Don Michele Delle Foglie, parroco della chiesa di Santa Maria Assunta a Grumo Appula ha una idea molto personale della famosa “livella” di cui parlava Antonio De Curtis, in arte Totò. Perché la poesia raccontava il dialogo immaginario tra gli spiriti di un ricco signore e di un poveraccio tumulati l’uno accanto all’altro cosa che al primo dava piuttosto fastidio. Don Michele, della cui esistenza pochi in Italia avevano notizia, invece ritiene che l’azzeramento post mortem delle differenze riguardi la qualità delle persone, non le ricchezze. Insomma, una persona onesta vale quanto una disonesta, un boss della ‘ndrangheta quanto un onesto agricoltore, operaio, impiegato, imprenditore che costruiscono il loro benessere col sudore della fronte, concetto, se non andiamo errati evangelico (San Paolo nella lettera ai romani invita, ad esempio, a pagare le tasse) e non a colpi di pistolettate. Avrebbe voluto celebrare i funerali di quel boss. Glielo hanno impedito e qualche mese più tardi ha provato a organizzare una messa a suffragio rifiutandosi di uniformarsi all’invito del Questore a tenerla all’alba. Si è opposto dicendo che prendeva ordini solo dal vescovo, Francesco Cacucci, il quale senza mezzi termini gli ha spiegato che quella iniziativa era da considerarsi scandalosa. C’è qualcosa che puzza (o “spuzza” come dice Papa Francesco), un olezzo di rifiuti secondo la denuncia del sindaco di Grumo, Michele D’Atri, che ha sottolineato come la famiglia del sacerdote si stia adoperando per aprire il più grande impianto di compostaggio della regione contro il volere della cittadina. Di qui, a parere del sindaco, l’uso improprio del pulpito da parte del parroco. Per D’Atri c’è un evidente problema di compatibilità ambientale. In effetti, le gerarchie dovrebbero fare un po’ di “pulizia” in questa avvilente vicenda in cui viene mescolato sacro e profano anche da parte di chi per motivi “professionali” dovrebbe mostrare timor di Dio. Semmai senza impianti di compostaggio.