L’Ilva ad Arcelor Mittal-Marcegaglia

Le mani della cordata Arcelor Mittal-Marcegaglia (sostenuta dal supporto finanziario di Intesa San Paolo) sull’Ilva. Fra le due proposte di acquisto pervenute, i commissari, Piero Gnudi Ivo Laghi e Corrado Carrubba, hanno espresso il loro parere favorevole a favore di Am InvestCo. Ora toccherà al ministro per lo sviluppo economico, Carlo Calenda, decidere. Ed è auspicabile che decida tenendo in debito conto le richieste e le attese della popolazione maggiormente coinvolta in questa vicenda, cioè quella tarantina. Ascoltando anche il parere dei lavoratori visto che poi, quando scoppiano le crisi, è a loro che si chiedono i sacrifici (Alitalia docet). Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, ha spiegato che “il ministro ha garantito al sindacato la possibilità di esprimere un parere seppur non vincolante”. È auspicabile che dopo i disastri combinati all’epoca dell’assegnazione ai Riva, questa volta una entità extraterrena illumini per il meglio una classe politica che sul fronte degli interventi nelle aree produttive un tempo appannaggio dell’imprenditore pubblico ha dimostrato di essere soprattutto in grado di farsi del male e di far del male alle cittadinanze. La tensione che ha accompagnato le prime notizie che parlavano di assegnazione già avvenuta, confermano la rilevanza della posta in gioco. Non a caso Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl, era immediatamente esploso affermando “un conto è avere un parere, un altro sarebbe avere già deciso”.

Secondo i rumors, Arcelor-Mittal e Marcegaglia (Am InvestCo) avrebbero messo sul piatto una offerta da 1,8 miliardi, battendo l’offerta dell’altra cordata, Acciaitalia. Tornerà così a Taranto il gruppo dell’ex presidente della Confindustria. Non l’accoglieranno con cocktail di benvenuto e mazzi di fiori ricordando il fallimentare investimento avviato alcuni anni fa sul fronte della produzione di pannelli fotovoltaici. Arcelor Mittal è un colosso di livello Mondiale, con quartier generale in Lussemburgo (i motivi sono facilmente intuibili). Esibisce numeri stratosferici: 320 mila dipendenti, 58 miliardi di fatturato, 98 milioni di tonnellate di acciaio prodotte. A Taranto punterebbero a produrne sei milioni. I concorrenti, cioè la cordata composta dagli indiani di Jindal, da Arvedi, Del Vecchio e la Cassa Depositi e prestiti (Acciaitalia) si sarebbe fermata a 1,2 miliardi.

Nel comunicato emesso alla fine di un pomeriggio caratterizzato da grandi fibrillazioni, i commissari, dopo aver sottolineato di aver inviato al ministro competente (Calenda) i risultati del loro esame, hanno spiegato: “La valutazione dell’offerta è stata elaborata sulla base dei seguenti elementi: piano industriale articolato a sua volta in sub elementi anch’essi predeterminati. Piano ambientale anch’esso articolato in sub elementi predeterminati. Impegno di risorse pubbliche per investimenti ambientali nei limiti consentiti dalle normative nazionali e comunitarie. Canone di acquisto e prezzo di acquisizione”. Alle cautele del sindacato, fa riscontro l’euforia della politica espressa dal ministro per la coesione territoriale, Claudio De Vincenti per il quale “ci sono tutte le condizioni per avere una soluzione positiva”.

La procedura ora attribuisce a Calenda il potere di dichiarare il vincitore attraverso un decreto. Subito dopo interverrà il ministero dell’ambiente che avrà un mese per valutare la rispondenza dei progetti della cordata con le indicazioni ambientali. Alla fine dell’esame scatterà l’assegnazione per via contrattuale. Infine, la valutazione dell’anti-trust europeo che dovrà decidere entro venticinque giorni. Un iter, insomma, che dovrebbe esaurirsi entro agosto, fatte salve eventuali complicazioni che potrebbero allungare la procedura di altri cento giorni.

Calenda, insomma, è l’arbitro di questa vicenda. Non a caso ha proveduto, immediatamente dopo l’uscita delle prime indiscrezioni, a emettere un comunicato con il quale comunicava l’annuncio per il prossimo 30 maggio di un vertice con segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, Ugl Metalmeccanici, Cgil, Cisl e Uil per “comunicare lo stato di attuazione della procedura relativa alla cessione degli impianti Ilva”. All’incontro saranno presenti anche il vice ministro Teresa Bellanova e i commissari straordinari dell’Ilva.

Per le questioni Ilva sono stati giorni cruciali visto che mercoledì scorso in uno studio legale milanese Adriano Riva aveva firmato le carte che consentiranno il rientro in Italia del miliardo e trecentotrenta milioni bloccati in Svizzera. I soldi verranno in larga misura utilizzati per la bonifica dell’area di Taranto. E nei documenti presentati anche a livello parlamentare a sostegno della propria proposta, Arcelor-Mittal e Marcegaglia sottolineano come sia necessario “un investimento focalizzato sulle tecnologie di miglioramento delle performance ambientali”. Il colosso con sede in Lussemburgo dichiara di avere “un track record provato nel migliorare materialmente la performance ambientale di siti a bassa performance” perché hanno “il kow-how mecessario a implementare un cambiamento effettivo”. Ma, al contrario dell’altra cordata, Am InvestCo non prevede l’abbandono del ciclo produttivo basato sull’altoforno a vantaggio di quelli elettrici ad arco. Ritiene, il gruppo, che dal punto di vista ambientale si possano raggiungere con gli opportuni accorgimenti i medesimi risultati dei forni elettrici che i nuovi “padroni” (al momento ancora potenziali) di Ilva considerano adatti a stabilimenti con capacità produttive limitate (intorno ai due milioni e mezzo di tonnellate) ma poco consigliabili per quelli ad alta capacità produttiva. Per giunta, la produzione con i forni elettrici sarebbe poco concorrenziale perché basata non sull’uso del minerale ma sul rottame che ha costi molto elevati al pari dell’energia elettrica.

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