Go Beyond: chiusura con il “tradimento europeo”

 

Il ciclo seminariale di alta formazione “Go Beyond” si è chiuso con una riflessione sul nostro futuro europeo, quantomai indefinito e incerto. Ne ha parlato lungamente il Professor Antonio Cantaro che ha messo in guardia dal pericolo di attribuire un carattere ideologico alla contestazione del fiscal compact. Insomma il pareggio di bilancio non deve essere un tabù da abbattere a tutti i costi perché se poi i mercati decidono che quella riduzione in pochi anni del debito al 60 per cento è una disposizione funzionale agli interessi degli investitori, a quel punto sarà la finanza a “intervenire” facendo impennare i tassi e così togliendoci le risorse da destinare al sociale e alla crescita di cui, pure in tanti (a cominciare da Matteo Renzi) parlano. Insomma, si può modificare il Fiscal Compact avendo una proposta chiara con la quale proteggersi le spalle. E questa protezione potrebbe venire ad esempio dagli eurobond.

Una posizione diversa da quella del presidente della Fondazione Nenni, Giorgio Benvenuto che ha messo chiaramente sotto accusa un vero e proprio paradosso giuridico (non a caso Stefano Rodotà all’epoca parlò di “abolizione” di Keynes, cioè delle politiche della spesa normalmente destinate agli investimenti pubblici e al welfare che sono lo strumento di politica economica caratterizzante dei governi nazionali) sottolineando come quegli obblighi siano il risultato non di un confronto e un accordo democratico ma di un’intesa tra capi di stato che il governo Monti si affrettò a trasformare in norma costituzionale. Insomma, un trattato (come tutti quelli su cui si basa l’Unione) finito nella Carta Fondamentale contro ogni principio razionale (la cosa fa rigirar nella tomba il giurista Pietro Calamandrei). Ma Benvenuto è andato oltre sottolineando che nell’attuale Europa nessuno parla della questione fiscale e nel frattempo all’interno del continente vi sono la bellezza di cinque “paradisi”, uno dei quali rappresentato proprio dalla nazione di origine del presidente Junker, il Lussemburgo. Inoltre, il presidente della Fondazione Nenni ha puntato il dito contro le disattenzioni della classe politica citando il “bail in”. Oggi, infatti, tutti si stracciano le vesti, a cominciare dal governatore della Banca d’Italia che invoca gradualità ma non ebbe all’epoca consapevolezza precisa di quel che sarebbe potuto accadere. Quelle norme, ha affermato Benvenuto, furono approvate da tutti i partiti italiani; unica eccezione: la Lega che si astenne. Insomma, i politici nostrani sono molto disponibili a organizzare tavole rotonde e grandi dibattiti su questioni di principio, ma poi quando si scende sul terreno della concretezza, dei provvedimenti pratici smarriscono la bussola.

Il professor Cantaro ha spiegato che “l’obiettivo dei trattati europei era la prosperità economica, il progresso materiale e spirituale, la crescita occupazionale e del reddito”. Aspettative che sono state disattese. I riferimenti alle elezioni che hanno profondamente cambiato il quadro geopolitico dell’Europa è quindi inevitabile. Un’Europa che manca di un forte sentimento coesivo, di uno spirito di appartenenza. Il professore ha spiegato come oggi il confronto non sia tra gli schieramenti tradizionali ma tra populismo e neo-liberismo che è cosa diversa da quello classico, perfettamente interpretato dal partito della Merkel. Ha sottolineato come le geometrie variabili che finirebbero per avere un solo protagonista fisso (la Germania) condannerebbero l’Europa alla dannazione, facendole perdere definitivamente contatto rispetto al progetto iniziale. Ma Cantaro ha sottolineato il dato che ha di fatto destabilizzato il progetto: la fine di una “identità ideologica occidentale” che aveva i suoi punti di riferimento nell’adesione all’Alleanza Atlantica e nell’allargamento dell’Unione. E qualsiasi soluzione immaginata nella teoria finirebbe per avere scarso successo se non si riuscisse a ricreare le condizioni per ricostruire l’Europa come “comunità di destino”.

Problemi della disunione sottolineati, sul versante sindacale, da Cinzia del Rio, del dipartimento internazionale della UIL ed esponente della Ces (la confederazione europea dei sindacati la cui voce è arrivata tramite un video del segretario generale, Luca Visentini). Perché le stesse divisioni che attraversano gli stati a livello di vertici europei si ritrovano in qualche maniera anche tra le organizzazioni dei lavoratori con quelle che provengono dai paesi del Sud più disposte a lavorare per la realizzazione di un disegno effettivamente confederale e, ad esempio, quelli del nord che di regole comuni non vogliono sentir parlare perché avendo un welfare molto forte ritengono di poterlo difendere meglio da una posizione maggiormente caratterizzata da isolazionismo o separatismo (degli interessi). Eppure, sottolinea la Del Rio, di regole comuni abbiamo bisogno per dare risposte a questioni concrete; ad esempio, come si paga il lavoratore rumeno che temporaneamente è impegnato in Francia o in Germania o in Italia? E quale contratto si applica a quei lavoratori tecnologici che nello spazio libero del web annullano la divisione segnata dalle frontiere?

Giornata finale tra distribuzione di diplomi (quaranta in tutto), ringraziamenti e bilanci. Go Beyond è andato oltre le attese. Prevedeva un numero chiuso ma le settanta iscrizioni iniziali hanno indotto la Uil (“con l’elasticità che è tipica del sindacato”, ha sottolineato Benvenuto”) insieme agli altri organizzatori, cioè la Fondazione Nenni, la Feps e il Forum dei giovani, ad abbattere le barriere e ad aprire la sala più grande della sede di via Lucullo (oltre settanta le iscrizioni iniziali). Un motivo di grande orgoglio in una fase in cui quasi nessuno sembra dedicarsi alla formazione di una nuova classe dirigente. Di qui l’impegno di ripetere nel futuro prossimo questa esperienza. D’altro canto questa società che cambia pelle quotidianamente, impone l’obbligo di una formazione continua e sempre più robusta. Lo ha spiegato il segretario generale della UIL, Carmelo Barbagallo, che dopo aver ringraziato i partecipanti, li ha invitati a non lasciarsi sfuggire occasioni come questa e a “sgomitare e farsi avanti, perché nessuno gli regalerà niente”. Un invito che i giovani non mancheranno di raccogliere anche perché verificano quotidianamente “l’avarizia” del tempo presente. Per Barbagallo ciò che conta è non fermarsi mai nella voglia di crescere professionalmente e umanamente. L’entusiasmo di Barbagallo e di Benvenuto per il risultato del ciclo seminariale è stato condiviso da Hedwig Giusto, esponente della Feps che ha spiegato di essere rimasta piacevolmente sorpresa dal fatto che in una giornata di sole e in una città non lontana dal mare, tanti giovani abbiano deciso di sacrificare il tempo libero per riempire una sala in cui si parla di problemi del vivere in comunità. Infine Maria Cristina Pisani, del Forum dei Giovani, ha raccontato la difficoltà che incontra l’organizzazione a spingere i temi giovanili al centro dell’interesse del governo. “Go Beyond”, a suo parere, dimostra che i ragazzi sanno mettersi in gioco.

fondazione nenni

Via Alberto Caroncini 19, Roma www.fondazionenenni.it

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