Anna Frank e Gesù Cristo

-di EDOARDO CRISAFULLI-

Marcello Veneziani interviene sul “gesto cretino di quattro dementi che hanno usato la foto di Anna Frank per prendere in giro le tifoserie opposte.” Perché avete sollevto un polverone, anime belle della sinistra? “La reazione a un gesto irrispettoso e demente è stata dieci volte, mille volte superiore rispetto a chi commette un atroce assassinio e magari non viene adeguatamente punito.” Trionfo dell’iperbole!

Può darsi che il “pericolo fascista-laziale” sia stato gonfiato, ma imbrattare la memoria di una ragazzina ebrea uccisa dai nazisti – in un contesto pubblico, caratterizzato da aggressività – è davvero una goliardata di pessimo gusto?  Ne dubito. Quell’atto è piuttosto la manifestazione di una mentalità intollerante – chissà perché di recente la polizia, perquisendo la casa di un tifoso violento, ha trovato simboli fascisti, non già gli scritti di Gandhi o il Manuale delle giovani marmotte. (“Immigrato picchiato a Roma, 19enne arrestato: in casa trovati simboli fascisti”, Il Mattino, 30.10.2017). Si può discutere sulle misure da prendere in casi del genere: non tutti gli antifascisti, di cui Veneziani offre caricature spassose, sono favorevoli alla legge Fiano. Io mi annovero fra i contrari: pur di non mettere un bavaglio agli intelligenti, preferisco gli imbecilli in libertà (chi parla a vanvera s’imbroda).

Sapete, cari italiani, qual è il vero problema? Non certo i tifosi fascistoidi pronti a menare le mani. Eh, no. Il problema sono le “campagne assordanti – ma davvero assordanti – degli antifascisti, dell’Anpi, per demonizzare eventi come la Marcia su Roma, avvenuta ben 95 anni fa. “Ecco come rendere grottesca la storia.” Siamo alla solita, stantia lamentela degli ex camerati, frustratissimi perché gli riesce impossibile riscrivere la storia patria. Le campagne periodiche dei progressisti – contro il nazifascismo, contro l’antisemitismo – “generano nausea e rigetto nel paese, voglia di silenzio e di evasione nella maggioranza degli italiani e voglia di trasgressione in una piccola minoranza.” La colpa non è di chi supera i limiti della decenza, eh no! E’ di chi propaganda, rumoreggiando, i valori della nostra Costituzione. I quattro dementi si sono fatti trascinare da un desiderio prorompente di libertà: finiamola, allora, con l’asfissiante retorica antifascista! Vorrei vedere la reazione di Veneziani, cattolico fervente, se applicassimo la sua pseudo-logica all’indottrinamento che la Chiesa ha perseguito per secoli: una minoranza di cristiani ha rubato, mentito o desiderato la donna altrui? Suvvia, quei peccatucci sono scaturiti da un umanissimo rigetto della predicazione evangelica!

Attenti, che ora viene il bello: “Ma se qualche demente vestisse di biancazzurro Cristo in croce, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio, le prime pagine dei giornali e dei telegiornali, denuncerebbero indignati l’oltraggio blasfemo, imporrebbero la lettura negli stadi e nelle scuole del Vangelo sulla Crocifissione? Non credo. E non è un’ipotesi del tutto immaginaria, perché mille volte rockstar, tifoserie, giornali satirici, gay pride e via dicendo, hanno preso in giro Gesù, la Madonna e tutti i Santi e li hanno derisi e bestemmiati. E la cosa è passata inosservata.”

Sì: avete letto bene: questa analogia è puerilmente idiota. Gesù – figura che merita il massimo rispetto anche da parte di chi non crede – scelse di morire sulla croce; e si consegnò, disarmato, ai suoi carnefici. Lo fece per cancellare l’infamia del peccato originale, che gravava sulle nostre anime. Versò il suo sangue innocente per noi, per puro, incondizionato amore. Gesù, peraltro, è figlio di Dio, e ora siede alla destra del Padre.  Quindi – lo dico senza ironia – ha un protettore potentissimo. Non ha bisogno delle nostre leggi per farsi rispettare. Dispone poi di uno strumento formidabile: la compartecipazione al giudizio universale, alla fine dei tempi.

