Fisco, l’Italia che toglie ai poveri per dare ai ricchi

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-di ANTONIO MAGLIE-

Il dato illustrato dall’ultimo rapporto Lef sui “piaceri” dell’imposizione fiscale in Italia non rappresenta semplicemente la radiografia di una situazione insopportabile, è anche (soprattutto) un atto d’accusa contro i governi a cominciare dall’ultimo, quello presieduto da Matteo Renzi che si era posto l’obiettivo di abbassare la pressione fiscale.

Il dato è impietoso, seppur non originale e, comunque, percepito istintivamente da quella parte di popolazione italiana che ogni giorno fa i conti con lo stipendio e la pensione già quasi esaurita a due terzi del mese: l’81 per cento dell’Irpef viene pagato dai lavoratori dipendenti e dai pensionati. In sostanza c’è una parte d’Italia che copre generosamente i costi dello stare insieme e un altro pezzo che gode (pur avendo i mezzi economici) di tanta e quasi sorprendente generosità. Insomma, è come se il sabato dieci amici decidessero di andare a cena ma alla fine soltanto otto si dividono il contro mentre i due, più ricchi, sono sulla soglia del locale pronti a infilarsi cappotto e cappello senza nemmeno sfiorare il portafoglio.

Il dato mette in evidenza una realtà sotto gli occhi di tutti, certificata dalla distanza che separa sempre di più chi gode e chi, invece, deve arrangiarsi: il meccanismo che garantisce la redistribuzione della ricchezza nazionale si è inceppato, ormai la progressività funziona al contrario, impoverendo i meno abbienti e arricchendo i più abbienti. Ed è questo che è sfuggito al penultimo presidente del consiglio: il problema non era una generica riduzione della pressione fiscale, ma una seria riflessione con successivo intervento su un fisco iniquo perché chiede solo ad alcuni e si guarda bene dal chiedere agli altri perché gli altri (come dimostrano altri raccapriccianti dati, quelli sull’evasione) sfuggono al radar di uno stato strabico ed inefficiente.

Lef lo dice con chiarezza: la progressività è stata sabotata. E, allora, come si può pretendere di rimettere in moto i consumi nazionali e, quindi, la ripresa se si chiede ai lavoratori e ai pensionati, con redditi che si muovono poco o non si muovono affatto, di mettere mano al portafoglio per pagare i costi dello stare insieme per sé e per gli altri che non pagano? Un tempo sulla bandiera della sinistra (forse anche del centro sinistra) campeggiava un impegno ideologico: giustizia sociale. Provare a ricordarsene non sarebbe una pessima idea.

antoniomaglie

3 thoughts on “Fisco, l’Italia che toglie ai poveri per dare ai ricchi

  1. La riforma della tassazione deve anche spostare l’imposizione dagli strumenti capaci di produrre reddito a quelli produttivi di sola rendita. Sarebbe ora che un ministro delle finanze iniziasse a rispolverare il suo testo (speriamo ne conosca l’esistenza) di scienza delle finanze (cosi si chiamava anni fa lo studio della filosofia sottostante al diritto tributario)

  2. C’è anche una diversa distribuzione della tassazione che ha visto incrementare la tassazione sui consumi ed ho il sentore che l’evasione dell’IVA sia superiore a quella dell’IRPEF.
    Poi non dimentichiamo che 100 lavoratori producevano 100 lavatrici, ora 10 robot e un lavoratore producono 100 lavatrici, ma l’unico a pagare le imposte è il lavoratore e non i robot.

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