Le due Italie tra Dj Fabo e Tribunale di Trento

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-di ANTONIO MAGLIE-

Ci sono due Italie. Una divisione che non riguarda quella tra Nord e Sud, con la Calabria che nei dati reddittuali (come ha svelato l’Agenzia delle Entrate) è distante non migliaia di chilometri ma milioni di anni luce dalla Lombardia. Ve ne è un’altra che riguarda la consapevolezza nei confronti della realtà, la sensibilità per le situazioni che cambiano. Da un lato quella che ogni giorno si confronta col mondo, quella vera; dall’altro quella virtuale (anche nella sua immersione propagandistica nel web) che ciondola tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi, soddisfatta (in larga misura) per un posto di lavoro piuttosto redditizio che nella vita reale forse non avrebbe mai trovato e anche per una visibilità che nessuna impresa personale avrebbe potuto garantire a causa della mancanza di talento e di opere da tramandare ai posteri.

Le due Italie si raccontano in maniera diversa. Quella vera, ad esempio, in parte, si identifica nel Dj Fabo che in maniera estrema ci ha ricordato che un Paese civile si dota di una legge sul “fine vita”, rispettosa non solo della dignità umana riconosciuta dalla costituzione ma anche di quella più generale che dovrebbe accompagnare tutte le esistenze che quotidianamente si incrociano sulla faccia del pianeta. Evidente questa distanza l’altra sera, nel salottino di Bruno Vespa, quando un parlamentare della Lega, Massimiliano Fedriga, ha spiegato che certo i problemi esistono ma sarebbe sufficiente garantire sostegni a livello economico e assistenziale alle famiglie per eliminare quel desiderio dall’uscita di un dolore che non ha sbocchi alternativi, a parte la morte.

Insomma, la questione vecchia come il mondo dell’inutile accanimento terapeutico, con tutto quello che ne consegue a livello emotivo e psicologico, non esiste; il lento dolore del diretto interessato e di coloro che gli sono attorno che si prolunga per anni e decenni nell’attesa che un corpo ormai ridotto allo stato vegetale, ormai incapace di intendere, volere e, soprattutto, in qualche modo interagire con chi gli è attorno, non conta nulla. Alla base di tutto, per il “nostro” parlamentare solo una questione di quattrini. Stranissima opinione considerato che la strada scelta da Dj Fabo (ma anche da Lucio Magri prima di lui e anche da un più anonimo italiano il giorno dopo Fabiano Antoniani si è fatto “assistere”) se la possono permettere, al contrario, solo chi i quattrini li ha.

Nessuno di noi è obbligato a seguirla. Ma il testamento biologico di cui tanto si parla è legato a quell’evoluzione della società (anche tecnologica e, in corrispondenza morale) che, come diceva Norberto Bobbio, sollecita non tanto la nascita, ma l’urgenza del riconoscimento di un diritto civile. E questa urgenza è stata prodotta in buona misura dalla ricerca scientifica, dal progresso delle macchine che oggi consentono, al di là di ogni sofferenza o ragione, di prolungare vite che non sono più tali (si pensi al caso di Eluana Englaro). Fornendo una opzione (la sopravvivenza in qualsiasi modo) impongono la necessità di mettere a disposizione di tutti noi uno strumento per decidere cosa fare nel caso si vengano a determinare situazioni individuali ultimative. Il legislatore, insomma, avrebbe il compito di riconsegnare al cittadino una libertà di scelta che il progresso (o le semplici situazioni della vita non prevedibili né governabili) gli confisca. Il Vaticano può tranquillamente sostenere che quella del Dj Fabo è una sconfitta per la società, ma dato che noi siamo tenuti al rispetto delle leggi italiane, allora possiamo dire, con maggiore fondatezza di qualche alto prelato, che la sconfitta è tutta del legislatore italiano che per incuria, indifferenza, incapacità o, peggio ancora, subalternità ai diktat di oltretevere, da anni si volta dall’altra parte e lascia languire nei cassetti proposte che pure sono state presentate.

E un’altra Italia rappresenta la Corte d’Appello di Trento che un anno dopo rende di fatto risibili gli scontri parlamentari, le volgari proteste dei cosiddetti leader del Family Day (alcuni dei quali si sono esibiti con la solida leggerezza anche nel caso del Dj Fabo), le vesti stracciate dei troppi “atei devoti” che contribuiscono quotidianamente a rendere sempre più ipocrita la nostra esistenza in comunità. I giudici, infatti, hanno reso possibile solo ciò che il nostro impaurito legislatore ha deciso di non regolare: la libertà per due gay di essere genitori di un bambino. Ma è evidente che tutto quello che riguarda gli affetti, le emozioni e i sentimenti difficilmente risulta comprensibile per i tanti (troppi) Fedriga (di ogni foggia e colore politico) che siedono in Parlamento. Auguri dall’altra Italia.

antoniomaglie

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