Il G7: un vertice “faraonico” e “inutile”

-di MAURIZIO BALLISTRERI-

Forse l’immagine che più di ogni altra sarà ricordata del G7 svoltosi a Taormina, sarà quella dei capi di Stato che sfilano nel Teatro Antico come sul Red Carpet a Cannes, a testimoniare che è stata solo una passerella.

E, infatti, a Taormina nessuna posizione comune si è avuta sui grandi temi globali, dall’ambiente ai migranti o alla stessa economia, evidenziando come il G7 sia, ormai, segnato da impotenza e presunzione, oltre che da costi stratosferici (più di 50 milioni di euro per i contribuenti italiani). Da una parte gli europei e il premier canadese Trudeau, con una posizione più defilata della premier inglese Theresa May che dopo la Brexit guarda al ripristino di un rapporto privilegiato anglo-americano, dall’altra il presidente degli States: quasi le Giubbe rosse contro cui in un fumetto italiano degli anni ’50 del Novecento combatteva l’erculeo trapper americano Blek Macigno, simile a Trump per il vigore fisico e il capello di Marmotta che assomiglia ai capelli del Tycoon che guida della Casa Bianca.

E dire che nel 1975, quando il cancelliere tedesco, il socialdemocratico Helmut Schmidt, con il presidente francese Giscard d’Estaing convocarono il primo vertice dei paesi all’epoca più industrializzati nel castello transalpino di Rambouillet, Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Inghilterra, come circolo ristretto che si riuniva preliminarmente, che si allargava dopo a Italia e Canada (fu Bettino Craxi da presidente del Consiglio a battere i pugni nel 1987, come era avvenuto a Sigonella, e a imporre la fine dei due livelli), il G7 si proponeva come un organismo informale in grado di orientare la geopolitica e l’economia nell’area ad economia capitalistica, in un mondo diviso in due dalla guerra fredda, tra occidente liberaldemocratico e paesi comunisti.

A quel tempo il sistema ad economia di mercato era attraversato da instabilità e incertezze a causa della fine del sistema del cambi fissi nato a Bretton Woods nel 1944, il “gold standard”, decisa unilateralmente dal presidente americano Nixon nel 1971 e dalla micidiale accoppiata di stagnazione e inflazione generata dalla “Guerra del Kippur” arabo-israeliana nel 1973, con l’aumento esponenziale dei prezzi del petrolio.

Per alcuni decenni il G7 costituì un summit di capi di Stato e di governo in grado di orientare le scelte internazionali, ma con la fine della divisione del pianeta in blocchi geopolitici di natura ideologica e l’avvento della globalizzazione, è divenuto sempre più un vertice “faraonico e inutile”, per usare le parole proprio di uno dei suoi fondatori, Helmut Schmidt.

Come è possibile concepire un organismo che, dopo la caduta del Muro di Berlino, vorrebbe proporsi come una sorte di governo mondiale, senza, solo per esempio, Nazioni come la Cina, la cui economia per ritmi di crescita è la prima a livello planetario, o la Russia, il cui apparato militare è pari a quello Usa ed è il primo produttore di gas e il secondo di petrolio, non è dato comprenderlo! E’ tempo di archiviare questi summit e pensare a forme diverse e più democratiche e inclusive di confronto a livello mondiale, senza spettacolarizzazioni fuori luogo, consegnando alla storia questi vertici con le bellissime immagini dell’ultimo: la magia di Taormina e della Sicilia.

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