L’Europa “sfiducia” Trump

-di FEDERICO MARCANGELI-

Se dovessimo enumerare i risvolti positivi derivanti dall’elezione di Donald Trump, probabilmente dovremmo spremere bene le meningi e forse non riusciremmo nemmeno a trovarne uno. Questo fino a ieri, il giorno (simbolico) della presa di coscienza da parte dellUnione Europea: la definitiva “mozione di sfiducia” nei confronti degli Stati Uniti. Gli stati membri si sono finalmente resi conto della totale inconsistenza dell’amministrazione americana ed hanno deciso di intraprendere un percorso di difesa comune che non faccia più affidamente sullo storico alleato.

I continui attacchi alla NATO e la profonda lunaticità in politica estera di Trump hanno convinto un pò tutti a orientarsi verso una soluzione interna all’Unione; una strategia di cooperazione che permetta all’Europa di agire in modo più risoluto in caso di necessità. Le basi per l’accordo del 13 Novembre erano state poste nel 2016 a Bratislava, con un incontro tra ministri degli esteri. In quell’occasione si decise per un’accelerazione della cooperazione nell’ambito della difesa. Stiamo parlando di un accordo che principalmente riguarda l’applicazione dell’articolo 42 del Trattato UE, che al comma 1 specifica: la politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite.

L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri. Dopo la ratifica del Consiglio (che avverrà presumibilmente a Dicembre a maggioranza qualificata) l’accordo diverrà operativo sotto forma di una Cooperazione Strutturata Permanente (P e SCo). In questo modo si lascerà al singolo Stato la possibilità di procedere con la sua “velocità”, prevedendo termini di azione abbastanza “larghi”. 23 dei 28 membri parteciperanno al progetto e resteranno fuori: Regno Unito (per ovvi motivi), Malta, Portogallo, Danimarca (che ha un opt-out in questa materia) e Irlanda. Quest’ultima potrebbe rientrare al momento dell’approvazione in Consiglio.Secondo Federica Mogherini (Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza) “È una giornata storica per la difesa europea (…) ci permetterà di sviluppare programmi di armamento o facilitare la messa a punto di operazioni esterne”. Concretamente l’accordo consente una cooperazione su 3 distinti livelli: gli investimenti sulla difesa, la preparazione congiunta (e la realizzazione) di operazioni militari, nonché lo sviluppo di nuove capacità. Le decisioni di indirizzo della cooperazione, pur venendo votate in Consiglio, verranno votate dai soli partecipanti (sarà richiesta l’unanimità). Saranno possibili anche progetti che coinvolgano un numero minore di membri ed in questo caso l’autonomia sarà ancor maggiore. Non mancheranno poi gli strumenti operativi, in particolare la CARD (Revisione coordinata annuale della difesa) ed il Fondo Europeo per la Difesa. La prima consentirà un’analisi congiunta delle spese militari nazionali, evidenziando eventuali inefficienze e correttivi per migliorare l’allocazione delle risorse. Il secondo sarà un fondo comune di risorse finanziarie. Un progetto che sulla carta sembra portare su un nuovo livello di cooperazione tutta l’Unione, ponendo l’Europa-entità quale reale interlocutore sulla scena geopolitica globale.

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