Giachetti e Raggi, la politica senza Speranza

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Roberto Giachetti, vice-presidente della Camera e, soprattutto, “pasdaran” di Matteo Renzi, domenica 18 dicembre nel corso dell’assemblea nazionale del Pd, si è rivolto così, con sobria eleganza, al suo collega di partito Roberto Speranza: “Hai proprio la faccia come il culo”. La critica altamente costruttiva e dai toni sottilmente gandhiani come si conviene a un radicale, riguardava il tardivo consenso di Speranza al Mattarellum, legge elettorale a favore della quale Giachetti ha organizzato una campagna a colpi di scioperi della fame e tagli della porchetta nei locali di Eataly. Nello scorso mese di giugno, l’esponente democratico aveva conteso a Virginia Raggi la poltrona di sindaco di Roma conseguendo un irresistibile insuccesso nonostante la sera prima del ballottaggio insieme alla Boschi abbia tempestato di telefonate elettori, amici, parenti, consanguinei e conoscenti (“Pronto sono Roberto, ti passo Maria Elena”). Le doti istituzional-governative della Raggi sono ormai note a tutti i romani; le qualità oratorie di Giachetti sono adesso evidenti a molti italiani. Chi, però, avrà cercato in quella contesa per molti versi inedita segnali di fiducia verso la politica, sarà a questo punto deluso. Anzi, senza Speranza.

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