L’urgenza di una seria riforma fiscale

 

-di SANDRO ROAZZI-

A raccontarla la prospettiva dei conti pubblici 2018 in modo arbitrario verrebbe da preoccuparsi non poco. Pil all’1-1,1% e deficit a 1,2% contro il 2,1 di quest’anno. Vale a dire crescita senza occupazione ed il solito rigore. In realtà la situazione, per fortuna nostra, appare un poco diversa. La crescita del Pil resta debole ma con qualche segno di vivacità da assecondare. Il taglio del rapporto fra deficit e Pil all’1,2% appare come un esercizio di scuola, visto che mette in campo clausole di salvaguardia per 20 miliardi. Usarle tutte vorrebbe dire affossare… in area di rigore la domanda interna con la conseguente concessione di un… penalty a tutto svantaggio della collettività e dei consumi (fra le clausole quella più pesante resta l’aumento dell’Iva, oltre a eventuali tagli di agevolazioni fiscali).

Il Governo che oggi si riunisce pensa anche ad interventi per la crescita ma l’impressione resta quella di un barcamenarsi in attesa di notizie dal fronte della politica a cominciare dalla sfida interna al PD. Eppure proprio sul piano fiscale certe differenze con gli altri grandi Paesi sviluppati pesano. Dopo la Corte dei Conti anche l’Ocse mette il dito sull’… oppressione fiscale del costo del lavoro che vale in Italia per un lavoratore single il 47,8% di quanto percepisce e ci fa balzare al quinto posto fra le economie di quell’area. Peggio ancora stanno le famiglie monoreddito che conquistano la… medaglia di bronzo, con ben 12 punti sopra la media Ocse. Per un lavoratore il costo del lavoro vale oltre 52 mila euro in Italia contro la media Ocse di 47 mila. Ed i salari lordi da noi sono tassati per il 31% mentre sempre fra i Paesi Ocse la media si attesta al 25,5%.
Tenendo conto che siamo in una stagione di forti trasformazioni e di impetuosa evoluzione tecnologica questo divario gioca pesantemente contro le possibilità di accelerare la crescita e al tempo stesso di favorire nuova occupazione e, soprattutto, fornisce alibi potenti alla mancanza di investimenti.
La questione fiscale si impone allora ancora una volta come uno degli snodi decisivi per una svolta indispensabile nel nostro assetto economico e sociale. Le alternative non sono molte: o si interviene in modo massiccio per ridurre il costo del lavoro rispetto ai nostri Paesi concorrenti ed in grado di rianimare la domanda interna, oppure si deve procedere ad una profonda ed equa riforma fiscale.
La leva fiscale del resto non può non essere utilizzata in una fase di bassi salari, mentre fra l’altro il lavoro sta cambiando velocemente e pone nuovi problemi in modo incessante. Non va considerata una sorta di taumaturgico rimedio a tutto, ma non può galleggiare fra intenzioni tradite puntualmente dai “non possumus” dei Governi e interventi a pioggia, assistenziali e inadeguati.
In questo caso occorrerebbe davvero mettere insieme le migliori competenze del Paese per riorganizzare questo nostro claudicante fisco. Ma non pare essere questo, il tempo per… Resurrezioni di questo tipo.

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