-di FEDERICO MARCANGELI-
La notizia è di ieri e di certo non farà piacere a tutte le aziende italiane (ed europee) che esportano prodotti negli USA. Stiamo parlando dell’ipotesi dazi paventata dal Wall Street Journal.
Secondo il quotidiano economico, l’amministrazione Trump starebbe studiando delle “tasse d’ingresso” per un paniere di prodotti Europei molto popolari, agendo come ritorsione per il mancato ingresso di carne americana nel vecchio continente. La legislazione UE non consente infatti l’utilizzo di ormoni sul bestiame, rendendo totalmente illegali molte pratiche diffuse negli Stati Uniti. Non si tratta quindi di un ban o di dazi, ma di incompatibilità nella legislazione.
Il neo-presidente degli USA non ha evidentemente compreso questo punto e non l’ha presa bene. Da questo deriva l’ipotesi di misure punitive contro alcuni prodotti europei. Concentrandosi sull’Italia, un’eventuale guerra commerciale potrebbe danneggiare (e non poco) il nostro paese. Bloomberg ha rivelato che la bilancia commerciale pende pericolosamente a favore del nostro paese, che quindi potrebbe essere fortemente danneggiato da questo braccio di ferro.
Noi importiamo circa 15 miliardi di prodotti USA, mentre ne esportiamo per 40 miliardi. Inoltre l’incidenza sul PIL di questi numeri è nettamente più alta per l’Italia.
Il trend degli ultimi anni ha inoltre mostrato un aumento costante dei rapporti di interscambio con gli Stati Uniti, con un + 2.7% nel 2016. Il dato ha ancora maggior peso se confrontato con quello delle altre nazioni, visto che solo India e Giappone sono riusciti ad avere un incremento di questo interscambio.
Le proiezioni dell’ICE (Agenzia per l’internazionalizzazione delle imprese italiane) parlano di un potenziale + 10 miliardi entro il 2019, che potrebbero però sfumare a causa della nuova strategia di Washington.
Il settore più in pericolo per questi dazi è quello della “Meccanica Strumentale”, che pesa per 10 dei 40 Miliardi di export. Stiamo parlando di piccole e medie imprese che producono meccanica di precisione altamente specialistica e che potrebbero ricevere un importante contraccolpo da eventuali dazi.
Grande scalpore ha suscitato anche la questione Vespa. In realtà la Piaggio fattura solo il 2% del totale negli USA, ottenendo il 5% dei ricavi globali. Parliamo di 5000 veicoli l’anno, non certo una cifra vitale per l’azienda. Questo dato è stato presto compreso anche dagli investitori, tant’è che il titolo è subito ritornato in pari dopo le perdite di ieri.
Ma non solo l’Italia potrebbe essere colpita dall’ordine esecutivo. Anche numerosi altri brand Europei rischiano “grosso”: la Perrier francese, la KTM austriaca o la Husquvarna svedese.
Complessivamente è il vecchio continente a perdere potenzialmente di più da una limitazione dei commerci, visto che gli USA importano molto più di quel che esportano.
Rimane comunque il fatto che gli Stati Uniti esportano cifre considerevoli verso l’Europa (non si hanno dati ufficiali ma si stima un 10% del totale), rischiando di subire danni consistenti in caso di attriti commerciali tra i due “blocchi”.