Il Papa, la Cisl e il ruolo del sindacato

-di SANDRO ROAZZI-

Si racconta che quando iniziarono, con Pio undicesimo, le udienze papali erano riservate a coppie di sposini cui veniva dedicata una rapida e semplice benedizione. Poi si è evoluto il rapporto fra il Papa e i fedeli fino alle grandi manifestazioni con Pio XII dei lavoratori cristiani a Piazza San Pietro. Oggi nel ricevere la Cisl a Congresso Papa Francesco ha fatto molto di più: come dono ha regalato a dirigenti e delegati della Cisl una vera e propria relazione o, se vogliamo mantenere il giusto distacco fra ruoli differenti, una lezione pastorale sul sindacato.

Il Papa ha lodato il titolo del Congresso le cui due parole più significative, persona e lavoro, “devono stare insieme”.

Per la Cisl l’appuntamento era inusuale. Il sindacato nato dopo un confronto anche aspro fra la natura “laica” e democratica di Pastore e quella più “confessionale” di sindacato cristiano sostenuta da Rapelli scelse la prima che garantiva anche una maggiore capacità di aggregazione fra i lavoratori. Ma era anche una scelta nel mondo cattolico assai significativa perché nei fatti rafforzava le tesi di coloro che ritenevano fondamentale garantire una autonomia ai laici cattolici nelle vicende politiche e sociali con tutte le assunzioni di responsabilità che ne derivavano e che non potevano coinvolgere la Chiesa. Fra essi due soli nomi: De Gasperi e l’allora Mons. Montini. Del resto la scelta di campo era chiara, quella occidentale.

Ma questo Papa resta un protagonista davvero spiazzante: e il suo intervento pone con una durezza di fondo sorprendente il sindacato di fronte ad un ruolo che oggi potremmo dire in alcune sue manifestazioni appare un poco appannato. È, quello di Papa Francesco un sindacato profetico con un richiamo esplicito al ruolo degli antichi profeti biblici. È un protagonista della “giustizia insieme” dalla etimologia della parola sindacato, che non può essere credibile se non si occupa degli esclusi.

Ma appare soprattutto come un sindacato di tipo “petrino”. La frase rivelatrice del pensiero su di Francesco su questo punto è quella che recita così: “Fare che la pietra scartata dalla economia divenga pietra angolare”. E qui sorge un problema che va evocato in modo del tutto rispettoso vista la delicatezza del tema. Cosa avrà inteso dire il Papa citando esplicitamente un passo del Vangelo nel quale si parla espressamente dell’opera di evangelizzazione a cui i discepoli dal Cristo vengono chiamati ad assolvere? È noto che Papa Francesco vede nella Chiesa un motore evangelizzatore invece che una associazione “chiusa” nella sua cittadella. Ma quando questa coerenza di pensiero si trasferisce al sociale l’interrogativo viene spontaneo: c’è in quella sottolineatura anche un invito a riflettere su un impegno sindacale più direttamente coinvolto nella promozione dei valori evangelici? Un sindacato laico ma anche… più cristiano?

Se così fosse anche quella che appare una difesa generosa (e giusta) del ruolo sindacale come un pilastro di una iniziativa per la giustizia sociale assumerebbe un valore più ampio, diverso. Il Papa non è tenero con un certo costume sindacale che assomiglia troppo a quello politico. La gente, sottolinea, non capisce un sindacato che non lotta abbastanza nelle periferie esistenziali (riferimento etico e sociale), con gli sfruttati e gli immigrati.

È come se il Pontefice volesse dare un contributo a scrostare il sindacato da quelle consuetudini rugginose che ha accumulato negli anni. Ma quanta differenza di tono e di impostazione culturale rispetto alle mode demolitorie del ruolo dei corpi intermedi che appaiono dopo l’analisi papale, pure cruda, in tutta la loro pochezza.

Scrostare per cercare i caratteri originari. Sapendo che è un compito difficile. Su questo punto il Papa da tempo ha mostrato coraggio nel denunciare gli errori e le prepotenze di certo capitalismo, da Genova fino all’udienza odierna nella quale ricorda alle imprese che hanno troppo spesso smarrito la ragione sociale dello sviluppo economico.

Ma il messaggio come al solito può scorrere sulla vetrata di giudizi positivi ma senza lasciare troppa traccia, oppure mettere in moto processi che portano lontano.

E uno di questi potrebbe essere quello di una accentuazione della Cisl ad essere nuovamente la capofila di un mondo cattolico nel sociale. Una missione che non sarebbe solo di ricomposizione sui valori o di tipo associativo, ma anche di “missione” nella società. E non certo esplicabile solo in servizi. Se così fosse, ma potrebbe essere solo una fuga in avanti, si porrebbe l’esigenza di una riflessione strategica analoga anche in campo laico e di sinistra, vale a dire nella Uil e nella Cgil.

Detto così potrebbe apparire la riproposizione di una contrapposizione e di una concorrenza in… negativo che la storia ha già bocciato più volte. Se invece acquisisse la valenza di una competizione culturale e di impostazione della politica sindacale potrebbero prevalere non solo idee e proposte per un nuovo protagonismo ma anche elementi di unità meno contingenti di convenienze del momento.

Si tratterebbe di un grande sforzo culturale e formativo in un primo momento che potrebbe far… vergognare in modo salutare anche l’insipienza e la superficialità di certa politica. Non è bene osare fino al punto di pensare cosa sarebbe successo se il Papa ricevesse ad esempio una grande forza politica dai giochi interni piuttosto intricati comportandosi come ha fatto con la Cisl. Delle due l’una: o quei dirigenti farebbero finta di niente, marcando ancor di più i loro limiti e la loro incapacità a cambiare, oppure i… confessionali strariperebbero.

Prendere sul serio questo Papa non è facile: un tempo la continuità della dottrina sociale della Chiesa si rintracciava nelle Encicliche, alcune di grande potenza etica ma anche di forte impatto politico generale. Oggi questa continuità sta in una Pastorale tenace, a volte aspra, sempre scomoda ma che si schiera con una chiarezza esemplare a favore degli ultimi e chiede eguale disponibilità alle componenti laiche della società che vogliono essere realmente sensibili a quell’insegnamento. Ed è un messaggio che va dai lavoratori alle organizzazioni per tornare fra i lavoratori. In modo tale da non disperdersi, da essere problema per le coscienza, ma anche forza per guardare avanti. Cosa avverrà però non è dato di sapere in questa circostanza.

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