-di EDOARDO CRISAFULLI-
La malattia del nostro tempo? Il narcisismo. L’importante è occupare – con qualsiasi mezzo – il proscenio dei social-media. Il narcisismo fa il paio con l’aggressività e la prevaricazione. Travasato in politica, è ancor più deleterio: amplifica gli odi di partito. Forse questo è il grande capolavoro politico dei 5 stelle: l’aver trasformato una caratteristica psicologica in strumento di lotta e fonte di energia. Il narciso frustrato nel suo delirio di onnipotenza ha acquistato dignità politica.
Purtroppo la malattia si sta diffondendo, pochi ne sono immuni. Pur di assestare un colpo sotto la cintola all’avversario si è disposti a vendere l’anima al demonio. Attaccare dà frutti ben più succosi che argomentare: più spari nel mucchio, e soprattutto più la spari grossa, più cresceranno le folle dei tuoi ammiratori virtuali. E infatti oggi dilagano i peggiori istinti: la furia distruttrice, il desiderio di rivalsa, il disprezzo per gli avversari. La rabbia del narciso ferito – che cresce a dismisura se non conquista quel quarto d’ora di notorietà – sovrasta la competenza e la preparazione. Il sine ira act studio è roba da biblioteche polverose. La logica, il buon senso e il rigore accademico vanno a farsi benedire: costituirebbero ostacoli nella costruzione del Nemico Assoluto
Anche l’immaginazione emotiva, come la paura, fa novanta. I populisti, esattamente come i faziosi e gli intolleranti, hanno assoluto bisogno di una figura diabolica che ordisce complotti universali: il Gender, che da qualche tempo si staglia sull’orizzonte, s’attaglia perfettamente a quel ruolo. Su questa fantomatica minaccia, si legga l’eccellente articolo di Simone Regina. “Cosa (non) è la teoria del gender”, https://www.wired.it. In alternativa, spunta sempre dal cilindro una provvidenziale lobby simil-massonica che, tramando nell’ombra, si infiltra nelle banche, nel direttorio dell’U.E., nei governi, nei partiti, nella Chiesa cattolica. L’irrazionalità è il vento impetuoso che propaga il focolaio paranoico. Sempre attuale la celebre frase il sonno della ragione genera mostri.
Mai come in questo momento storico la partigianeria offusca la logica più elementare. Non è mai stato così difficile – per le persone comuni – distinguere fra opinioni legittime e idiozie (si pensi alla folle campagna contro le vaccinazioni). Che problema c’è? Le “fake news” sono state sdoganate ai più alti livelli! Risultato: la schizofrenia fra emotività ed intelligenza va per la maggiore. Anche in ambienti insospettabili. E’, questo, un prezzo salato per un intellettuale. Ma la tentazione, diceva Oscar Wild, è l’unica cosa a cui non si può resistere. Marcello Veneziani, un cattolico tradizionalista, ne sa qualcosa. Cosa ringalluzzisce il nostro filosofo, un ardito che non esita a sferzare Papa Francesco? E’ la “Macchina del Politicamente Corretto” (in breve: P.C.) dell’odiata sinistra che, come un rullo compressore, starebbe riducendo in macerie l’Italia intera. Così Il P.C., fenomeno molto concreto, viene trasfigurato in un totem immaginario da abbattere – un totem che incarna tutto ciò che puzza di ideologia progressista e di laicismo. Chi riflette pacatamente, e si documenta, non dice panzane del genere. Il P.C., nell’accezione confusionaria di Veneziani, è una invenzione, né più e né meno del Gender. Sorto nei campus universitari americani negli ’90, il P.C., è una sorta di giacobinismo che propugna una tabula rasa linguistica, in nome di valori progressisti. I suoi fautori ardono dal desiderio di controllare i nostri pensieri mediante una censura delle parole che usiamo – sono banditi termini offensivi come ‘negro’, ‘frocio’, ‘spazzino’, ‘cieco’, handicappato ecc., in luogo dei quali bisognerebbe usare ‘afroamericano’, ‘operatore ecologico’, non vedente ecc. Per chi non si adegua c’è la gogna, o il corso di rieducazione, o vari tipi di sanzione. La sinistra liberale europea si oppone alla mentalità P.C., che è debordante, prepotente: l’intimidazione sistematica conduce all’autocensura. Io – perdonatemi l’autocitazione – ho pubblicato un saggio in cui critico il P.C. da un punto di vista politico (liberal-socialista) e scientifico (è impossibile cambiare la mentalità razzista, sessista, omofoba sradicando parole sgradite) – Igiene verbale. Il politicamente corretto e la libertà linguistica.
I liberali, anche se militano in partiti diversi, condividono una matrice culturale tollerante, aperta alla diversità. Quindi polemizzano sia con i neo-giacobini della sinistra radicale sia con i reazionari dell’estrema destra. Gli ex fascisti no: sono fatti della stessa pasta dei ‘comunisti radical-chic’ che odiano visceralmente. Un P.C. ce l’hanno anche loro, e se potessero ce lo farebbero ingollare insieme all’olio di ricino e a qualche manganellata. Non sono contrari all’egemonia totalizzante in nome di un principio libertario, sono contrari a quella altrui e favorevoli alla loro. Ma, poiché la coerenza è la virtù degli imbecilli, accusano i biechi progressisti di voler “somministrare a tutti la Verità Assoluta e indiscutibile, per raccontare la storia dell’orco in bianco e nero, buoni e cattivi.” Il bue che dà del cornuto all’asino, insomma.
