Donald Trump si cala l’elmetto e scatena la guerra alle porte di casa nostra, nel grande “lago” che bagna le nostre coste, il mar Mediterraneo. Un attacco contro la Siria deciso unilateralmente che, sotto molti aspetti, è anche uno schiaffo all’Onu che in questi anni, in buona misura, se lo è meritato assistendo impotente all’incancrenirsi della situazione di guerra in quell’area. L’Isis non c’entra nulla; l’obiettivo è Bashar al-Assad e il suo regime, spregiudicato e sanguinario. Infatti quando ancora l’alba era lontana, alle 2,45 cinquantuno missili tomhawk lanciati dalle navi che incrociavano di fronte alle coste, si sono abbattuti sulla base di Al Shayrat da cui sarebbe partito il raid chimico contro Khan Sheikhoun che ha provocato la morte di una ottantina di civili, fra i quali una trentina di bambini.
Un colpo ad Assad ma anche alle istituzioni che dovrebbero garantire l’equilibrio mondiale e che invece non sono state in grado di risolvere le numerose crisi che si sono aperte nel Mediterraneo. Oggettivamente, un atto di guerra dichiarato in maniera unilaterale e piuttosto pericolosa. Ma di fatto anche una marcia indietro nel rapporto con la Russia e con Putin che Trump aveva abbondantemente blandito durante la sua campagna elettorale. Il rischio, però, è che anche questa scelta abbia poco a che vedere con il problema-Assad e sia, invece, proprio una continuazione di quella campagna sia nel rapporto polemico con Obama (considerato arrendevole nei confronti della Siria) che tanti pubblici consensi gli ha portato, sia nei confronti della Russia nel momento in cui le questioni relative ai suoi rapporti d’affari con gli amici di Putin restano al centro dell’attenzione globale e, soprattutto, americana.