Pieraccini e la spinta riformatrice insufficiente

 

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di FEDERICO MARCANGELI-

La presentazione de “L’insufficienza Riformatrice” è stato più un excursus storico che un evento commerciale. Stefano Rolando ha raccolto in questo libro la vita di Giovanni Pieraccini, l’autore morale di quest’opera. Rolando è stato il braccio che ha messo su carta le idee ed i ricordi dell’ex politico. Una narrazione storica di quasi 100 anni d’Italia, che scorre dal fascismo ai giorni nostri.
Il libro non si pone come scritto storico-scientifico, ma con leggerezza cerca di guidare il lettore in questo percorso storiografico.

La vita di Pieraccini parte dalla formazione presso la scuola di Sant’anna, fino ad arrivare alla “Fondazione Roma Europa”. Ma non si limita qui; sono presenti anche due appendici: la recensione di “Ritratto di una generazione” di Vittorio Emiliani ed il commento al discorso “Rifare l’italia” (del 1920 alla camera di Turati) ad opera di Aldo Ricci.

Dopo questa iniziale introduzione da parte dello stesso Stefano Rolando, Guido Melis, Luigi Covatta e Vittorio Emiliani hanno arricchito il dibattito con innumerevoli curiosità storiche riguardo l’Italia narrata nel libro. Ne vengono fuori 126 pagine molto dense: il bilancio di un’epoca (il 900) e di una generazione (quella degli “anni difficili” dei nati intorno agli anni ’20). Pieraccini era del ’18 e rientra appieno in quest’ultima.

Se volessimo dare 3 chiavi di lettura al libro potremmo riassumerle in alcune macroaree: la storia di Pieraccini, quella del partito socialista ed destino del riformismo italiano (che dà poi il titolo all’opera). Perché le riforme in questo paese incontrano ostacoli insormontabili? Falliscono o non esprimono la loro potenzialità. Nei contributi dei relatori è emersa una chiara responsabilità, quella dei burocrati di derivazione fascista. Le seconde linee della dirigenza pubblica del ventennio, non epurate e pronte a dare battaglia ad ogni ipotesi di riforma.

Per quanto riguarda la prima chiave (la storia di Pieraccini) si sottolineano degli elementi comuni a molti grandi personaggi della storia italiana, tra cui l’educazione nei licei fascisti. Ma poi la resistenza vista dall’esterno e un’adesione al socialismo, la scelta di stare dalla “parte giusta”.

Fino ad arrivare agli anni ’60 visti dall’interno, con l’evoluzione sociale ed il boom economico troppo veloce. Non si è mancato di sottolineare anche la grande esperienza di governo dell’ex politico, culminata con alcuni grandi interventi spesso dimenticati, come la gestione della tragedia del Vajont.

Un’interessante curiosità emersa nella conferenza riguarda il ruolo chiave che ebbe per il finanziamento del parco della musica. Dai più viene ignorato che grazie alla sua abilità politica ricevette una spinta importante.
L’esperienza del partito socialista è un’altra chiave di lettura del libro. I suoi alti e bassi nella storia del secondo dopoguerra, tra disunioni e nuove unificazioni, tra riformismo e neomassimalismo.

In questo quadro Pieraccini ci fa vedere un bilancio molto amaro della scena politica italiana, ma tutto sommato addolcito da una speranza riformista mai finita.
Prima della conclusione di Sergio Zavoli è intervenuta anche Monique Veaute, che ha portato la sua testimonianza diretta del Pieraccini recente. Un impegno costante ed imponente per la “Fondazione Roma Europa”, al fine di sostenere la cultura in ogni sua forma, spesso supportando dei progetti innovativi e complessi. Ne viene fuori una figura tenace e combattiva che dà battaglia su ogni fronte.

A valle di questi interventi ha preso la parola Sergio Zavoli, che ha elogiato l’ancora importante ruolo della narrazione scritta. Un elogio del media cartaceo che non dovrebbe essere svilito dai nuovi strumenti di comunicazione.

Giovanni Pieraccini, Stefano Rolando: “L’insufficienza riformatrice. Abbiamo fatto, ma avremmo dovuto fare di più”, Pezzini editore, 2016, pp. 128, euro 12,00

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