Anna Frank era interamente umana, e fragilissima, come lo è ogni adolescente. Non aveva Santi in paradiso, e non voleva morire. Il suo diario – che documenta la vita grama di una famiglia ebrea braccata, nascosta in un sottotetto – è un inno alla volontà di vivere. Un giorno degli uomini immondi e vigliacchi la prelevarono assieme alla sua famiglia dal suo nascondiglio e la spedirono in un campo di sterminio. Quegli esseri immondi e vigliacchi – gli alter ego di coloro che al processo di Norimberga diranno “abbiamo semplicemente obbedito agli ordini” – aderivano alla più diabolica ideologia concepita finora: il nazismo. Anna Frank, membro di un popolo abbietto, doveva essere eliminata fisicamente come si fa con ratti, scarafaggi, insetti. Anzi, peggio: nessun disinfestatore spreca il suo tempo a umiliare gli insetti prima di ucciderli, come facevano le SS con gli ebrei. Come avrà trascorso quella ragazzina così sensibile, così delicata, gli ultimi mesi di vita a Bergen Belsen? Fu una tortura psicologica, un annientamento della sua anima prima ancora che del suo fisico. Morì di tifo a soli 16 anni, nel 1945. Queste cose le sappiamo già? Che volete farci: io mi impunto a ricordarle, e non certo per dar fastidio agli ammiratori del Duce bonificatore di paludi, fondatore di città scintillanti ed elargitore ante litteram di pensioni INPS per gli italiani di pura razza ariana.

Non parliamo abbastanza di Dio, caro Veneziani? Sfida raccolta. La bestemmia è brutta, è volgare. Ma insultare una ragazzina ebrea che è stata uccisa in un modo barbaro, disumano, va ben oltre la volgarità: è un inno all’ideologia perversa che ha concepito Auschwitz. Non è forse questa la peggior bestemmia? All’origine del male, nella nostra tradizione, c’è proprio un omicidio folle: Caino che uccide suo fratello Abele.  Ecco allora che Dio, avendoci creati a sua immagine e somiglianza, invia Gesù per insegnarci cos’è la Caritas: l’ingiunzione ad amare il prossimo nostro come noi stessi. Il primo comandamento è quello dell’amore, verso Dio e verso gli uomini.

Dio però può apparire bizzarro: ha creato un mondo attraversato da due tipi di sofferenza.  La prima è indipendente dalla nostra volontà, e infatti si chiama fatalità. La “natura naturata” a volte impazzisce: carestie, terremoti e tsunami si abbattono su popolazioni inermi. Per non dire delle malattie genetiche… Dio, qui, è indirettamente responsabile della sciagura che si abbatte su di noi. Nel secondo tipo di sofferenza, invece, non c’entra nulla. Parlo dell’azione malvagia, che viene compiuta per libera scelta. E tuttavia chi è credente si arrovella: perché Dio consente lo scandalo della malvagità? Questa è la domanda più spinosa di tutta la teologia. La risposta standard: il cristianesimo ci vuole liberi moralmente; il che significa liberi di farci del male a vicenda. Fior fiore di teologi hanno discettato sul libero arbitrio. Ma ciò non dissipa i dubbi. Quando parliamo di un genocidio saltano tutte le categorie logiche e teologiche. Qui il male è assoluto, sconfinato: se gli uomini stessi non lo fermano con strumenti terreni, potrebbe distruggere l’umanità stessa. Dio è coerente fino a questo punto? Ci lascia liberi di auto-annientarci?

Qualcosa non torna in questa supposta coerenza divina: il Dio cristiano non è affatto distaccato o indifferente alle nostre vicende – succeda quel che deve succedere! E’ un interventista – ma è imprevedibile.  A volte entra nelle nostre vite, e ci salva. Il cattolicesimo dà un rilievo eccezionale ai miracoli dei Santi (il culto di Padre Pio…); i protestanti hanno idee un po’ diverse in proposito. Ma c’è comunanza di vedute sul concetto: fu Gesù ad avviare la tradizione dell’intervento miracoloso. Finché c’era Lui le cose erano chiare: per guarire, bastava che l’ammalato avesse fede. La divina provvidenza, in seguito, ha operato in maniera misteriosa, e selettiva. Ci vorrebbe un teologo geniale per spiegarci perché Dio, o Gesù, o quel Santo potentissimo, esaudiscono la preghiera di un ammalato e non quella d’un altro. Ci vuole una fede salda, incrollabile, cieca per non inveire contro un Dio onnipotente che ci ama, ma non ci soccorre nel momento del bisogno.

