-di MAURIZIO BALLISTRERI-
Analizzando il capitalismo globale, Wolfang Streeck, uno dei maggiori sociologi viventi, ha osservato che esso ha prodotto “declino della crescita economica, aumento dell’indebitamento, crescente diseguaglianza” e disordini sistemici quali “stagnazione, redistribuzione oligarchica, il saccheggio del dominio pubblico, la corruzione e l’anarchia globale”. Al fondo c’è la crisi della politica democratica di assumere decisioni per il vulnus arrecato alla sovranità degli Stati-nazione.
E in questo scenario di “privatizzazione della politica” non può che destare stupore il ritorno sulla scena di leaders il cui tratto, sovente, è la mania di grandezza, che degrada in vero e proprio disturbo di tipo narcisistico della personalità (Chaplin la sublimò nella parodia di Hitler che giocava con il mappamondo ne “Il grande dittatore”), che urta contro l’esproprio che le scelte dei singoli Stati subiscono sistematicamente dagli organismi tecnocratici e dalla finanza globale.
Putin incarna e realizza questo modello di politico, ma è isolato a livello internazionale, come Trump, le cui contraddizioni però, hanno già appannato il piglio decisionista. In Francia Macron, invero già in calo vertiginoso di popolarità dopo la grande affermazione alle recenti presidenziali, si è guadagnato sui giornali transalpini il soprannome di “Jupiter”, Giove padre di tutti gli dei dell’Olimpo, ben oltre quindi le categorie classiche del “bonapartismo” e del “gollismo”, tradizionalmente legate alla “grandeur” francese, per la volontà di concentrare nella sua figura il potere e che ha avuto come rappresentazione quasi scenica, il discorso solenne e pomposo pronunciato innanzi alle Camere parlamentari, riunite il 3 luglio scorso per l’occasione nella reggia di Versailles, quasi novello Re Sole!
A Virsegrad in Ungheria i rappresentanti dei Paesi del Centro e dell’Est Europa, sotto la regia del premier magiaro Viktor Orban, hanno inviato un duro documento all’Italia contro l’attuale migrazione biblica dall’Africa (che fa da pendant ad analoghe posizioni di Macron). Orban ha stabilito un asse preferenziale con il ministro degli Esteri austriaco Kurtz, forse nostalgici dell’Impero asburgico, che, comunque, denuncia una volontà di egemonia in quell’area europea, ulteriore colpo di piccone allo sviluppo dell’integrazione comunitaria.
In Italia la sconfitta nel referendum-plebiscito del 4 dicembre scorso sulla riforma costituzionale, ha ridotto sensibilmente le aspirazioni di Renzi ad entrare nell’empireo della politica globale sulle orme di Berlusconi, e più modestamente Rosario Crocetta, presidente della Regione siciliana, ai giorni nostri si ricandida per un nuovo mandato, all’insegna della qualifica auto-attribuita di “salvatore della Sicilia”. Mai come negli ultimi anni, l’Isola più bella del mondo, è stata umiliata dalla politica, con l’aumento della disoccupazione, il crollo della sua economia, il dilagare dell’emigrazione dei nostri giovani, lo sfascio dei servizi, in primo luogo di una sanità pubblica in cui bande politiche e lobby private si contendono le spoglie di ciò che rimane.
Tutto ciò mentre i cittadini si impoveriscono sempre più, tra incendi e penuria d’acqua.