Il carteggio Moro-PaoloVI dalla prigionia

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“Santità, favorisca lo scambio di prigionieri”

Al Papa Paolo VI*

Beatissimo Padre,

nella difficilissima situazione nella quale mi trovo e memore della paterna benevolenza che la Santità Vostra mi ha tante volte dimostrato, e tra l’altro quando io ero giovane dirigente della Fuci, ardisco rivolgermi alla Santità Vostra, nella speranza che voglia favorire nel modo più opportuno almeno l’avvio di quel processo di scambio di prigionieri politici, dal quale potrebbero derivare, in questo momento disgraziatamente minaccioso, riflessi positivi per me e la mia disgraziata famiglia che per ragioni oggettive è in cima alle mie angosciate preoccupazioni. Immagino le ansie del Governo. Ma debbo dire che siffatta pratica umanitaria è in uso preso moltissimi Governi, i quali danno priorità alla salvezza delle vite umane e trovano accorgimenti di allontanamento dal territorio nazionali per i prigionieri/politici dell’altra parte soddisfacendo così esigenze di sicurezza. D’altra parte, trattandosi di atti di guerriglia, non si vede quale altra forma di eficace distensione ci sia in una situazione che altrimenti promette giorni terribili. Avendo intravisto q(ui) nella mia prigione un severo articolo dell’Osservatore, me ne sono preoccupato fortemente. Perché quale altra voce, che non sia quella della Chiesa, può rompere le cristallizzazioni che si sono formate e quale umanesimo più alto vi è di quello cristiano.

Perciò le mie preghiere, la mia speranza, quelle della mia disgraziata famiglia che la Santità Vostra volle benevolmente ricevere alcuni anni fa, s’indirizzano alla Santità Vostra l’unica che possa piegare il Governo italiano ad un atto di saggezza. Mi auguro si ripeta il gesto efficace di SS. PIO XII in favore del giovane Prof. Vassalli, che era nella mia stessa condizione. Vcoglia gradire, Beatissimo Padre, con il più vivo ringraziamento per quanti beneficeranno della clemensa, i più devoti ossequi.

Aldo Moro

*La lettera venne recapitata l’8 aprile del 1978. Il riferimento a Giuliano Vassalli riguarda la liberazione dell’esponente socialista durante il periodo dell’occupazione nazista di Roma. Vassalli venne arrestato nell’aprile del 1944 e tradotto nel famigerato carcere di via Tasso dove fu crudelmente torturato. Per intercessione di Pio XII venne liberato alla vigilia della liberazione di Roma avvenuta il 4 giugno 1944. Un ruolo decisivo in quella liberazione ebbe Giovanni Battista Montini, collaboratore del pontefice. La Fuci era la Federazione Universitaria dei Cattolici italiani. In gioventù, Paolo VI era stato assistente ecclesiastico prima del circolo romano e poi dell’organizzazione nazionale; Aldo Moro era, invece, il presidente. La lettera è ripresa dal libro: “Aldo Moro: Lettere dalla prigionia” a cura di Miguel Gotor, Einaudi 2008, pp. 400, euro 13,50

* Alla stampa, da parte di Aldo Moro, con preghiera di cortese urgente trasmissione all’augusto destinatario e molte grazie.

A S.S. Paolo VI

Città del Vaticano

In quest’ora tanto difficile mi permetto do rivolgermi con vivo rispetto e profonda speranza alla Santità Vostra, affinché con altissima autorità morale e cristiano spirito umanitario voglia intercedere presso le componenti autorità governative italiane per un’equa soluzione del problema dello scambio dei prigionieri politici e la mia restituzione alla famiglia, per le cui necessità assai gravi sono indispensabili la mia presenza ed assistenza. Solo la Santità Vostra può porre di fronte alle esigenze dello Stato, comprensibili nel loro ordine, le ragioni morali e il diritto alla vita.

Con profonda gratitudine, speranza e devoto ossequio.

Dev.mo

Aldo Moro

*La lettera venne recapitata il 20 aprile 1978. Dal libro: “Aldo Moro: Lettere dalla prigionia” a cura di Miguel Gotor, Einaudi, 2008, pp.400. Euro 13,50

Paolo VI: “Scrivo a voi, uomini delle Br: liberatelo”

-di PAOLO VI-*

Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro. Io non vi conosco, e non ho modo d’avere alcun contatto con voi. Per questo vi scrivo pubblicamente, profittando del margine di tempo, che rimane alla scadenza della minaccia di morte, che voi avete annunciata contro di lui, Uomo buono ed onesto, che nessuno può incolpare di qualsiasi reato, o accusare di scarso senso sociale e di mancato servizio alla giustizia e alla pacifica convivenza civile. Io non ho alcun mandato nei suoi confronti, né sono legato da alcun interesse privato verso di lui. Ma lo amo come membro della grande famiglia umana, come amico di studi, e a titolo del tutto particolare, come fratello di fede e come figlio della Chiesa di Cristo.Ed è in questo nome supremo di Cristo, che io mi rivolgo a voi, che certamente non lo ignorate, a voi, ignoti e implacabili avversari di questo uomo degno e innocente; e vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni, non tanto per motivo della mia umile e affettuosa intercessione, ma in virtù della sua dignità di comune fratello in umanità, e per causa, che io voglio sperare avere forza nella vostra coscienza, d’un vero progresso sociale, che non deve essere macchiato di sangue innocente, né tormentato da superfluo dolore. Già troppe vittime dobbiamo piangere e deprecare per la morte di persone impegnate nel compimento d’un proprio dovere. Tutti noi dobbiamo avere timore dell’odio che degenera in vendetta, o si piega a sentimenti di avvilita disperazione. E tutti dobbiamo temere Iddio vindice dei morti senza causa e senza colpa. Uomini delle Brigate Rosse, lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova.

 

Dal Vaticano, 21 aprile 1978

 

*Questa lettera aperta del Pontefice arrivò dopo l’ultimo appello a lui rivolto dal leader democristiano. All’apparenza appare in contraddizione con gli inviti di Moro a fare da intermediario, ad assumere le redini di una trattativa. In realtà, una lettura più attenta indurrebbe a considerarla un tassello di un negoziato già in corso ma in attesa di entrare nella fase conclusiva. I contatti tra il Vaticano e i terroristi erano stati avviati da tempo come poi confermò Giulio Andreotti davanti alla commissione d’inchiesta del 1980. Inoltre, secondo quanto disse ai magistrati il brigatista pentito Carlo Bozzo nel 1984, la Chiesa si sarebbe offerta di pagare un riscatto di 50 miliardi di lire (sulla cifra non c’è chiarezza) ma i brigatisti rifiutarono perché interessati alla “legittimazione politica” del rilascio dei prigionieri. La questione della trattativa era stata posta sul tavolo direttamente e indirettamente sin dai primi giorni del rapimento ma divenne centrale solo tre giorni dopo la lettera del Papa. Alle suppliche di Montini i brigatisti risposero il 24 aprile con il comunicato numero 8 in cui si chiedeva la liberazione di tredici tredici terroristi: Sante Notarnicola, Mario Rossi, Giuseppe Battaglia, Augusto Viel, Domenico Delli Veneri, Pasquale Abatangelo, Giorgio Panizzari, Maurizio Ferrari, Alberto Franceschini, Renato Curcio, Roberto Ognibene, Paola Besuschio e Cristoforo Piancone.

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