga questo termine per negare il concetto che vi è legato, affermare l’eguaglianza assoluta di tutti i cittadini, mi pare sia positivo e non negativo.” Il costituzionalista Meuccio Ruini nella sua dissertazione espresse che era comprensibile che vi sia chi desideri liberarsi da questa parola maledetta, da questo razzismo che sembra una postuma persecuzione verbale; è proprio per reagire a quanto è avvenuto nei regimi nazifascisti, per negare nettamente ogni diseguaglianza che si leghi in qualche modo alla razza ed alle funeste teoriche fabbricate al riguardo, è per questo che -anche con significato di contingenza storica – vogliamo affermare la parità umana e civile delle razze.
Questo inciso serve a chiarire la discussione intercorsa sul tema e perchè tanto clamore. Considerando tutte le parole hanno una storia che se la guardiamo in termini etimologici amplia il suo significato e significante, per cui oggi il vocabolo può avere connotazioni negative, in altri momenti e in altri contesti può trasformarsi nell’ antonimo.
Prendiamo in inglese e analizziamolo secondo le accezioni e vicinanze:
Nel suo significato letterale sembra un termine con accezioni negative, nello stesso tempo possiamo anche considerarlo come corsa, palio, corrente d’acqua, carriera, racegroud ippodromo,al plurale, corse di cavalli . Il termine ha tante sfumature e accostamenti che non possiamo definirlo o incorniciarlo in una struttura, può essere utilizzato come metafora, essere un cavallo di razza, con il significato di essere una persona che si distingue, da razza riferito a un animale, adibito alla riproduzione.
In senso ironico o spregiativo, si dice anche di un uomo di razza di particolare valore, soprattutto se riferito alle specifiche abilità o capacità di qualcuno.
Allude ai pedegree, i libri genealogici in cui vengono iscritti gli animali puri di una determinata razza. Far razza a sé non socializzare, non fare amicizia, vivere isolati, appartati. Avere un carattere difficile, essere un pò strani, e quindi lasciati in disparte dagli altri.
Si riallaccia agli usi di certe popolazioni di un tempo, dette endogamiche, che contraevano matrimonio solo con persone del proprio paese o dello stesso ambito famigliare. Non far razza vivere isolati, appartati; non dare confidenza a nessuno, non avere amicizie. Riferito a idee o simili, non diffondersi, non convincere, non aver seguito; detto di un’impresa, un’iniziativa, un’attività, essere destinati al fallimento.
Passare in razza ricevere un’alta carica puramente onorifica che in realtà comporta l’esonero di fatto da compiti importanti espletati fino a quel momento. Si dice di personaggi che in molti ambiti vengono promossi di grado appunto perché smettano di occuparsi di determinate attività. Scherzoso o ironico. Allude al trattamento riservato agli animali da competizione, in particolare cavalli o cani, che alla fine della carriera sportiva vengono adibiti alla riproduzione.
Razza di… in senso spregiativo: usato per enfatizzare gli aspetti negativi di qualcosa o di qualcuno. Anche scherzoso. Nel senso di radice, race ginger (radice di zenzero), stirpe.
In uno studio che presenterà Joachim Grzega Eurolinguistica come illuminismo contra la propaganda politica nella conferenza che si terrà il 21 febbraio presso il Senato della Repubblica, in cui interverrà anche Giorgio Benvenuto, ci si chiederà come la propaganda politica sia utilizzata per coinvolgere l’elettorato e quanto le persone si siano mai chiesti sul perchè fare tanto scalpore il termine razza, ma nessuno si domanda mai perchè nella costituzione italiana non ci sia riferimento alla lingua,al contrario nella dichiarazione dei diritti degli esseri umani, il problema lingua e linguaggio è presente come diritto fondamentale degli esseri umani.
Oggi l’espressione razza ci sembra, inteso nella connotazione riferita al nazifascismo, ma quando ci si riferisce che si appartiene alla umana espressione diventa neutra e ci si differenzia dalle altre specie presenti in natura. Quello che non ci fa sobbalzare è il fatto che vengano costantemente citate frasi o espressioni nella lingua non italofona, che pochi riescono a capire nella profondità del significato.
Un provincialismo tutto italiano, che ricorda certe commedie cinematografiche del dopoguerra, dove stentatamente si cercava di imparare una lingua italiana standardizzata per farla trasformare in una carta d’identità per contenere le lingue locali che erano stereotipate a certe realtà sociali.
Oggi, le espressioni esterne alla nostra lingua fake news,brain storming, benchmark,download, think tank termini giornalistici che non rispecchiano la comprensione e la trasparenza della parola. Usare l’eufemismo attraverso altre lingue è anche un modo per non soffermarsi sulla cultura di un popolo, in quanto la parola è un elemento fondamentale di una comunità.
Attraverso le vicissitudine storiche, hanno avuto migrazioni costanti e influenze linguistiche importanti, parole che venivano fraintese e anche modificate nel significato.