-di SANDRO ROAZZI-
Il 14 settembre del 1758 il… Papa Braghettone, al secolo Clemente XIII, Carlo Rezzonico veneziano, promulgò una Enciclica “a quo die” di singolare ma anche straordinaria attualità. Basta una delle prime frasi per capire di che si tratta, rivolta ai Pastori della Chiesa: “…la vostra carità’ si adoperi perché dall’anima dei fedeli vengano sradicati perfino i germi di una qualunque lotta interna…”. la spiegazione che il Papa da è ancora più’ esplicita:.. tutti cerchino la pace, tutti si diano ad opere di pace…”. questo Papa che difese i gesuiti cacciati da diversi Regni europei, scomunicò la cultura illuminista a partire dalla condanna della famosa Encyclopédie, che esercitò con persecutore pudore la caccia alle nudità fino a meritarsi il soprannome di Papa Braghettone, esalta in questa Enciclica la forza di una azione evangelizzatrice che faccia perno sulla carità con conseguenze sgradite a quei potentati, ecclesiastici e non, che facevano del dominio il loro punto di forza.
Attualissimo e calzante per ogni tipo di potere il richiamo al fatto che non “c’è veleno più terribile e dannoso della voglia di dominare…”. Così come è coinvolgente questo monito che non dà scampo a comportamenti che anche di recente hanno attraversato i mondi laici come quelli… curiali ai piani alti (attici…) del potere: “senza carità’, si infiammano in fondo al cuore come fiaccole, arroganza, alterigia, avarizia, intolleranza, invidia, vanagloria…”. ed è proprio la vanagloria il peggiore di questi… virus, anche oggi in circolazione dalla finanza alla politica senza antidoti efficaci, visto che il ricorso brevettato sarebbe quello di munirsi di… umiltà. Insomma anche da un Papa non certo dalle idee di avanguardia arriva una lezione di umanità che conserva un suo intrigante valore. Semmai a suo merito va ascritto il completamento della fontana di Trevi e di Palazzo Madama, evidentemente pensava che la sede del futuro Senato… avrebbe resistito molto a lungo.
Ma il 14 settembre consegna alla memoria anche altri personaggi straordinari. Quel giorno l’imperatore bizantino Eraclio entrava trionfante in Costantinopoli dopo aver piegato il re persiano Consroe II strappandogli la “vera croce” ritrovata, come raccontano le fonti del tempo, da Elena madre di Costantino, che il conquistatore persiano aveva preso a Gerusalemme. Eraclio, figlio di un condottiero bizantino che governava in Africa, è figura controversa ma poco conosciuta. Detronizzo” il sanguinario Foca, cui è dedicato l’ultimo monumento eretto nel Foro romano, una colonna, che peraltro torturò ed uccise, ma si ritrovò’ a capo di un Impero praticamente agonizzante. Fu forse l’ultimo vero condottiero “romano” che riuscì’ a vincere, in battaglie disperate e condotte in inferiorità numerica, il potente regno persiano, salvando Costantinopoli e l’impero bizantino. Come… Mario riformò l’esercito, come Cesare combatté con le armi della velocità e della imprevedibilità. E come i consoli romani rimasti padroni del Mediterraneo dopo la terribile guerra contro Cartagine, trasformò l’impero bizantino in un mondo di cultura greca. Ma un avversario ancor più insidioso stava prendendo forma, gli Arabi. Eraclio morì prima di vederne l’espansione irresistibile. Personaggi formidabili, ma nulla può competere con la tradizione che ha tramandato per generazioni il ritrovamento della vera Croce. Simbolo centrale del Cristianesimo: speranza di un nuovo umanesimo, fu condotta anche in guerra. Pino od ulivo che fosse, le sue reliquie si sparsero ovunque fino a far commentare a Calvino che rimesse tutte insieme potevano formare “un grande carico di nave”. Ma resta, per chi crede e per chi vuole, un potente messaggio salvifico. In tutti i sensi, religioso ed umano.