Onu e Società delle Nazioni: anniversari tristi

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-di GIULIA CLARIZIA-

Il 10 gennaio sembra essere la data delle organizzazioni internazionali. Ricorre, infatti, non solo l’anniversario della prima riunione della Società delle Nazioni, ma anche quello della prima Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Il 10 gennaio 1920, a Londra, la Società delle Nazioni, neonata organizzazione internazionale, iniziò ufficialmente i suoi lavori. Il primo atto che ne conseguì fu la ratifica e l’entrata in vigore del trattato di Versailles, firmato il 28 giugno precedente. La prima guerra mondiale era finita, e nel sistema delle relazioni fra stati si profilava un nuovo ordine internazionale.

Thomas Wodroow Wilson, presidente degli Stati Uniti d’America, nel discorso dell’8 gennaio 1918 sui “14 punti” per terminare la guerra e diffondere una pace stabile, aveva inserito la proposta per la creazione di un’organizzazione sovranazionale. Durante al conferenza di pace a Parigi, e in particolare nella sessione del 25 gennaio 1919, tale proposta fu accettata e fu affidato a una commissione appositamente creata, il compito di redigere lo statuto della futura organizzazione. I lavori non iniziarono che quasi un anno dopo, proprio quel 10 gennaio a Londra. Le cose, tuttavia, partirono con il piede sbagliato. Il più grande promotore della Società delle Nazioni, Wilson, non riuscì a portare il suo paese a farne parte. Il Partito Repubblicano statunitense si oppose fortemente all’adesione, spingendo per un ritorno all’isolazionismo. Di conseguenza gli Stati Uniti non ratificarono mai il trattato di Versailles e la Società delle Nazioni nacque orfana.

La prima assemblea generale si tenne il 15 novembre 1920, e vi erano rappresentate 41 nazioni. Oltre agli USA, mancavano la Germania e la Russia, che era nel pieno della guerra civile e stava per diventare Unione Sovietica. Sarebbero entrate rispettivamente nel 1926 (fino al 1933) e nel 1934 (poi espulsa nel 1939 dopo l’invasione della Finlandia e dei paesi baltici). La società era strutturata in Segretariato generale, Consiglio e Assemblea. Le decisioni venivano prese all’unanimità e secondo il principio democratico voluto da Wilson: ogni stato aveva un seggio e un voto, quindi un peso uguale per tutti.

Tra gli operati più significativi della Società vi fu l’istituzione dei mandati, ovvero la supervisione di alcuni territori (ex colonie tedesche o ex territori dell’estinto impero ottomano) affidata a nazioni come la Francia e l’Inghilterra, che li avrebbero dovuti guidare verso lo sviluppo. I più significativi furono quello di Siria, affidato alla Francia, e quelli di Palestina e Mesopotamia (Iraq), affidati all’Inghilterra. Dalla gestione di questi mandati sarebbero scaturiti non pochi problemi, i cui echi si sentono ancora oggi.

La Società delle Nazioni si estinse con la seconda guerra mondiale, che ne segnò il sostanziale fallimento. Era ormai palese che l’obiettivo del mantenere la pace non era stato raggiunto. Il mancato superamento dell’unanimità comportava una sostanziale stallo dell’organizzazione, accentuato dal fatto che Consiglio e Assemblea non operavano in maniera permanente. La società non disponeva di forze armate e di un reale potere coercitivo, e dunque era di fatto ignorata. Ne è un esempio lampante l’invasione dell’Etiopia da parte di Mussolini, a seguito della quale l’Italia fu espulsa dall’organizzazione.

A causa di questi problemi, la Società delle Nazioni non poteva più andare avanti. Durante la seconda guerra mondiale, un altro presidente statunitense, Franklin Delano Roosevelt, ne pensò una nuova, ispirato dalle idee del suo predecessore ma che avrebbe dovuto affrontare le sfide del secondo dopoguerra, le tensioni della guerra fredda su un panorama di stati che cresceva numericamente, soprattutto in seguito alla decolonizzazione.

Sempre il 10 gennaio e sempre a Londra, ma nel 1946, si tenne la prima riunione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La nuova organizzazione è strutturata per coordinare il principio democratico con quello di gerarchia di potenza.

L’ONU infatti dispone di un Consiglio di Sicurezza formato attualmente da 15 membri, 5 permanenti (USA, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna), 10 eletti dall’assemblea generale ogni 2 anni. I 5 membri permanenti hanno il potere di veto. Il consiglio di sicurezza è di fatto l’unico organo delle Nazioni Unite che opera in maniera effettiva. Il principio democratico emerge invece nell’Assemblea Generale, dove sono rappresentati tutti gli stati membri, ovvero 193 paesi, e alcuni osservatori, come la Santa Sede e la Palestina, non ancora riconosciuta come stato membro. Dall’Assemblea Generale si diramano diversi istituti, come l’UNICEF o l’UNESCO, e gli stati sono equamente rappresentati. Tuttavia, l’Assemblea Generale e i suoi derivati sono espressione del così detto soft power, cioè non emettono risoluzioni vincolanti, ma solo raccomandazioni.

Questo è uno dei motivi per cui molti, oggi, non hanno fiducia nelle Nazioni Unite. Sebbene svolgano un ruolo importante per mantenere la pace, garantire il rispetto dei diritti umani e risolvere gravi problemi nel mondo, come la fame, la mortalità infantile o le crisi ambientali, l’operatività dell’organizzazione è minata da problemi strutturali. La mancata ottemperanza delle risoluzioni dell’Assemblea Generale non comporta reali sanzioni. Il Consiglio di Sicurezza, è spesso bloccato dai veti e quando riesce a intervenire nei conflitti, non sempre lo fa in modo corretto ed efficace, e spesso scade nella discrezionalità, come le cosiddette Smart sanctions, imposte all’Iraq dopo l’invasione dei Kuwait all’inizio degli anni ’90. Sebbene fossero un modo per non ricorrere alla violenza diretta, di fatto distruggevano l’economia irachena causando gravi danni alla popolazione civile. Si è spesso parlato della necessità di una riforma delle Nazioni Unite, considerate uno dei tanti strumenti nelle mani delle grandi potenze. Senza il benestare di queste ultime però, questo sembra essere un futuro lontano.

 

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