La prova del nove? Eccola: Veneziani insorge perché l’università di Torino ha istituito una cattedra di storia dell’omosessualità. Ma che c’entra questo con il P.C., correttamente inteso? Nulla. C’entra solo nel senso che l’omosessualità è da censurare secondo il P.C. distorto della destra omofoba. Ah, che corruzione dei costumi! Qui si promuove la perversione! Seguirà “la cattedra di teologia dell’omosessualità per dimostrare che Dio è lesbico e predilige i transgender”? (“La macchina del politicamente corretto. Il Benito immaginario degli antifascisti nel pallone”, 28 ottobre 2017, http://www.iltempo.it) Io, progressista, non avrei alcun problema se venisse istituita una cattedra sul pensiero reazionario-tradizionalista. Perché invece i conservatori non accettano una cattedra sulla storia dell’omosessualità? Se i professori cattolici tradizionalisti sono liberi di sostenere le loro idee, non si vede perché i laici dovrebbero avere il bavaglio. La verità nasce dal libero dibattito, dal confronto fra idee contrastanti. E l’ossigeno di ogni dibattito è il pluralismo culturale – il primato assoluto di una parte politica o di una corrente di pensiero porta all’asfissia.
Queste polemiche piccine, tra l’altro, fanno sorridere: sono un inno al provincialismo italico: nelle prestigiose università britanniche, alcune delle quali figurano ai primi posti nelle classifiche mondiali, sono decenni che si insegnano i “queer studies” (“studi omosessuali”, appunto), esattamente come si insegna l’antropologia o la psicanalisi di Freud, che era rigettata in toto dalla Chiesa pre-conciliare. La questione sarebbe accademica. Diviene politica quando ci si sottrae al confronto dialettico e si irride alla semplice manifestazione del pensiero altrui. Io amo rileggere l’Inferno di Dante, e ragionare sul Contrappasso con cui vengono puniti i peccatori (tra cui i sodomiti, certo!): riesco a immedesimarmi nel punto di vista di un poeta cristiano geniale che viveva nel Medioevo, anche se sono un progressista del XXI secolo. Questa è la forza di un intellettuale veramente libero: concepire la possibilità che qualcuno creda in un altro sistema di valori, purché quel sistema non preveda il carcere o le frustrate per il dissenziente. Nel Medioevo questa apertura era inconcepibile, oggi invece lo è. Basterebbe dirsi tutti – a destra e a sinistra – liberali, e credere nello Stato laico, garanzia di pluralismo.
Emerge, invece, il pensiero inquietante della destra tradizionalista alla Julius Evola. E’ quasi commovente questo desiderio di una Fiabilandia, dove tutto è puro, incontaminato: laddove regna l’Ordine Naturale c’è la poetica (e prolifica) famiglia Mulino Bianco e se compare il lupo cattivo – il Gender, il Pederasta, il Relativista, il Progressista, la Femminista lesbica –, il nostro prode cacciatore farà secco l’intruso nell’armonia edenica. Cancellerà la macchia del peccato, della trasgressione. Giustizia sarà fatta. C’è un grumo inquietante in questa mistica del Bello, del Buono, del Puro, e nel concomitante dileggio di ciò che trasgredisce l’Ordine Naturale voluto da Dio. Stavolta il cattivo odore lo percepisco io: ricorda i roghi dell’Inquisizione. C’è di peggio: la mistica immacolata anti-Gender è la stessa che pervadeva la mostra sull’arte degenerata “Entartete Kunst”, organizzata dai nazisti nel 1937.
E, guarda caso, è proprio l’inestinguibile retorica antifascista ciò che attizza la collera revanscista di Veneziani. Pur di manipolare la verità, il leone che ruggisce si trasforma in un agnellino, vittima dei neo-bolscevichi che imperverserebbero in Italia. Rigurgiti di fascismo in Italia? Basta, se ne è parlato anche troppo! Che si punti invece il dito contro il complotto Gender della lobby omosessuale, eccolo il vero pericolo strisciante! E che si condanni finalmente il comunismo, “di cui in questi giorni ricorre il centenario della nascita; tutti parlano della rivoluzione bolscevica e nessuno delle conseguenze tragiche per il mondo di quella data che portò il comunismo al potere. Il regime che è costato in assoluto più vittime, che ha oppresso in assoluto più popoli, per più tempo, in più continenti.” Assolutamente falso: non il commento sulle vittime del comunismo, bensì il presunto silenzio sull’orgia di sangue nota come Rivoluzione bolscevica: pullulano gli articoli su questo argomento proprio su riviste e blog della sinistra democratica. Inutile, poi, ricordare a Veneziani che in Italia abbiamo avuto una dittatura fascista, non comunista. Il PCI, pur con tutti i suoi limiti, ha contribuito a scrivere la nostra stupenda Costituzione; i fascisti del MSI – grazie a Dio – no.
Buon giorno,seguo il vostro sito,sovente senza condividere le analisi,questa è proprio una delle ragioni della consuetudine,perché amo le idee “diverse”.Ma oggi,mi trovo -perfettamente (purtroppo ) d’ accordo con l’analisi e conclusioni. Cordialità