Primo maggio e la crisi: “globalizzare la solidarietà”

-di MAURIZIO BALLISTRERI-

E’ una Festa del Lavoro ripiegata su se stessa, quella che si è svolta questo 1° maggio, a causa di una crisi dell’economia mondiale che, in primo luogo, ha provocato gravi guasti sociali e disoccupazione diffusa.

Eppure quanto è avvenuto era stato già annunciato dal fenomeno della globalizzazione, fondata sull’Homo homini lupus descritto da Hobbes, con il fenomeno della “delocalizzazione” e dei minori sfruttati che richiamano alla mente le scene di oppressione sociale di romanzi come i “Misteri di Parigi” di Eugène Sue e “I miserabili” di Victor Hugo e che sono riassunti da un dato emblematico: più di un miliardo di persone vive nel mondo con meno di un dollaro al giorno.

Secondo un rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) del 2001, milioni di persone a livello planetario subiscono le conseguenze del “deficit di impieghi dignitosi”, con un allarmante vuoto di protezione sociale, di riconoscimento di diritti e l’aumento del lavoro del lavoro minorile. E il diritto del lavoro, così come si è sviluppato parallelamente all’affermazione del “capitalismo riformato”, appare vulnerato.

Il tema, tra gli altri, è quello dei diritti sociali a livello mondiale. E’ tempo di prendere di petto il nuovo mito pagano del mercatismo attraverso l’imposizione a tutti i Paesi che partecipano alla globalizzazione, di una soglia minima di regole per i lavoratori, il cui mancato rispetto dovrà essere causa di blocco alla esportazione dei prodotti. Il riferimento è a quelle Nazioni in cui i lavoratori, spesso bambini e donne in gravidanza, prestano la propria attività in industrie-lager con salari di fame anche per 15 ore al giorno, senza diritti sindacali e pensionistici, esposti a infortuni e ad ambienti nocivi; Nazioni nelle quali le multinazionali hanno delocalizzato le loro produzioni.

Nel vuoto siderale di una sinistra il cui riformismo è, purtroppo, solo nominale, culturalmente e politicamente subalterna alle politiche economiche e sociali neoliberiste e al progetto oligarchico planetario e alla sempre più evidente inadeguatezza dell’azione sindacale, che in Italia vede le centrali “storiche” in chiaro deficit di rappresentanza, l’unica voce forte che si ode è quella di papa Francesco che parla di “globalizzare la solidarietà”.

E a proposito del sindacalismo italiano e i temi della rappresentatività e rappresentanza in azienda connessi ai diritti sindacali, efficacia generale della contrattazione collettiva, anche a seguito della sfiducia dei lavoratori all’ipotesi di accordo sindacale con il referendum Alitalia, che segue altri “buchi neri” nel rapporto tra mondo del lavoro e confederazioni, è tempo, ormai, di definire una legge, in attuazione dell’art.39 della Costituzione, che tenga conto dell’evoluzione del diritto vivente e in un rapporto positivo con l’autonomia collettiva, che definisca regole certe e uguali per tutti gli attori delle relazioni industriali, superando la logica della legittimazione reciproca, che rischia di tracimare nell’autoreferenzialità e nel verticismo.

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