-di VALENTINA BOMBARDIERI-
“La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese”. La governatrice PD del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, pochi giorni fa ha regalato questa grande perla di saggezza.
A destra c’è chi fa addirittura di Serracchiani un’icona: è il caso dei neofascisti di Forza Nuova, che diffondono un manifesto con il volto e la frase della presidente, accompagnata dallo slogan «La realtà è più forte di ogni ideologia buonista». Il tutto condito dall’hashtag #arrendeteviallarealtà e dal simbolo della formazione.
Che l’uscita della Serracchiani sia una vera e propria cretinata era cosa nota. Ma che un partito nazionalista e xenofobo potesse usarla come testimonial pochi se lo aspettavano (forse nemmeno lei che ora, probabilmente, userà maggiore prudenze nelle sue intemerate socio-giuridiche). Come dimenticare gli slogan e le iniziative all’insegna del razzismo e dell’intolleranza che Forza Nuova ha portato avanti in questi anni? Mentre la governatrice mantiene la sua linea sostenendo “di aver detto una cosa di buon senso, scomoda ma evidente”. A chi? Sicuramente ai suoi “nuovi amici” di Forza Nuova, a Salvini ma non a gran parte di quel popolo di sinistra o centro-sinistra che pur non condividendola quasi mai, la considerava allineata nelle sue fila.
Quel “ma” lascia intendere che la violenza sessuale sia più grave se a commetterla sia un richiedente asilo. Quindi per la proprietà transitiva se un italiano violentasse una profuga la colpa peserebbe meno? E se sono le italiane ad essere violentate da italiani? I “massacratori del Circeo” degli anni Settanta, politicamente “affini” ai ragazzi di Forza Nuova, in fondo non venivano mica dalla Nigeria ma dai Parioli. Domande lecite che ci piacerebbe porre a Debora Serracchiani, convinti del fatto che la violenza è sempre violenza senza sé e ma. Quella da lei sostenuta è una sesquipedale sciocchezza, ancor più inaccettabile perché fiorita sulle labbra di una figura istituzionale che dovrebbe sapere saper fare la differenza tra reato (dove conta la legge) e peccato (dove entrano in ballo concetti etici legati, però, alla religione professata). Dovrebbe anche sapere che l’unica morale civile valida per tutti noi e, quindi, anche per lei, è quella illustrata nella Costituzione che si poggia proprio sul concetto opposto, cioè sulla mancanza di differenze come recita lo slogan che campeggia nei tribunali italiani: “La Legge è uguale per tutti”.
Difficile trovare un concetto più pericoloso, neanche nei repertori di Matteo Salvini. Esponente di un PD, che non è carne né pesce e che tenta di accaparrarsi fino all’ultimo voto di destra. Archiviati persino i limiti del decoro intellettuale, ci abbandoniamo con voluttà alla deriva populista. Un istinto irrefrenabile anche nell’esponente di un Partito da cui forse non ce lo saremmo voluto e potuto aspettare.