L’Europa, la Nato e le pericolose frontiere a Est

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-di MAGDA LEKIASHVILI-

In decenni innovando la sua tradizione operativa, la Nato si è concentrata su teatri cosiddetti fuori zona, Afganistan ad esempio. Al di là di condizioni contingenti, come quelle che hanno portato i contingenti Nato a sorreggere il governo di Kabul, si è sostenuto che questo impegno fosse funzionale alla “proiezione” di stabilità, ovvero che la sicurezza nei paesi membri si tutela anche dando stabilità oltre le frontiere condivise. È all’interno di questa dottrina che va a collocarsi la decisione assunta al vertice Nato di Varsavia di luglio 2016, riguardante il dispiegamento di reparti militari nei paesi baltici e nella Polonia orientale e di accrescere i pattugliamenti aerei e navali, per rassicurare gli alleati un tempo satelliti dell’Urss (Gallori 2016) (1). In Lettonia si dislocano in maggioranza truppe canadesi, e si prevede la presenza di italiani, portoghesi e polacchi. In Estonia, agisce il comando britannico, in Lituania quello tedesco. In Polonia arrivano in particolare gli statunitensi.

Si tratta evidentemente di misure di contenimento anti-russo sollecitate dagli stessi governi interessati in seguito alle iniziative di Mosca in Crimea e nel Donbass. Contemporaneamente la Romania ha invocato la presenza dell’Alleanza Atlantica nel Mar Nero al fine di contenere le operazioni della flotta russa ancorata a Sebastopoli.

La Russia dichiara di ritenere scelte e richieste del genere una minaccia e risponde attraverso due modalità consolidate. Mostra la forza di cui dispone attraverso interventi militari mirati o rafforzando l’influenza sui paesi che ritiene dipendano, in qualche modo, dal Cremlino. Il ministro degli affari esteri russo, Sergej Lavrov, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera nel novembre 2016, spiegava che il mondo oggi assiste al più rilevante incremento del potenziale militare dalla fine della Guerra Fredda. Più precisamente “al rafforzamento della presenza e delle infrastrutture della Nato nel suo fianco orientale, al fine di esercitare una pressione politico-militare sul nostro paese” Secondo Mosca ai confini russi si svolgono esercitazioni dei paesi dell’Alleanza che hanno spesso carattere provocatorio. Lavrov aggiunge che nei paesi dell’Europa Centrale e Orientale sono stati dislocati mezzi pesanti e truppe americane mentre si materializzano nuovi elementi della struttura di comando della Nato. Per adeguarsi alla nuova realtà, dice Lavrov, la Russia è costretta rafforzare la propria capacità difensiva e il proprio sistema di sicurezza nazionale. Nonostante le minacce, il Cremlino non attaccherà i paesi baltici. Estonia, Lituania e Lettonia sono membri della Nato e godono della piena protezione dell’articolo 5 (2).

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Guardando la mappa, i paesi baltici rappresentano sicuramente parte del Nord Europa. L’unico motivo per cui a volte sono considerati come Europa orientale è perché sono stati satelliti del Unione Sovietica. E questo è un passato che non ci muore mai. Soprattutto, la Russia non ha ancora digerito lo spostamento di questi tre paesi verso l’orbita europea. La prima delle repubbliche baltiche a dichiarare l’indipendenza è stata la Lituania, l’11 marzo del 1990 (anche se l’indipendenza non venne riconosciuta ufficialmente sino al settembre 1991). Estonia e Lettonia seguirono l’esempio del vicino, ma il riconoscimento da parte della comunità internazionale avvenne solo alcuni mesi dopo (agosto 1991).

Quale è il vero motivo che ha accelerato avvicinamento dei paesi baltici all’Europa e alla Nato? Lo spirito europeo di questi stati o la forte volontà di staccarsi definitivamente dalla Russia e liberarsi dalla sua presenza e influenza? Probabilmente tutte e due. L’impegno di ricostruire lo stato democratico aveva richiesto un duro impegno di più di dieci anni e si è sempre accompagnato al desiderio di tenere a distanza i russi. La stessa adozione di riforme strutturali di stampo ultraliberista hanno accelerato il processo di allontanamento politico dal potente vicino. Non a caso il successo delle riforme è stato politicamente premiato con l’entrata nella Nato nel 2004 e nel maggio dello stesso anno nell’Unione Europea. E se la Nato ha deciso di rafforzare la sua presenza nei paesi baltici per presidiare i confini, si può immaginare che la politica russa venga percepita come imprevedibile e, conseguentemente, pericolosa per gli interessi dell’Alleanza.

(1) Gallori, Paolo. 2016. “Soldati Nato in Lettonia. La Russia Protesta. Gentiloni: Non è Aggresione”. La Repubblica, Ottobre 14.

(http://www.repubblica.it/esteri/2016/10/14/news/nato_pinotti_italiani_confine_russia_numeri_non_consistenti-149756061/).

(2) Secondo l’articolo 5 del trattato costitutivo dell’alleanza atlantica, “le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o nell’America settentrionale, costituirà un attacco verso tutte, e di conseguenza convengono che se tale attacco dovesse verificarsi, ognuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa individuale o collettiva riconosciuto dall’art.51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate, intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’impiego della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale”

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