Una speranza per il futuro del clima?

 –DONATELLA LUCENTE-

Da mesi l’amministrazione di Trump accarezza l’idea di uscire dall’accordo di Parigi. Lo storico accordo che per la prima volta impegna tutti i firmatari, quasi 200 nazioni fra paesi industrializzati e in via di sviluppo, a ridurre le emissioni di gas serra (e mantenere il riscaldamento climatico al di sotto di due gradi rispetto all’era preindustriale) è entrato in vigore il 4 novembre ed è stato ratificato da 107 nazioni, tra cui gli Stati Uniti secondo grande inquinatore del pianeta dopo la Cina per emissioni di gas serra e la Corea del Nord.

Una decisione definitiva sulla questione è prevista questa settimana. Nel cerchio magico di Trump, da un lato stanno il falco Steve Bannon e Scott Pruitt, amministratore dell’Ente per la protezione ambientale (EPA). Dall’altra la figlia Ivanka appoggiata dal marito Jared Kushner e il segretario di Stato, Rex Tillerson.

Il team Bannon/Pruitt punta a cancellare il Clean Power Plan di Obama eliminando l’insieme di leggi che prevedono miliardi di dollari di investimenti per finanziare il passaggio da fonti di energia responsabili dell’emissione di gas serra a fonti di energia pulita, come quella fotovoltaica o quella eolica. stabilisce la chiusura di centrali elettriche a carbone e ha lo scopo di ridurre entro il 2030 i livelli di emissioni di gas serra delle centrali elettriche americane esistenti del 32 per cento rispetto a quelli del 2005. La posizione è stata confermata da Pruitt durante l’ intervista rilasciata a Cnbc International: “Penso che misurare l’impatto delle attività dell’uomo sul clima sia un qualcosa di molto difficile e oneroso da fare, e c’è un profondo disaccordo sul grado di questo impatto. E io non sono d’accordo nel dire che il Co2 è il principale responsabile del riscaldamento globale”.

La tesi contraddice  la posizione di altre agenzie federali che studiano i cambiamenti climatici, come Nasa e la Nooa (Amministrazione nazionale oceanica e atmosferica).

Il team Ivanka Kushner Tillerson è per restare nell’accordo di Parigi sostenendo che l’uscita degli Usa non garantirebbe futuro e competitività al paese. Le aziende nazionali di energia saranno competitive solo se gli Stati Uniti rispetteranno gli accordi di Parigi” ha scritto Cheniere Energy Inc., società del settore gas, in una lettera inviata alla Casa Bianca. “L’accordo è strumento utile per favorire la domanda di risorse energetiche americane e sostenere la continua crescita dell’industria”.

Sulla stessa linea, è anche Exxon Mobil Corp ., azienda leader nel settore petrolifero, in una lettera inviata a firma Exxon al consigliere per l’energia di Trump, David Banks: “sarebbe prudente che gli Stati Uniti restassero all’interno dell’accordo di Parigi per garantire un campo di gioco equilibrato per tutti, in modo che i mercati energetici restino il più possibile liberi e competitivi”. La sfida ai cambiamenti climatici, sostiene il colosso energetico, richiederà progressi tecnologici e gli Stati Uniti dovrebbero sostenere politiche per ottenerli.

Se gli Stati Uniti dovessero ritirarsi dall’accordo di Parigi, la nuova politica ambientale americana avrà conseguenze sia sulle emissioni degli Stati Uniti sia a livello mondiale. A traghettare il mondo verso un futuro più pulito non saranno più gli Usa. Il ritiro sarebbe un danno per la competitività degli Stati Uniti, mentre si rafforzerebbero i ruoli di altre potenze per guidare la transizione globale, tra cui la Cina che potrebbe porsi come leader mondiale della lotta al cambiamento climatico dominando i mercati di energia pulita.

Il neopresidente francese Emmanuel Macron ha chiesto a Trump, durante la telefonata di congratulazioni per l’elezione, di non abbandonare l’accordo di Parigi sul clima. Lo ha riferito il portavoce del presidente eletto francese a Cnn. Sulla stessa linea anche il presidente cinese Xi Jinping, che si è impegnato a difendere gli accordi sulla lotta ai cambiamenti climatici presi durante la Conferenza di Parigi. Cina e Francia, ha detto Xi, secondo la nota riportata dal ministero degli Esteri di Pechino, “dovrebbero difendere i risultati relativi alla governance globale, incluso l’accordo di Parigi”. A questi appelli si aggiungono le parole dell’ex presidente americano Barack Obama, che da Milano ha ribadito l’importanza dell’accordo sul clima raggiunto nel dicembre 2015 a Parigi.

 

 

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