Qualunque divinità abbia pregato Anna Frank – non dubito che l’abbia fatto: io stesso, al posto suo, avrei implorato Gesù, la Madonna e tutti i Santi di salvarmi da quell’inferno –, ebbene quell’Essere supremo non è intervenuto a salvarla. Ora si comprende il cinismo di un testimone d’eccezione dei lager nazisti, Primo Levi: “L’esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spazzare via qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. C’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio.” Non intendo rinverdire la causa dell’ateismo militante, che non mi appassiona. Sono un agnostico dubitante e non so cosa mi frullerà per la mente il giorno in cui dovrò dire addio a questa terra. Vorrei solo che tutti si sforzassero di capire l’abiezione di un regime come quello nazista. Un regime che, mortificando l’umanità di tutti noi, offende il nostro Creatore. In ogni caso, i credenti dovrebbero capire che c’è un fossato fra l’aldiquà e l’aldilà. Dio – se esiste così come ci dicono le religioni abramitiche – potrà un giorno spiegarci le sue ragioni, e punirci o premiarci, a seconda dei casi. E realizzerà la Giustizia eterna e perfetta. Intanto a noi mortali tocca accontentarci di questa vita imperfetta.  Il Paradiso Terrestre, con buona pace degli utopisti, non è nelle nostre limitate possibilità; un mondo migliore di quello in cui è vissuta Anna Frank sì. “Il salto antropologico”, o l’uomo nuovo sono pie illusioni: potenziali Hitler, Eichmann e Himmler continueranno ad aggirarsi fra noi nei secoli a venire. Il male non lo possiamo sradicare dalle nostre vite; possiamo però contenerlo, arginarlo. Con mezzi umani, laicissimi: edificando sistemi politici fondati sullo Stato costituzionale di diritto, sulle libertà, e sull’equilibrio dei poteri. E’ solo così che impediremo a individui ributtanti di quella risma di pianificare altri crimini contro l’umanità.

Ogni volta che ricordo Anna Frank non omaggio la retorica antifascista: rinnovo semmai il mio atto di fede laica nella democrazia liberale. Ogni volta che mi riaffiora in mente quella ragazzina vittima dell’odio razziale, del fanatismo ideologico, rafforzo la mia volontà di trasmettere ai giovani la memoria di ciò che è avvenuto in Europa tra il 1939 e il 1945. Mio padre – che non era comunista – vide alcuni sopravvissuti dei lager, e mi ha raccontato. La memoria è il lievito della cultura politica che ha consentito alle mie figlie, a sedici anni, di sedere sui banchi di scuola, e di temere al massimo un brutto voto in pagella e la sgridata dei loro genitori. Una memoria che le ha protette dal rischio di essere inghiottite nel buco nero del male eretto a sistema. E io, per Dio, voglio che lo sappiano. La libertà di cui avete goduto, figlie mie, è un privilegio, un dono, una grazia. Le reazioni a un gesto idiota come quello dei tifosi laziali vi paiono eccessive? Forse, chissà. Ma fuori tempo, no. Mai. Non ricordiamo forse – a distanza di secoli – la tratta degli schiavi, la guerra dei Trent’anni, la Rivoluzione francese? E’ vero, sono passati ben 95 dalla Marcia su Roma. Beh, se è per questo ne sono passati 74 dalla razzia nel ghetto ebraico di Roma (16 ottobre 1943): 1023 ebrei italiani vengono deportati ad Auschwitz. Torneranno in 17.

Coltivare la memoria del genocidio ebraico – in un paese che fu alleato della Germania hitleriana – è un dovere politico-morale. Grottesco è chi rivaluta Benito Mussolini, “il più grande statista del Novecento”, colui che diede il via libera alle camicie nere, affinché i cittadini italiani di religione o di origine ebraica fossero consegnati agli aguzzini delle SS. Ebbene sì, io voglio che il nazismo e Auschwitz vengano ricordati a lungo. E’ stato, quello, il momento moralmente più infimo mai raggiunto dall’umanità. C’è solo da rallegrarsi se qualche antifascista esagera: l’indifferenza sarebbe infinitamente più grave. Lo sdegno, qui, veicola un messaggio educativo per le future generazioni: ciò che di tremendo, di atroce, è avvenuto nel cuore dell’Europa, non deve ripetersi mai più. Non mi sembra così difficile da capire.

 

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